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Tutta la verità sugli allevamenti “intensivi” italiani

I cosiddetti “allevamenti intensivi” vengono giudicati dalla maggioranza in modo negativo, perché considerati poco rispettosi del benessere degli animali. Descritti spesso da chi è poco informato addirittura come dei “lager” in cui gli animali sono sottoposti alle peggiori sofferenze, questo ha contribuito a creare anche nel consumatore meno attento la percezione di un modo sbagliato di allevare e di conseguenza la convinzione che ne derivi una carne di minor qualità. Ma cosa si intende con il termine “intensivo”? E sono davvero il male che tutti pensano?

C’è da precisare che non esiste una definizione ufficiale di “allevamento intensivo”, ma con questo termine viene considerata la modalità di allevamento in un ambiente circoscritto, come ad esempio una stalla chiusa o aperta, o recinti ecc., in grado di consentire un maggiore controllo dell’animale e soprattutto l’applicazione di un regime alimentare di alto valore nutritivo atto ad ottenere il massimo rendimento produttivo.

Normalmente all’allevamento “intensivo” viene contrapposto a quello “estensivo”, all’aperto o al pascolo, ossia una condizione che crea nell’uomo un’impressione di minor sfruttamento e di maggior benessere per gli animali.

Questo in realtà non è sempre vero e non è detto che gli animali all’aperto, seppur liberi di muoversi, stiano meglio di quelli allevati in stalla. All’evidente vantaggio del maggior spazio all’aria aperta si possono infatti contrapporre alcuni svantaggi connessi al minor controllo sull’animale che questo allevamento comporta: ad esempio, la minor possibilità di cura dalle malattie, l’esposizione alle intemperie e ai predatori, la possibile non adeguata disponibilità di alimenti ed acqua in termini quantitativi e qualitativi.

Al contrario, un allevamento considerato “intensivo”, con densità elevata, ma condotto in maniera ottimale in modo da offrire spazio, luce naturale, ricambio d’aria, assistenza giornaliera ad ogni singolo animale, sistemi di stabulazione innovativi, offre condizioni che possono essere anche migliori rispetto ad un allevamento “estensivo”, a minor densità, ma mal gestito.

Il benessere animale esiste anche negli allevamenti intensivi ed è disciplinato da regolamenti specifici messi a punto da esperti in veterinaria, etologia animale, fisiologia e zootecnia che, in base a studi approfonditi sulle esigenze degli animali, hanno determinato dei requisiti minimi in cui gli animali possono condurre una vita che rispetti i loro bisogni primari.

In realtà, gli animali hanno necessità molto diverse da noi esseri umani e il loro benessere negli allevamenti si basa principalmente sul rispetto delle 5 libertà: libertà dalla fame, dalla sete e dalla cattiva nutrizione, libertà dai disagi ambientali e quindi la necessità di avere comfort e ripari, libertà da malattie e ferite, libertà di esprimere i normali comportamenti della propria specie e libertà dalla paura e dallo stress. Queste devono essere garantite in ogni fase, evitando inutili sofferenze agli animali anche in fase di trasporto e macellazione.

Inoltre, contrariamente a quanto si pensa, l’allevamento intensivo è anche più efficiente e più sostenibile dell’allevamento estensivo: infatti, l’ottimizzazione delle risorse e l’alimentazione adeguata ad ogni specie permettono un ritmo di crescita equilibrato e un buon incremento ponderale giornaliero degli animali, con un miglior indice di conversione degli alimenti vegetali in carne, riducendo fortemente gli sprechi e quindi l’impatto ambientale. Invece l’allevamento estensivo richiede spazi maggiori, molta più acqua e risorse, oltre ad essere meno controllabile a livello di biosicurezza.

Anche la pessima opinione che il consumatore ha degli allevamenti intensivi avicoli non trova più riscontro nella realtà odierna, in quanto sono stati fatti negli anni degli enormi passi avanti rispetto al passato, grazie all’identificazione di validi indicatori di benessere animale che permettono di valutare in modo oggettivo il reale stato di benessere di tutto l’allevamento.

Gli ambienti controllati proteggono gli animali dalle malattie, limitando la mortalità e assicurando un elevato livello di biosicurezza (ad esempio, allevare animali al chiuso è elemento fondamentale per evitare contatti con i selvatici). Inoltre, la selezione genetica ha permesso di ottenere ad esempio linee di polli in grado di convertire meglio il mangime in prodotti, ottimizzando le performance e riducendo gli sprechi.

La realtà è che sarebbe impensabile, sia dal punto di vista economico che ambientale, sfamare il mondo senza gli allevamenti protetti. Sarebbe poi ingestibile un controllo igienico-sanitario, se tutti gli animali fossero liberi sul territorio, con gravi ripercussioni sulla sanità pubblica e sul benessere degli animali stessi.

Negli ultimi anni sono stati fatti passi da gigante e c’è ancora molto da fare per migliorare le condizioni degli animali negli allevamenti, come dimostrano l’evoluzione della normativa, sempre più stringente da questo punto di vista, e la nascita di iniziative per garantire un livello di benessere sempre maggiore, come premi per il benessere o le certificazioni di qualità, che per essere ottenuti, impongono di attenersi a severi disciplinari di produzione in cui vengono riportati gli standard da rispettare.

Gli allevatori sanno che assicurare il benessere degli animali è fondamentale per ottenere una buona produzione e quindi veder adeguatamente remunerato il proprio lavoro, per cui l’adeguamento alle normative deve essere una priorità. L’allevamento protetto rappresenta dunque la soluzione più efficiente per rispondere alla crescente domanda globale di cibo, perché permette di arrivare a un buon compromesso tra benessere degli animali, produttività, sicurezza alimentare e sostenibilità ambientale.

 

Susanna Bramante


Susanna Bramante è agronomo e divulgatrice scientifica. Autrice e coautrice di 11 pubblicazioni scientifiche e di numerosi articoli riguardanti l’alimentazione umana e gli impatti della stessa sulla salute e sull’ambiente, nel 2010 ha conseguito il titolo di DoctorEuropaeus e Ph. Doctor in Produzioni Animali, Sanità e Igiene degli Alimenti nei Paesi a Clima Mediterraneo. Cura GenBioAgroNutrition, “un blog a sostegno dell’Agroalimentare Italiano, della Dieta Mediterranea e della Ricerca Biomedica, contro la disinformazione pseudoscientifica”, che aggiorna quotidianamente.

Agronomo e divulgatrice scientifica. Autrice e coautrice di 11 pubblicazioni scientifiche e di numerosi articoli riguardanti l’alimentazione umana e gli impatti della stessa sulla salute e sull’ambiente, nel 2010 ha conseguito il titolo di DoctorEuropaeus e Ph. Doctor in Produzioni Animali, Sanità e Igiene degli Alimenti nei Paesi a Clima Mediterraneo. Cura GenBioAgroNutrition, “un blog a sostegno dell’Agroalimentare Italiano, della Dieta Mediterranea e della Ricerca Biomedica, contro la disinformazione pseudoscientifica”, che aggiorna quotidianamente.