Salumi italiani: elemento di tipicità e tradizione
La gastronomia italiana è forse fra quelle più ricche e creative al mondo. Tra i nostri prodotti più apprezzati si annoverano i salumi, che godono di una lunga storia di successo.
Quasi sicuramente gli italiani non sono stati i primi ad allevare i suini (alcune tracce dei primi allevamenti suinicoli riportano alla Cina del 4000 a.C.), e la stessa storia europea ne dà ampia testimonianza sulla conoscenza dell’animale e sulla competenza culinaria degli antichi europei.
La parola salumi deriva etimologicamente da salumen, in latino “insieme di cose salate”. Di preciso non è noto a quando risale la prima lavorazione della carne al fine di ottenere un alimento conservato; probabilmente le prime tecniche utilizzate furono essicazione e affumicatura. In seguito si capì che anche il sale permetteva di conservare l’alimento per un periodo di tempo più prolungato. L’affumicatura si sviluppò maggiormente in gran parte d’Europa, mentre in Italia e Francia fu il sale a farla da padrone, non solo per la trasformazione delle carni, ma anche per la produzione dei formaggi.
Le caratteristiche conservanti del sale dipendono dalle sue proprietà igroscopiche: esso infatti sottrae l’acqua dagli alimenti e poiché l’acqua è necessaria alla vita dei microrganismi (compresi quelli patogeni) la sua azione riduce notevolmente la divisione cellulare dei batteri che dunque non aumentano. Un alimento è sicuro quando la sua carica microbica è ridotta e tale da non provocare, se assunto, un rischio per la salute poiché in grado di superare le barriere immunitarie. La salagione a secco è quella maggiormente utilizzata: il sale grosso a contatto con la superficie della carne penetra lentamente all’interno del pezzo.
Oggi, con la diffusione della catena del freddo, è possibile conservare la carne fresca per periodi più o meno lunghi. Le competenze culinarie acquisite e l’alto livello di innovazione hanno reso i salumi degli alimenti che racchiudono in sé, oltre ai valori della tradizione, della cultura e della storia, eccellenti qualità nutrizionali e organolettiche. Insomma, si è fatto di necessità virtù, proprio nel senso letterale del termine, arrivando ad avere salumi tradizionali praticamente in ogni angolo del nostro Paese. Basti pensare che in Italia sono riconosciuti 21 prodotti DOP e 21 prodotti IGP che rappresentano più di un terzo del patrimonio di prodotti carnei tipici europei.
Attraverso un’analisi delle abitudini alimentari di un popolo è possibile ripercorrere la sua storia. Il cibo diventa un vero e proprio elemento culturale dal momento in cui il gruppo opera sulla sua lavorazione e trasformazione. Inoltre, esso rappresenta un richiamo identitario: chi migra da un’area geografica all’altra si riaggancia alle proprie origini attraverso le pietanze di cui colma le tavole.
La gastronomia italiana è appunto una manifestazione delle tradizioni, delle conoscenze tramandate negli anni, ma anche delle abitudini e dell’identità dei popoli. Lo stile culinario si adatta alle aree geografiche e al loro clima, risponde alle necessità caloriche degli abitanti, impiegati (prima più di ora) generalmente in attività simili e comuni per aree geografiche; è frutto delle contaminazioni cui è sottoposto, le invasioni di cui racconta la storia e la società liquida che viviamo oggi.
Il mantenimento e la tutela delle tradizioni è un dovere di tutti, perché goderne è un diritto comune.
Gloria Luzzani
Svolge attività di studio e ricerca in materia di nutrizione, sostenibilità di filiera e promozione della stessa presso il Dipartimento di Scienze e tecnologie alimentari per una filiera agro-alimentare sostenibile dell’Università Cattolica. È dietista nutrizionista specializzata nella gestione del sistema agroalimentare.