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cibi artificiali

Dal mito della sostenibilità alla disinformazione nutrizionale

Siccome c’è chi tenta sempre più spesso di sostituire la carne con cibi a base vegetale o addirittura artificiali, è essenziale esaminare cosa dice la letteratura scientifica a riguardo.

Ieri ha avuto luogo un webinar organizzato da Nutrimi, sui sostituti della carne. Protagonisti la Dottoressa Elisabetta Bernardi, Nutrizionista, biologa, specialista in Scienze dell’Alimentazione e il Professor Giuseppe Pulina, Professore ordinario di Etica e sostenibilità degli allevamenti dell’Università di Sassari, che si sono confrontati sul tema molto sentito e attuale “I sostituti della carne: dal mito della sostenibilità alla disinformazione nutrizionale”, di cui è disponibile gratuitamente il dossier.

PRODOTTI PLANT-BASED ED EFFETTI SULLA SALUTE

Le prove sulla loro efficacia nutrizionale, digestiva e sui loro benefici sono scarse”, inizia col fare presente l’esperta: “Per produrli bisogna trasformare le proteine: le proteine della carne sono morbide e fibrose, mentre quelle vegetali sono globose. Ecco perché si usano estrusori e omogeneizzatori per simulare la struttura fibrosa della carne. Erano stati progettati per essere sani, ma in realtà sono pieni di additivi e vengono usate sostanze chimiche aggressive, come la soda caustica, per rompere i legami e aumentare la solubilità delle proteine. Troviamo grassi come l’olio di canola, l’olio di cocco, e proteine di partenza come micoproteine, glutine di grano o legumi come la soia, che subiscono trasformazioni industriali molto intense. Insomma, sono a tutti gli effetti dei cibi ultraprocessati dannosi per la salute, perché il loro consumo è legato a sovrappeso, obesità e patologie cardiovascolari. I vegetariani e vegani consumano più cibi ultraprocessati degli onnivori, usati al posto dei legumi e non sono salutari”.

I prodotti #PlantBased sono pieni di #additivi, grassi e le #proteine di partenza subiscono trasformazioni industriali molto intense. Condividi il Tweet

La nutrizionista consiglia che bisognerebbe privilegiare cibi freschi naturali, originali, come del resto consigliano le linee guida per una sana alimentazione in tutto il mondo. Anche il tentativo di aggiungere micronutrienti non trasforma l’alimento in un cibo sano ed esiste un rischio per salute sottovalutato. “C’è una falsa equivalenza in etichetta tra vegano e salutare”, spiega Bernardi: “Questi prodotti non sono sostituti della carne, ma un’altra cosa. Con la carne non hanno niente a che fare. Sono diversi nutrizionalmente perché hanno meno proteine, meno ferro, e nella maggior parte dei casi sono più grassi, con più zuccheri e sale, il 15% in più di sodio, e sappiamo quanto questo faccia male. Non è facile comporre il puzzle di nutrienti per coprire il nostro fabbisogno e con questi cibi diventa ancora più difficile. È concreto il rischio di carenze: soprattutto gli anziani, gli ospedalizzati, le donne in gravidanza rischiano una riduzione di proteine e di non assumere quantità sufficienti di nutrienti”.

I CIBI PLANT-BASED NON SONO EQUIVALENTI ALLA CARNE

La nutrizionista mostra anche uno studio di metabolomica in cui si evince chiaramente che i sostituti plant-based sono diversi dalla carne: “I metaboliti sono diversi per il 90% – spiega Bernardi – In particolare, 171 metaboliti su 190 sono differenti, esclusivi della carne bovina o dei prodotti plant-based. Per cui sono due alimenti completamente dissimili, non paragonabili e l’uno non può sostituire l’altro. Anche gli amminoacidi circolanti dopo l’assunzione dei prodotti di origine vegetale sono minori, ci sono amminoacidi essenziali mancanti, una minore digeribilità e biodisponibilità”.

Sorprendente è anche l’ultima scoperta di un nutriente con proprietà antitumorali della carne rossa, il TVA, l’Acido Trans-Vaccenico, che ha dato un ulteriore valore aggiunto ad un alimento importante. “I ricercatori sono partiti da 700 metaboliti che provengono dal cibo e hanno assemblato una libreria di “nutrienti circolanti nel sangue”, composta da 235 molecole bioattive, native di cibi vegetali e animali. Hanno quindi selezionato quelle con maggiore azione coadiuvante delle terapie antitumorali, e il vincitore è stato il TVA, che si forma nel rumine, per cui lo ritroviamo nei prodotti dei ruminanti, nella carne rossa bovina, nella carne di agnello e nei prodotti lattiero-caseari come il latte e il burro. È il composto naturale più potente ed efficace a promuovere direttamente la funzione delle cellule T CD8+ e l’immunità antitumorale in vivo. Le cellule immunitarie T CD8+ sono cellule T killer, perché svolgono un’importante attività citotossica, cioè sono in grado di uccidere direttamente le cellule infette da virus e le cellule tumorali. La loro funzione è quindi fondamentale per proteggerci dal cancro e dallo sviluppo delle malattie e il TVA è in grado di potenziarne enormemente l’attività. Infatti, i pazienti con livelli più alti di TVA circolante nel sangue hanno risposto meglio all’immunoterapia”.

