
Tracciabilità carni: Italia, un modello da seguire
Il sistema agroalimentare moderno è caratterizzato da una certa complessità, dovuta alle modalità con le quali sono organizzati i sistemi di produzione in termini di numero di aziende coinvolte, passaggi economici e collocazione geografica. La globalizzazione dei commerci e la creazione di un mercato internazionale hanno portato da un lato una maggiore disponibilità di prodotti, dall’altro una maggiore difficoltà nel realizzare efficaci sistemi di tracciabilità e di controllo.
Anche oggi ci sono però casi in cui i sistemi sono semplici, o i prodotti vengono realizzati “in filiera”, in cui tutti gli attori che ne fanno parte sono maggiormente integrati. É quindi possibile un controllo aggiuntivo, diretto e completo, dei sistemi di produzione agricoli e industriali da parte di chi ha la responsabilità del prodotto nei confronti del mercato.
In Italia, la gestione in filiera minimizza i rischi e semplifica la realizzazione di efficaci piani di controllo. I prodotti appartenenti a filiere controllate consentono una più agevole comprensione dei dati di qualità e sicurezza alimentare, generalmente più dettagliati rispetto alle prescrizioni minime di legge, un maggior controllo degli standard di prodotto rispetto alle aspettative del consumatore e una maggiore riconoscibilità tramite marchi dedicati. In Italia si stima che circa il 40% della carne bovina e di quella suina siano prodotte in filiera, mentre per la carne avicola la produzione in filiera è pressoché totale.
La filiera bovina è sicuramente quella in cui nel tempo i controlli si sono fatti via via più rigidi. In Europa l’indicazione dell’origine sull’etichetta è obbligatoria per le carni bovine e per i prodotti a base di carni bovine. In Italia, in particolare, a partire dal 2000 sono stati intensificati i provvedimenti normativi tra cui l’introduzione dell’anagrafe bovina, l’etichettatura obbligatoria della carne e il divieto di vendita, a partire dal 2001, di alcune parti anatomiche a rischio BSE, quali ad esempio la colonna vertebrale, il cervello ed alcuni tipi di “frattaglie”.
Per quanto riguarda la filiera avicola, già a partire dal 2004 era possibile per un produttore scegliere di utilizzare un sistema di etichettatura volontaria delle carni per fornire al consumatore informazioni aggiuntive sulla carne acquistata (origine, sistema di allevamento e tipo di alimentazione), opzione scelta dalla quasi totalità dei produttori nazionali. E a partire dal dicembre 2014, questa etichettatura è diventata obbligatoria.
Per le carni suine, invece, il regolamento di attuazione introduce l’indicazione obbligatoria del Paese o dei Paesi in cui l’animale è stato allevato e macellato. La norma individua anche le regole per definire il Paese di allevamento, individuandolo con quello dove l’animale ha passato la maggior parte del suo tempo (almeno gli ultimi 4 mesi di allevamento, o dal momento in cui ha raggiunto i 30 kg di peso).
A livello di tracciabilità delle carni, i principali controlli effettuati riguardano dapprima la produzione dei mangimi, incluse le analisi sulle materie prime e sugli alimenti dati agli animali. Si effettua poi un costante controllo della corretta gestione dell’allevamento e del rispetto delle norme sul benessere animale. Queste ultime sono molto importanti anche in fase di macellazione e di lavorazione della carne, durante le quali molto rilievo viene dato anche al rispetto delle norme sanitarie. Infine, si hanno la distribuzione e la cosiddetta “catena del freddo”, che oltre alla verifica delle giuste temperature per la conservazione dei prodotti includono dei controlli qualitativi.
Lo dico dopo anni di esperienza, studi e lavoro in questo settore: il modello italiano di controllo e di tracciabilità delle carni è un’eccellenza a livello europeo e quindi mondiale. E, in ogni punto della filiera, garantisce una qualità e una sicurezza impensabili in molti altri contesti. Come quello della gestione del rischio qualora qualcosa durante i processi produttivi e di distribuzione dovesse andare male (esempio incidenti).
Quello che mi auguro è che le produzioni diventino tracciabili oltre le norme cogenti. Tanti imprenditori stanno investendo nella responsabilità sociale, nell’etica di produzione alimentare, nella riduzione degli effetti indesiderati sull’ambiente: i consumatori in questa complessità dei controlli devono poter disporre di strumenti di valutazione personale tangibile, per credere “oltre l’etichetta” e sostenere coloro che lavorano correttamente e in modo solidale (se non pionieristico) ai bisogni del Paese.
Ettore Capri
Fonte: Huffington Post Italia