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Tutta la verità sul ferro eme

Cos’è il ferro eme? È vero che è il composto della carne rossa che induce il cancro? Facciamo chiarezza e vediamo cosa hanno rilevato i nuovi studi in merito.

Il ferro eme è la forma di ferro direttamente assorbibile dal nostro intestino e si trova solo nei cibi di origine animale. Come la carne, in particolare quella rossa, perché presente nelle proteine muscolari, ma anche pollame, pesce e frutti di mare. È detto eme perché è legato al gruppo chiamato eme che consente di formare l’emoglobina, con la funzione fondamentale di trasportare l’ossigeno nel sangue e ai tessuti.

La forma non eme invece è inorganica e si trova prevalentemente nei vegetali, specialmente in quelli a foglia verde scuro, nei semi e nei legumi. Mentre il ferro eme viene assorbito in modo diretto ed efficiente dal nostro intestino, con percentuali del 40%, il ferro non eme presenta difficoltà di assorbimento, con percentuali minime del 2% fino ad un massimo del 20%, se componiamo il pasto con cibi ricchi di vitamina C o di carne, escamotage che aiuta l’assorbimento del ferro non eme dai vegetali. Invece calcio e composti tipici dei vegetali come fibre, fitati, tannini, polifenoli e proteine della soia ne ostacolano ulteriormente l’assorbimento.

Il #FerroEme è la forma di #ferro direttamente assorbibile dal nostro #intestino e si trova solo nei #cibi di origine animale, a partire dalla #CarneRossa. Condividi il Tweet

La predilezione del nostro intestino verso l’assorbimento diretto del ferro eme della carne è una delle tante prove che in passato siamo stati carnivori. Anzi, secondo alcune ricerche, dei super-predatori carnivori. Del resto, lo conferma anche l’acidità dei nostri succhi gastrici, in grado di scindere le proteine della carne e di assorbirne con facilità gli amminoacidi essenziali e tutti i nutrienti.

Ma allora, data la sua importanza e il suo ruolo, perché il ferro eme viene collegato al cancro? Secondo la IARC, il ferro eme potrebbe essere responsabile in teoria dell’inizio o della promozione del cancro al colon, mediato attraverso la formazione di nitrosamine o dall’ossidazione lipidica, ma questa associazione presenta molti limiti, come dichiarato dalla IARC stessa. Infatti, gli studi sia in vitro che in vivo che mostrano un’azione tossica del ferro eme sono stati condotti utilizzandone quantitativi altissimi, sovradosando il ferro eme e somministrandolo singolarmente come fosse un principio attivo in dosi fino a più di 360.000 volte superiori a quelle contenute nelle raccomandazioni nutrizionali, corrispondenti a quasi 4 kg di carne rossa.

Studi sia in vitro che in vivo che mostrano un’azione tossica del #FerroEme sono stati condotti sovradosandolo fino a oltre 360.000 volte quelle contenute nelle #RaccomandazioniNutrizionali. Condividi il Tweet

Non solo il quantitativo esagerato, ma anche l’ambiente di studio è praticamente lontano dal simulare una condizione reale, perché appositamente progettato per ricreare in laboratorio una situazione negativa di ossidazione necessaria alla produzione dei ROS, i dannosi radicali liberi e poterne così studiare i meccanismi di azione. Di fatto riportando l’esposizione al ferro eme a quantitativi normali e in una situazione più realistica, considerando la dieta nella sua completezza fatta di tante sostanze che interagiscono tra loro, le formazioni neoplastiche e gli effetti di citotossicità non si realizzano.

Anche i nitroso-composti che si generano dalla spropositata quantità di ferro eme consistono per l’86% di ferro nitrosilico e nitrosotioli, che non sono dannosi perché privi di potere tumorigenico. Inoltre, studiando il ferro non eme dei vegetali con le stesse modalità del ferro eme si scopre che anche questa forma di ferro inorganico gioca ruoli cardine in parecchi aspetti relativi all’adattamento metabolico del cancro ed alla riprogrammazione del microambiente del tumore: se dovessimo ragionare nello stesso modo sbagliato allora dovremmo mettere anche i vegetali ricchi di ferro sullo stesso piano d’accusa della carne rossa.

Il consumo normale di #CarneRossa all’interno di una #dieta varia fornisce la giusta quantità di #ferro che serve all’organismo per le sue funzioni e non comporta concretamente rischio di #cancro. Condividi il Tweet

Ecco perché non è corretto affermare in modo semplicistico che “un cibo fa venire il cancro”, ma bisognerebbe andare a fondo della questione e dei meccanismi di studio.

Dunque, il ferro eme è di vitale importanza per il suo coinvolgimento in importanti processi biologici e le sue proprietà tossiche dipendono dall’eccessiva quantità in un ambiente negativo privo di fattori difensivi. Considerando che il cibo è una matrice complessa fatta di tante componenti che svolgono un ruolo protettivo, come gli antiossidanti, tenendo conto che anche il microbiota intestinale ha un ruolo attivo nel proteggere le cellule del colon dai possibili effetti dannosi e sapendo che i quantitativi di ferro eme della carne e della dieta nel suo complesso non si avvicinano nemmeno lontanamente a quelli sovradosati negli studi, si può concludere che il consumo normale di carne rossa all’interno di una dieta varia fornisce la giusta quantità di ferro che serve all’organismo per le sue funzioni e non comporta concretamente alcun rischio.

Agronomo e divulgatrice scientifica. Autrice e coautrice di 11 pubblicazioni scientifiche e di numerosi articoli riguardanti l’alimentazione umana e gli impatti della stessa sulla salute e sull’ambiente, nel 2010 ha conseguito il titolo di DoctorEuropaeus e Ph. Doctor in Produzioni Animali, Sanità e Igiene degli Alimenti nei Paesi a Clima Mediterraneo. Cura GenBioAgroNutrition, “un blog a sostegno dell’Agroalimentare Italiano, della Dieta Mediterranea e della Ricerca Biomedica, contro la disinformazione pseudoscientifica”, che aggiorna quotidianamente.