Di recente è stato scoperto che la #CarneRossa ha un nutriente con proprietà #antitumorali il #TVA, l’Acido Trans-Vaccenico. Condividi il Tweet

Insomma, inserendo la carne nella dieta si ha più facilmente una fonte completa di nutrienti con benefìci evidenti, mentre non si può dire lo stesso dei suoi presunti sostituti. Concorda anche il Prof. Pulina, che ha affrontato lo spinoso argomento della carne sintetica coltivata in laboratorio, a cominciare dalle sue molteplici denominazioni e se è davvero più sostenibile della carne da allevamento. “Il modo più opportuno di chiamarla è “carne artificiale”, esordisce Pulina: “La carne naturale, come tutti i cibi, è costituita da cellule e la loro coltivazione avviene con processi naturali all’interno degli animali che alleviamo, alimentiamo e curiamo per questo scopo. L’espianto di queste cellule e la loro messa in coltura extracorporea è un processo totalmente artificiale”.

IL PROCESSO DI PRODUZIONE DELLA CARNE ARTIFICIALE NON HA NULLA DI NATURALE

Il Professore prosegue spiegando che il processo di produzione della carne artificiale è una riproduzione extracorporea e a grande scala di una ferita al tessuto muscolare, con l’utilizzo di ormoni, antimicotici, antischiumogeni e antibiotici, per la mancanza del sistema immunitario. Un processo estremamente complesso in bioreattori molto energivori che rendono la sua produzione molto più impattante sull’ambiente degli allevamenti. “E i bioreattori non sono semplici come quelli della birra come qualcuno ha osato sostenere – commenta Pulina – Ma molto più complessi e dispendiosi dal punto di vista energetico. I lavori accurati a riguardo sono scarsi, sono simulazioni al pc di ciò che potrebbe succedere su larga scala quando i grossi impianti entreranno in funzione. Le simulazioni dal 2011 mostrano che aumenteranno le emissioni, specialmente a causa dei processi di raffreddamento non considerati in precedenza, alimentati coi combustibili fossili. Oggi l’80% dell’energia proviene da fonti non rinnovabili, quindi considerando un mix di 50 e 50, per produrre 1 kg di carne artificiale vengono rilasciati 8,5 kg di CO2e. E questi sono conti su dati già pubblicati”.

In pratica, la produzione mondiale di carne aumenterà al 2030 di 44 milioni di tonnellate, e se si volesse soddisfare questa richiesta solamente con la carne artificiale, si emetterebbero 354 milioni di tonnellate di CO2e, contro i 150 milioni di tonnellate della carne da allevamento. Inoltre si dovrebbero installare 146.667 bioreattori da 20.000 litri, con circa 16.300 nuovi bioreattori da installare ogni anno. Queste stime portano a valutare in 2,5 volte il contributo al riscaldamento globale della carne artificiale, rispetto a quella naturale, nel caso in cui tutta la domanda fino al 2030 fosse coperta da carne artificiale. “Ma c’è di più – avvisa Pulina – Le valutazioni precedenti non hanno considerato la rimozione delle endotossine, per cui la purificazione del medium richiede 20-25 volte più energia. Per questo gli impatti della carne artificiale possono essere da 10 a 50 volte maggiori”.

La produzione mondiale di #carne aumenterà al 2030 di 44 milioni di tonn, ricorrendo alla sola carne artificiale, si emetterebbero 354 milioni di tonn di CO2e, contro i 150 milioni di tonn della carne da #allevamento. Condividi il Tweet

E che dire dell’impatto sulla salute umana? Pulina avverte che ci sono 53 potenziali pericoli secondo la FAO e OMS, perché non abbiamo ancora una popolazione esposta, per cui non c’è un’analisi del rischio. “Dobbiamo usare il principio di precauzione, quando non abbiamo ragionevoli certezze, perché non sappiamo ancora se è sicura. Alcuni autori sostengono che a causa dell’elevato numero di moltiplicazioni cellulari possono avvenire delle disregolazioni simili a quelle che avvengono nelle cellule tumorali”. E alla domanda se la carne artificiale possa fornire proteine ai più poveri il Professore ribatte che l’accesso al cibo è la prima condizione per sfamare la popolazione. “Oggi i cibi animali forniscono il 35% dei fabbisogni proteici e il 55% degli amminoacidi essenziali, per cui non sono sostituibili da un giorno all’altro. Il costo del processo produttivo della carne artificiale è ancora proibitivo. La maggior parte delle indicazioni della carne artificiale si basano su ipotesi e non sui fatti. Sia le carni artificiali che vegetali non sono più etiche, non sono più sostenibili, non sono adeguate dal punto di vista nutrizionale e organolettico e non garantiscono standard di sicurezza sufficienti”, conclude Pulina.

Il Progetto “Carni Sostenibili” vuole individuare gli argomenti chiave, lo stato delle conoscenze e le più recenti tendenze e orientamenti tecnico scientifici, con l’intento di mostrare che la produzione e il consumo di carne possono essere sostenibili, sia per la salute che per l’ambiente.