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residui negli animali e negli alimenti

Efsa: sempre meno “campioni non conformi”

C’è sempre maggiore sicurezza negli allevamenti e nei prodotti di origine animale europei. E ancor di più per quelli che escono dalle stalle italiane.

C’è sempre maggiore sicurezza negli allevamenti e nei prodotti di origine animale europei. E ancor di più per quelli che escono dalle stalle italiane. La conferma arriva dal nuovo rapporto Efsa, l’Ente europeo per la sicurezza alimentare, che ha pubblicato gli esiti delle ultime indagini sulla presenza di residui negli animali e negli alimenti.

È il frutto di un lavoro enorme, con il controllo di oltre 620mila campioni, raccolti in tutti i Paesi dell’Unione europea, più Islanda e Norvegia. La presenza di sostanze indesiderate per quantità superiori alla norma si è riscontrata in appena lo 0,19% dei casi. Questi i dati rilevati nel 2020, in calo del 37% rispetto al 2019, quando i casi positivi erano lo 0,30%. Ma ciò che più conta è l’andamento degli ultimi dieci anni, che conferma la progressiva e costante diminuzione di “campioni non conformi”, come si definisce il riscontro di residui oltre i limiti ammessi.

Più in dettaglio, va segnalato l’esito della ricerca di anabolizzanti (ormoni), che ha confermato l’assenza di stilbenici, da tempo vietati nell’Unione europea.

C’è sempre più #sicurezza negli #allevamenti e negli #alimenti di origine animale europei. Lo rivela il nuovo rapporto #Efsa. Condividi il Tweet

Fra le sostanze rintracciate con maggiore frequenza figurano composti chimici, comprendendo in questa categoria i metalli (3,71%). Rientrano in questo gruppo il rame, il piombo e altri metalli presenti nell’ambiente, la cui origine non ha diretta relazione con comportamenti non corretti in fase di allevamento o di cura degli animali.

Analoghe considerazioni riguardano la presenza di tiouracile (azione antitiroidea). Come spiega lo stesso rapporto Efsa, queste evenienze possono derivare dall’impiego nella razione degli animali di brassicacee, famiglia botanica alla quale appartengono numerose foraggere.

Qualche criticità si riscontra ancora per il leggero aumento (dallo 0,19% allo 0,23%) di antinfiammatori non steroidei (FANS), farmaci però indispensabili per lenire il dolore e dunque favorire il benessere degli animali colpiti da processi flogistici. Non è casuale che le maggiori presenze di tali farmaci siano riscontrate nei cavalli (1,17%), animali sovente impegnati in attività ludico-sportive. Quasi nulla invece la presenza di FANS in avicoli (0,04%) e suini (0,01%).

Per tutte le categorie è importante sottolineare il raro riscontro di residui di antimicrobici. Complessivamente solo lo 0,14% dei campioni ha mostrato presenze oltre i limiti, ma anche in questo caso si assiste a una continua diminuzione dei campioni positivi. È il risultato di un maggiore rispetto dei tempi di sospensione dei trattamenti e soprattutto nel continuo diminuire dell’uso di antibiotici. Alcuni di questi, come il cloramfenicolo, sono peraltro vietati ed è confortante apprendere che in Italia non è segnalato alcun caso.

L'impiego di #antibiotici negli #allevamenti si è ridotto del 43% fra il 2011 e il 2020, confermando l’impegno di #zootecnia e #MedicinaVeterinaria nella lotta all’#AntibioticoResistenza. Condividi il Tweet

Sul consumo di antibiotici le rilevazioni più recenti indicano che il loro impiego negli allevamenti si è ridotto del 43% fra il 2011 e il 2020, confermando l’impegno della zootecnia e della medicina veterinaria nella lotta all’antibiotico-resistenza. Una “missione” che il mondo delle produzioni animali sta affrontando con responsabilità nell’ottica della filosofia One Health, con risultati assai più soddisfacenti di quanto avvenga in medicina umana.

Infine una considerazione sulla reale presenza di residui derivante da trattamenti non corretti. Se dal totale si escludono le risultanze positive per contaminanti “ambientali”, la presenza di residui da interventi farmacologici si riduce enormemente. Un conto approssimativo indica che i campioni non conformi scendono in questo caso ad un misero 0,10%.

Una conferma, se ancora ce n’era bisogno, dell’ottimo lavoro svolto da allevamenti e veterinari e più in generale da tutta la filiera dei prodotti di origine animale.

 

 

Giornalista professionista, laureato in medicina veterinaria, già direttore responsabile di riviste dedicate alla zootecnia e redattore capo di periodici del settore agricolo, ha ricoperto incarichi di coordinamento in imprese editoriali. Autore di libri sull'allevamento degli animali, è impegnato nella divulgazione di temi tecnici, politici ed economici di interesse per il settore zootecnico.