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Dieta EAT-Lancet, fabbisogni proteici “inadeguati”

Secondo la Alliance for Natural Health International, i fabbisogni proteici della dieta universale consigliati dalla commissione EAT-Lancet sono “inadeguati dal punto di vista nutrizionale”. La critica degli attivisti della sostenibilità si aggiunge alle molte altre provenienti da ogni parte del globo.

I requisiti proteici presentati nel rapporto EAT-Lancet sono inadeguati dal punto di vista nutrizionale e non sono sufficienti per coprire i fabbisogni, specialmente quelli necessari a sostenere i bambini in crescita: è quanto affermano gli attivisti della sostenibilità, criticando fermamente la cosiddetta “dieta universale” che dovrebbe assicurare la salute dell’uomo e del pianeta e unendosi al coro delle numerose perplessità e critiche già ricevute.

Durante l’11° edizione europea del “Sustainable Food Summit” di Amsterdam, il vertice sul cibo sostenibile, Robert Verkerk, fondatore e direttore esecutivo dell’organizzazione di istruzione e ricerca Alliance for Natural Health International (ANH), ha affermato che “ci sono diversi problemi” con il rapporto EAT-Lancet.

La #DietaUniversale proposta dalla commissione #EATLancet risulta inadeguata dal punto di vista della copertura di alcuni #nutrienti, tra cui #proteine e #amminoacidi essenziali. Condividi il Tweet

Pubblicato all’inizio dell’anno, il rapporto EAT-Lancet ha tentato a suo modo di trovare una soluzione al problema della sostenibilità, su come nutrire i nove miliardi di persone attese entro il 2050 in modo sano e senza distruggere il pianeta. In questo rapporto viene proposta appunto una “dieta universale”, per cui la popolazione mondiale dovrebbe dimezzare il consumo di carne e raddoppiare invece il consumo di frutta, verdura, noci e semi.

Questa dieta improntata verso i cibi vegetali anziché animali, risulta però inadeguata dal punto di vista della copertura di alcuni nutrienti, tra cui proteine e amminoacidi essenziali. Infatti, l’assunzione giornaliera raccomandata di proteine ​​proposta dagli autori di EAT-Lancet è stata basata sul fabbisogno di un “adulto giovane e sedentario”, puntualizza Verkerk: “Se diventassimo tutti meno sedentari e più attivi come i governi ci chiedono di fare, in realtà il fabbisogno proteico aumenterebbe in modo significativo. Privilegiando molto di più le proteine vegetali anziché animali ci sono reali possibilità che i rapporti amminoacidici consumati siano effettivamente incompleti – aggiunge – Non si può poi pensare alla frutta e alla verdura come se fossero la stessa cosa. Dobbiamo considerare cosa succede quando si consumano ad esempio più tuberi, che sono molto ricchi di zuccheri e amido“.

Le raccomandazioni #EATLancet 'non tengono nemmeno adeguatamente conto dell'adattamento di specifiche sottopopolazioni a #diete particolari e dei potenziali impatti sul #microbioma, specialmente dell'#intestino'. Condividi il Tweet

Un altro fattore importante da tenere in considerazione è come vengono preparati i cibi: in Asia, ad esempio, ci sono metodi di cottura che non consentono lo sviluppo di amidi resistenti, cioè dei carboidrati che non vengono digeriti e assorbiti nell’intestino, favorendo dunque l’accumulo di peso. Al contrario in Giappone, anche se tradizionalmente l’85% della dieta delle persone era costituita da carboidrati, ha spiegato Verkerk, ci sono metodi di cottura e usanze che rendono questi carboidrati meno dannosi: “I giapponesi cucinano la loro patata dolce al mattino e la mangiano durante tutto il resto della giornata. Consumata fredda infatti la patata sviluppa amido resistente che non viene metabolizzato in zucchero nel sangue”.

Le raccomandazioni di EAT-Lancet invece “non tengono nemmeno adeguatamente conto dell’adattamento di specifiche sottopopolazioni a diete particolari e dei potenziali impatti sul microbioma, specialmente dell’intestino che può essere associato con il cambiamento del modo di alimentarsi”, aggiunge Verkerk.

Un’altra preoccupazione è legata agli acidi grassi: “Uno dei problemi reali che abbiamo è che questo approccio alimentare potrebbe effettivamente innalzare i livelli di acidi grassi polinsaturi omega 6, e un rapporto elevato tra omega 6 e omega 3 è uno dei problemi che sta veramente portando all’infiammazione nelle società moderne. Dobbiamo guardare al contesto evolutivo e che probabilmente ci siamo evoluti vicino alle aree in cui potremmo effettivamente consumare molti omega 3. Esistono alcune tendenze sostenibili davvero interessanti che si stanno sviluppando per produrre più omega 3 attraverso per esempio le microalghe, e queste diventeranno aree importanti per cercare di trovare un compromesso tra la salute e i requisiti per nutrire nove miliardi di persone entro il 2050“.

La totale eliminazione dell'#allevamento del #bestiame dai sistemi agricoli proposto da #EATLancet potrebbe avere conseguenze ben peggiori per il #CambiamentoClimatico, la #biodiversità, la gestione del #suolo e delle #Risorse idriche. Condividi il Tweet

La critica dell’ANH ha aggiunto che: “Se ci attiveremo sul serio per dimezzare il nostro input di carne, dobbiamo contestualizzare e valutare gli impatti specifici di ogni popolazione in termini di impatto ambientale netto. Ciò che fa la Cina o ciò che fa l’America è estremamente importante. I neozelandesi mangiano molta più carne di chiunque altro, ma l’impatto netto sul pianeta è molto piccolo. Quindi il contesto è molto importante. Se ci sono parti della Russia o dell’Australia che gestiscono bene le terre marginali, dove il terreno è vitale per il pascolo, allora forse il bestiame ha un senso”.

Dunque, pur essendo “fortemente d’accordo con l’obiettivo generale della Commissione”, l’ANH ha criticato la relazione EAT-Lancet per aver fatto prevalere l’ideologia sull’evidenza scientifica.

Anche le aziende alimentari dovrebbero abbracciare la crescente tendenza dei consumatori per un’etichetta più chiara: “Il consumatore sta diventando sempre più consapevole degli ingredienti dei prodotti e vuole vedere meno una lista della spesa e più ingredienti nutritivi reali. Penso che ci siano un sacco di cose che l’industria alimentare può fare, come ridurre la quantità di lavorazione, in particolare dei carboidrati e grassi. Penso che ci siano opportunità di allontanarci da ciò che ora chiamiamo ultra-elaborazione: uno dei problemi con i carboidrati ad esempio è che quando si abbattono meccanicamente in modo da tagliare le catene di carbonio, in pratica il nostro corpo li vede come zucchero semplice. C’è la consapevolezza che troppa elaborazione non fa bene e penso che ci siano molte opportunità per produrre alimenti più salutari e meno elaborati, che siano ancora confezionati, convenienti e disponibili nei supermercati e che l’inizio di questa tendenza sia in corso”.

Il Progetto “Carni Sostenibili” vuole individuare gli argomenti chiave, lo stato delle conoscenze e le più recenti tendenze e orientamenti tecnico scientifici, con l’intento di mostrare che la produzione e il consumo di carne possono essere sostenibili, sia per la salute che per l’ambiente.