Tassa sulla carne, nuovo incentivo alla disparità sociale?
Una tassa sulla carne, o meglio sulle emissioni carboniche dovute alla sua produzione, vi farebbe riflettere prima di acquistare un hamburger? O vi convincerebbe a mangiare più legumi?
La tassa sulla carne è già stata discussa dai governi tedeschi, svedesi e danesi, mentre la Cina, ad oggi una delle nazioni dove il consumo di carne sta crescendo più velocemente – principalmente grazie ad incremento del potere d’acquisto e migliori condizioni di vita della popolazione, ha tagliato le quantità massime raccomandate per il consumo di carne. I promotori di una tassa sulle carni rosse, che in molti casi viene estesa anche a quelle bianche, la sostengono principalmente per due motivi: quello ambientale e quello salutistico.
Le proposte sono tra le più varie. Tra queste spicca quella dell’Onu che, con uno studio commissionato nel 2016 all’International Resource Panel, stimava un aumento del consumo delle carni di circa il 18 per cento nei prossimi 10 anni, e proponeva una tassa al produttore e al distributore. Altri gruppi di ricerca hanno suggerito una tassa al consumatore, che comporterebbe un aumento dal 5 al 45% rispetto al prezzo al consumo della carne.
Il risultato predetto è quello di disincentivare l’acquisto della carne a favore di altre tipologie di alimenti, tamponando così la crescita globale dei consumi. Eppure, sebbene il motivo ambientale non sia trascurabile, è opportuno chiedersi quale sia l’impatto nutrizionale di una scelta simile. Infatti, quando la scelta è veicolata dal portafoglio, il consumatore è in grado di direzionare le sue preferenze declinandole alle sue necessità salutistiche? Inoltre, qualora il suo potere d’acquisto sia esiguo, come può scegliere un’alimentazione adeguata alle personali necessità? Redditi bassi, ridotta istruzione e scarso accesso alle informazioni sono positivamente correlati a scorrette abitudini alimentari e alle patologie che ne derivano.
La cosiddetta sin-tax (tassa del peccato) è già stata applicata ad altri generi alimentari come alcoolici, bibite zuccherine e dolci. Per ognuno di questi alimenti le linee guida di una sana alimentazione non prevedono il consumo settimanale, cosa che invece accade per la carne. Come ogni alimento, la carne non va assunta in eccesso, ma bisogna ricordare che rappresenta fonte di nutrienti essenziali alla salute e al benessere fisico sia del bambino che dell’adulto: è fonte di acidi grassi essenziali, vitamina B12, zinco e ferro, e permette l’apporto di proteine di elevata qualità spesso carenti in età geriatrica.
Scegliamo cosa mangiare con semplicità, perché lo facciamo ogni giorno, ma la dieta è molto più di un’abitudine: è prevenzione, è cura. Quando facciamo la spesa siamo medici di noi stessi, dei nostri famigliari, per questo dovremmo essere liberi di scegliere e liberi di essere informati, così come l’accesso alle informazioni dovrebbe essere semplice.
La variazione dei prezzi al consumo di qualsiasi genere alimentare, così come uno sbilanciamento fra i prezzi degli alimenti, minaccia la composizione della dieta e un’adeguata assunzione di nutrienti. Posta una tassa sulla carne, coloro che godono di migliore reddito continuerebbero probabilmente a consumarne le stesse quantità, mentre le classi più deboli ne sarebbero private in maniera assoluta.
Certamente il settore delle carni non può rispondere alla crescita della domanda con il proporzionale incremento dell’uso delle risorse, ma dovrà mettere in atto misure finalizzate alla risoluzione dei problemi riguardanti il benessere animale, la salute e la sostenibilità delle produzioni.
Gloria Luzzani
Gloria Luzzani svolge attività di studio e ricerca in materia di nutrizione, sostenibilità di filiera e promozione della stessa presso il Dipartimento di Scienze e tecnologie alimentari per una filiera agro-alimentare sostenibile dell’Università Cattolica. È dietista nutrizionista specializzata nella gestione del sistema agroalimentare.