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Sempre meno farmaci nelle stalle europee

Nelle stalle europee si usano sempre meno antibiotici e, più in generale, è in calo il consumo di molti farmaci. Praticamente azzerato l’uso di sostanze illecite, come ormoni e altri promotori della crescita.

La zootecnia italiana sta facendo sempre più passi avanti nella riduzione dell’uso di antibiotici e di farmaci veterinari. La conferma viene dal rapporto di Efsa, l’Ente europeo per la sicurezza alimentare, che ogni anno divulga gli esiti della ricerca di residui indesiderati nelle carni e nei prodotti di origine animale.

L'#Efsa certifica la riduzione dell'uso di #antibiotici e #FarmaciVeterinari nella #zootecnia italiana. Una conferma dell'impegno del settore nella lotta contro l'#AntibioticoResistenza. Condividi il Tweet

Nel 2019, anno al quale si riferiscono i dati più recenti, sono stati esaminati più di 670mila campioni raccolti nei Paesi dell’Unione europea, ai quali si sono aggiunti Norvegia e Islanda. Rassicurante il dato finale, che parla di appena lo 0,32% di “campioni non conformi”, come viene definito il riscontro di residui superiori ai limiti di legge o la presenza di sostanze vietate o contaminanti ambientali.

Un lavoro, questo di Efsa, che va avanti dal 1996 e che pone l’accento sul costante miglioramento della salubrità delle derrate di origine animale. In flessione risultano infatti i residui di antibatterici e anticoccidici. Gli unici aumenti riguardano sostanze che possono derivare da contaminazioni ambientali, come metalli e composti chimici.

Un risultato che ha due chiavi di lettura. Da una parte cresce l’attenzione a un uso responsabile del farmaco veterinario e a un maggiore rispetto dei tempi di sospensione. Dall’altro lo si può interpretare come l’esito di un migliorato stato sanitario degli allevamenti dal quale discende un minore uso di terapeutici.

Ma più del dato generale è interessante entrare nel dettaglio di questi risultati. Si scopre così che gli stilbenici (categoria di ormoni per stimolare la crescita) sono del tutto assenti. Come pure sono assenti i beta-agonisti, altra categoria di farmaci vietati per favorire la produzione di massa muscolare.  

Le #ricerche #EFSA confermano che #ormoni per stimolare la #crescita e la massa muscolare degli #animali d'#allevamento, vietati per legge da decenni, sono assenti nelle #CarniItaliane. Condividi il Tweet

I pochi casi di riscontro di antitiroidei (0,58%) non sarebbero nemmeno il frutto di comportamenti illeciti, ma semplicemente la conseguenza di un’alimentazione ricca in crucifere, come ad esempio la colza, una foraggera apprezzata per le sue caratteristiche nutritive. Solo in pecore e capre sono stati rilevati livelli apprezzabili (5,23%) di steroidi (antinfiammatori in grado di stimolare la crescita), per contro quasi assenti (0,18%) nel pollame.

Ancora più bassa (0,09%), sempre nel pollame, la presenza di residui di antinfiammatori non steroidei, che scende allo 0,04% nei suini, in pratica vicino a zero. Fra i campioni “non conformi” anche contaminanti ambientali, tale può essere considerato il riscontro dello zearalenone, una delle micotossine che possono formarsi negli alimenti vegetali destinati agli animali.

Se dai 1191 campioni ove sono state riscontrate non conformità, togliamo gli oltre 600 episodi di possibili contaminazioni ambientali, si scopre che solo nello 0,15% dei casi è possibile addossare agli allevatori comportamenti non in regola, il più delle volte legati semplicemente al mancato rispetto dei tempi di sospensione. E più virtuosi dei loro colleghi europei sembrano essere gli allevatori italiani. Entrando nel dettaglio dei risultati di Efsa, si può notare che l’uso di alcuni antibiotici “proibiti” si è riscontrato in alcuni Paesi, ma non in Italia. Stessa cosa si può dire per i corticosteroidi, mai presenti nei suini italiani.

Solo nello 0,15% dei casi è possibile addossare agli #allevatori comportamenti non in regola, il più delle volte legati al mancato rispetto dei tempi di sospensione. #Antibiotici Condividi il Tweet

L’elevato grado di sicurezza di quanto proviene dalla zootecnia italiana, che il report di Efsa conferma, non è casuale. Ancora una volta è opportuno ricordare che questo risultato è il frutto di una strategia perseguita da tempo, mettendo nell’ambito del Ministero della Salute i servizi veterinari, che in molti altri Stati europei afferiscono invece al dicastero agricolo. Una scelta, questa italiana, che ha anticipato idealmente la filosofia insita nel concetto One Health, accomunando la salute dell’uomo e quella degli animali. Dove la lotta all’antibiotico-resistenza è una delle dimostrazioni più recenti di come questi due mondi, quello animale e quello dell’uomo, siano interdipendenti.

 

Giornalista professionista, laureato in medicina veterinaria, già direttore responsabile di riviste dedicate alla zootecnia e redattore capo di periodici del settore agricolo, ha ricoperto incarichi di coordinamento in imprese editoriali. Autore di libri sull'allevamento degli animali, è impegnato nella divulgazione di temi tecnici, politici ed economici di interesse per il settore zootecnico.