Soia, fa bene o fa male?
Le proprietà della soia sono oggi molto dibattute e oggetto di controversie. La soia fa bene o fa male? Cosa dice la ricerca a proposito? Chi segue una dieta vegetariana e soprattutto vegana non può farne a meno, considerata una delle loro principali fonti proteiche. Quindi per soddisfare le richieste di questa fascia di popolazione in costante aumento, c’è stata la diffusione esponenziale di prodotti a base di soia, sostitutivi della carne e dei prodotti di origine animale.
Grazie a tecnologie innovative e all’aggiunta di aromi, dolcificanti, emulsionanti e conservanti, è oggi possibile mascherare il forte sapore di fagioli delle proteine di soia isolate e trasformarle in imitazioni, nell’aspetto e nel sapore, della carne e dei più svariati prodotti abituali. Strategie di marketing hanno fatto in modo che questi prodotti vengano acquistati soprattutto dalle fasce più benestanti, marcando il fatto che la soia viene consumata da millenni dagli orientali, come cinesi e giapponesi, popoli tra i più longevi al mondo e con minor incidenza di patologie diffuse invece tra gli occidentali.
Diverse ricerche hanno evidenziato infatti gli effetti benefici che la soia possiede per la salute, per la prevenzione dell’osteoporosi, delle malattie cardiovascolari e del cancro. In realtà, la maggioranza di questi studi sono stati condotti proprio sugli orientali, che iniziarono a consumarla come alimento solo quando riuscirono a fermentarla. E’ noto infatti che la soia possiede naturalmente dei pericolosi fattori antinutrizionali, che non vengono disattivati dalla normale cottura, ma solo da un lungo processo di fermentazione. Le aziende produttrici di cibi a base di soia hanno tentato di neutralizzare queste tossine, sottoponendo la soia ad alte temperature: in questo modo, però, i fattori antinutrizionali non vengono significativamente ridotti, ma vengono denaturate le proteine, rendendole inutili.
Secondo il punteggio della digeribilità delle proteine corretto dall’amminoacido limitante (PDCAAS), metodo per valutare la qualità delle proteine, adottato dall’Agenzia per gli Alimenti e i Medicinali degli Stati Uniti (FDA) e dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura/Organizzazione mondiale della sanità (FAO/WHO), la soia possiede il punteggio 1, che è il più alto possibile, insieme all’albume d’uovo, la caseina e il siero del latte. In realtà questo metodo non tiene in considerazione gli amminoacidi che vengono persi a causa dei fattori antinutrizionali presenti in molti alimenti, come proprio nel caso della soia, sovrastimando in questo modo la sua qualità proteica. Le proteine della soia sono di qualità inferiore rispetto a quelle animali e non mancano studi che mostrano risultati poco incoraggianti riguardo la soia e quindi i cibi a base di soia non fermentata, rivelando che:
- contiene composti che bloccano l’assorbimento di proteine, zinco e ferro da altre sorgenti;
- aumenta le richieste da parte del corpo di vitamina D e B12, elementi essenziali nella crescita e sviluppo e di cui già normalmente, chi rinuncia ai prodotti d’origine animale, può incorrere in carenze;
- contiene fitoestrogeni, gli isoflavoni, che possono interferire con la normale sincronizzazione del ciclo mestruale femminile, modificare lo sviluppo sessuale e dare problemi di fertilità, oltre ad essere implicati nello sviluppo del morbo di Alzheimer e della demenza senile. Nuovi studi hanno persino evidenziato che queste sostanze chimiche naturali della soia potrebbero aumentare l’insorgenza di cancro al seno nelle donne;
- contiene sostanze attive anti-tiroidee, che inibiscono le funzioni della tiroide. In particolare i neonati a cui vengono dati preparati a base di soia, sono più predisposti a sviluppare malattie della tiroide;
- studi recenti, 2007-2013, associano il consumo di soia in gravidanza e nei neonati con la possibilità di sviluppare autismo;
- contiene potenti inibitori enzimatici, che bloccano l’azione della tripsina e di altri enzimi necessari per la digestione delle proteine. Questi inibitori non vengono disattivati completamente durante la normale cottura e possono causare dolori allo stomaco, digestione ridotta delle proteine e insufficienze croniche nell’assimilazione degli amminoacidi. Le diete con elevate quantità di inibitori di tripsina causano l’ingrandimento e altre condizioni patologiche del pancreas, compreso il cancro;
- contiene emoagglutinina, sostanza che determina l’agglutinazione dei globuli rossi e insieme agli inibitori della tripsina, sono inibitori della crescita;
- possiede un livello di fitati più elevato degli altri legumi e cereali. L’acido fitico è una sostanza che può fermare l’assorbimento di minerali essenziali, come calcio, magnesio, rame, ferro e specialmente zinco nel tratto intestinale.
