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Riconfermato il ruolo della carne nell’evoluzione umana

Una nuova serie di ricerche conferma ulteriormente il ruolo della carne nell’evoluzione dell’uomo.

Se mai ci fossero ancora dubbi, le prove a favore del ruolo decisivo che l’alimentazione carnea ha avuto per l’evoluzione della nostra specie stanno diventando schiaccianti. L’ultimo baluardo dei difensori della dieta vegetale dei primi onimini e del loro consumo opportunistico di carne (fra cui il lavoro di Barr et al., “Non c’è stato un aumento sostenuto delle prove zooarcheologiche per la carnivoricità dopo la comparsa dell’Homo erectus”, pubblicato su PNAS) è stato abbattuto da una ricerca firmata da Dominguez-Rodrigo e altri 23 paleoantropologi dal suggestivo titolo “Gli ominini faunivori del primo Pleistocene non erano cleptoparassiti, e questo ha influito sull’evoluzione dell’anatomia umana e della socio-ecologiapubblicata su Scientific Report, una delle riviste del gruppo Nature.

Lo studio utilizza il metodo della paleontologia sperimentale che consiste nel riprodurre in laboratorio condizioni analoghe a quelle alle quali presumibilmente sono stati sottoposti i reperti ritrovati nei siti archeologici e confrontare l’ipotesi sperimentale attuale con quella preistorica. In sostanza, i ricercatori sostengono che i primi Homo, del genere erectus, apparsi in Africa nell’alto Pleistocene (oltre 1,5 milioni di anni fa) fossero degli abili cacciatori e non degli utilizzatori opportunistici di carcasse residue da grandi predatori.

Per testare questa ipotesi, gli studiosi hanno messo a confronto i segni sulle ossa di animali consumati dai primi H. erectus ritrovate, insieme ai resti di questi, in tre siti della Tanzania con quelli di ossa coeve sicuramente derivanti da animali cacciati da grandi predatori e hanno replicato in laboratorio, su cervi e pecore, le pratiche di macellazione con gli strumenti litici a disposizione all’epoca per confrontarne i segni sulle ossa con quelli lasciati su zebre e altri ungulati selvatici dai leoni del parco del Serengeti.

L’analisi 3D di tali incisioni, effettuata con il ricorso ad algoritmi di intelligenza artificiale, ha inoppugnabilmente dimostrato che i reperti derivavano da animali cacciati direttamente dagli ominini e non da carcasse “rubate” ad altri predatori, confermando l’ipotesi che il nostro genere è da sempre stato un grande cacciatore, o meglio  “un ipercarnivoro” come magistralmente descritto da Miki Ben-Dor, nel video che riassume decenni di ricerca di campo effettuata da lui e dalla sua equipe sull’argomento.

La ricerca è stata ulteriormente confermata in uno studio condotto in altro sito del Kenya su reperti di circa 2 milioni di anni (Pariknson et al., La carne nel menu: L’analisi della distribuzione spaziale GIS dei danni alla superficie delle ossa indica che gli ominini Oldowan di Kanjera South, in Kenya, hanno avuto un accesso precoce alle carcasse) e pubblicato su Quaternary Science Reviews.

Ma facciamo parlare Dominguez-Rodrigo e i suoi colleghi. “I risultati del presente studio dimostrano che all’inizio del Pleistocene gli ominini erano già inseriti nel gruppo dei carnivori. Come qualsiasi altro predatore, gli ominini avrebbero sfruttato le opportunità disponibili di carcasse trovate in altre uccisioni di carnivori. Tuttavia, sosteniamo che tali strategie costituivano un elemento secondario nel loro comportamenti di acquisizione delle carcasse”.

E più avanti nel lavoro troviamo: “Questi risultati sottolineano il ruolo della carne nella dieta degli ominini del primo Pleistocene e nel loro comportamento socio-riproduttivo. L’accesso primario agli animali presenti in questi siti (attestato anche dalla presenza di segni di taglio di eviscerazione di segni di taglio su frammenti di costole) avrebbe richiesto la partecipazione collettiva di almeno diversi individui, in un quadro comportamentale che implicava la cooperazione intenzionale e l’aspettativa di condivisione delle risorse. Mangiare carne avrebbe aumentato la qualità della dieta, liberando così la dentizione dell’Homo dalla pressione selettiva… Questi cambiamenti nella dentizione potrebbero essere spiegati anche come selezione per il loro utilizzo nella prelavorazione della carne.”

E ancora: “La riduzione delle dimensioni dei denti documentata per la prima volta in questa fase dell’evoluzione umana sembra coincidere con l’aumento del neurocranio, forse trattandosi di fattori di coevoluzione. Ciò supporta l’impatto di questo cambiamento dietetico nella modifica dell’allocazione dell’energia metabolica basale e nell’evoluzione del cervello umano. Inoltre, è proprio in questo periodo che abbiamo anche la prova di un’importante modifica dello scheletro in alcuni primi Homo, con la comparsa dell’H. erectus. L’uomo moderno umano (corpo allungato, arto anteriore accorciato ed espansione dell’arto posteriore, con torace a forma di botte) emerge in questo periodo.”

 

 

 

Presidente Emerito dell'Associazione per la Scienza e le Produzioni Animali, Professore Ordinario di Etica e Sostenibilità degli Allevamenti presso il Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari e Presidente dell’Associazione Carni Sostenibili. Fra i migliori esperti globali in scienze animali, è incluso nel 2% di scienziati maggiormente citati al mondo.