I regimi alimentari a base di cereali e legumi con elevate quantità di fitati sono causa di carenze di minerali nelle aree povere del pianeta. Un aumento di menu vegani e quindi di soia nelle mense scolastiche, come richiesto da molti genitori oggigiorno, per i più svariati motivi, potrebbe sottoporre i bambini alle stesse insufficienze nutrizionali e malattie presenti nei paesi del terzo mondo, dove l’alto contenuto di fitati della soia e dei cereali impedisce l’assorbimento di minerali fondamentali.
Quando i prodotti di soia non fermentata vengono consumati con della carne, l’azione negativa dei fitati viene fortemente ridotta. I giapponesi, infatti, la consumano tradizionalmente proprio insieme a tanto pesce crudo e carne. Nella dieta tradizionale cinese, il 65% delle calorie era di provenienza animale, specialmente suina, in quanto il lardo aveva molti impieghi in cucina.
Un sondaggio del 1998 ha rilevato inoltre che gli asiatici in realtà non consumano poi così tanta soia e sicuramente non nella modalità che si sta diffondendo in occidente. Si può affermare che se gli asiatici hanno un’incidenza di osteoporosi più bassa degli occidentali, è proprio perché la loro dieta procura molta vitamina D dal consumo di gamberi, frutti di mare e lardo, e molto calcio da brodi di ossa. I prodotti di soia sottoposta a lunghi periodi di fermentazione secondo tradizione asiatica, costituiscono sicuramente un alimento importante, che può fornire fattori nutrizionali preziosi. In occidente, al contrario, utilizzando i prodotti di soia non fermentata come sostituti della carne e dei prodotti d’origine animale, si rischia di provocare carenze di minerali molto gravi.
In occidente siamo di fronte ad un gigantesco esperimento nutrizionale su larga scala, senza avere troppo le idee chiare sui possibili effetti a lungo termine. Da questi studi emerge che la soia sembra essere non adatta ad essere consumata tal quale, e pare che nelle popolazioni asiatiche vi sia stata anche una selezione tale da non avere le problematiche riscontrate nelle popolazioni occidentali. Mentre ricerca va avanti e fornirà più informazioni a riguardo, vale sempre la regola del buon senso a tavola, ricordando che una dieta bilanciata, come la Dieta Mediterranea, che prevede tutti gli alimenti nelle giuste quantità e senza nessuna esclusione, è sempre la migliore opzione.
Susanna Bramante
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Susanna Bramante è agronomo e divulgatrice scientifica. Autrice e coautrice di 11 pubblicazioni scientifiche e di numerosi articoli riguardanti l’alimentazione umana e gli impatti della stessa sulla salute e sull’ambiente, nel 2010 ha conseguito il titolo di DoctorEuropaeus e Ph. Doctor in Produzioni Animali, Sanità e Igiene degli Alimenti nei Paesi a Clima Mediterraneo. Cura GenBioAgroNutrition, “un blog a sostegno dell’Agroalimentare Italiano, della Dieta Mediterranea e della Ricerca Biomedica, contro la disinformazione pseudoscientifica”, che aggiorna quotidianamente.