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Quinoa, nuovo nemico dell’ambiente. E della salute?

Sembrerebbe perfetto: amido e proteine insieme, un alimento quasi completo, un “super cibo” che fa della quinoa la nuova alternativa vegana. Ma non è tutto oro quel che luccica. La quinoa è uno “pseudo-cereale”, vale a dire che non è un cereale, ma produce semi simili ai chicchi dei cereali, pur appartenendo alla famiglia degli spinaci e delle barbabietole.

“Il grano miracoloso delle Ande”, è un alimento tipico della Bolivia, presente da secoli nella dieta delle popolazioni rurali andine, ma oggi assistiamo ad una vera esplosione del mercato, che ne mette in evidenza le sue eccellenti proprietà nutrizionali e l’assenza di glutine, caratteristica sempre più richiesta, non solo da chi deve obbligatoriamente seguire una dieta gluten free, credendo erroneamente di trarne dei benefici.

Rispetto ai cereali la quinoa possiede meno carboidrati, un contenuto proteico più elevato, più fibra, più minerali e più grassi, soprattutto polinsaturi omega 6. La presenza di queste sostanze nutritive le ha valso l’appellativo di “super-food”, diventando richiestissima soprattutto da vegetariani e vegani, che devono porre maggior attenzione nel pianificare la loro dieta e cercare dei validi prodotti alternativi ai cibi animali a maggior valore nutrizionale.

Ma anche in questo caso c’è un rovescio della medaglia. La quinoa infatti contiene tutta una serie di composti tossici irritanti per l’intestino, che possono causare infiammazioni, problemi digestivi e difficoltà nell’assorbimento dei nutrienti. Tra questi troviamo gli ossalati, dei fattori antinutrizionali che si combinano con ferro, zinco e magnesio, rendendoli inassorbibili e favorendo stati di carenza, come anemie e osteoporosi. Inoltre legano il calcio introdotto con la dieta, riducendone l’assorbimento e formando l’ossalato di calcio, cristalli insolubili che possono precipitare nelle vie urinarie e determinare la formazione di calcoli renali. L’ammollo e l’ebollizione possono ridurre gli ossalati dal 19 all’87%, ma è comunque sconsigliata un’assunzione elevata di quinoa per chi soffre di osteoporosi o di calcoli renali. In generale la dieta non dovrebbe apportare più di 100 mg di ossalati al giorno, quindi non essere troppo ricca di alimenti che ne contengono in discrete quantità, come spinaci, cereali integrali, frutta secca, semi, legumi, soia e appunto quinoa.

Oltre agli ossalati troviamo le saponine, composti tossici che oltre a limitare l’assorbimento dei nutrienti, provocano l’alterazione della composizione delle membrane cellulari e sono responsabili del “leaky gut”, ovvero “l’intestino che perde”, provocando letteralmente dei buchi nella mucosa gastrica: questo causa l’aumento della permeabilità intestinale, cioè la perdita della capacità dell’intestino di fare da barriera contro le sostanze dannose, permettendone l’ingresso nel sangue, insieme a batteri e tossine e scatenando reazioni autoimmuni e infiammazione sistemica. Il contenuto di saponine nella quinoa può arrivare anche al 2,3% nella varietà più amara, e considerando che il livello massimo accettabile di saponina per il consumo umano varia tra lo 0,06 e lo 0,12%, è necessario che il seme subisca un processo di “desaponificazione”, un trattamento che oltre a ridurre le saponine, diminuisce anche il contenuto di minerali, specialmente di calcio. Esistono anche varietà prive o a basso contenuto di saponina, che però sono più sensibili agli attacchi di agenti patogeni e quindi richiedono un maggior intervento con prodotti fitosanitari che possono portare a residui sul prodotto al momento del consumo.

Rispetto alla maggior parte dei cereali, la quinoa ha un contenuto più alto di proteine, per cui può essere considerata una buona fonte proteica solo se la confrontiamo con questi: quando il confronto infatti viene fatto con altri alimenti proteici, non possiamo dire lo stesso, in quanto presenta un contenuto di proteine più basso rispetto alla maggior parte dei legumi, alla carne e agli altri prodotti animali. Una porzione di quinoa cotta (185 g) pronta da mangiare fornisce solamente 8 g di proteine, contro i 26 g di una fettina di 100 g di carne.

La quinoa viene esaltata anche per il suo contenuto di minerali, come fosforo, magnesio, ferro e zinco, ma la presenza di fattori antinutrizionali, ne riduce il contenuto e il loro assorbimento. L’acido fitico ad esempio blocca la disponibilità del fosforo, calcio, magnesio, zinco e ferro, non rendendoli più assimilabili. Inoltre inibisce anche enzimi digestivi importanti come pepsina e amilasi, necessari per la digestione delle proteine e degli amidi, causando carenze nutrizionali e seri problemi di salute. Con un ammollo per una intera notte si riduce l’acido fitico del 10%, mentre la cottura non è efficace nel disattivarlo. Per ridurlo del 90% occorre un processo di fermentazione o di germogliazione. È stato dimostrato che la presenza di carne e di prodotti di origine animale nel pasto, assunti insieme agli alimenti contenenti acido fitico, riescono a contrastarne l’azione negativa, riducendo l’effetto di bloccare l’assorbimento di minerali e proteine. Questo ad ulteriore dimostrazione che la dieta deve essere completa e che esiste una sinergia tra elementi vegetali e animali.

C’è anche un altro aspetto, oltre alla salute e non meno importante, che riguarda la produzione di quinoa: l’aumento della sua domanda sta devastando l’ambiente in Bolivia, causando anche problemi seri di sicurezza alimentare. Stupisce che quella categoria di persone che pone tanta attenzione alle tematiche ambientali e all’”etica”, non si faccia poi tanti scrupoli nel consumare quinoa.

Per produrre tanta quinoa infatti viene fatto un largo uso di fertilizzanti di scarsa qualità, concimi chimici e di acqua, inaridendo i terreni. Anche la famosa rivista britannica “The Guardian”, nell’articolo “Can vegans stomach the unpalatable truth about quinoa?”, (“Riescono i vegani a digerire la sgradita verità sulla quinoa?) ne ha evidenziato le problematiche relative alla sua coltivazione, come i danni all’allevamento di lama e alpaca, confinati nelle zone collinari per far spazio alla quinoa, e venendo di conseguenza a mancare la fertilizzazione sostenibile del suolo grazie alle deiezioni di questi animali che arricchivano il terreno di sostanze organiche.

Rompendo l’equilibrio tra allevamento e quinoa, viene fatto largo utilizzo di prodotti chimici artificiali per contrastare l’impoverimento dei terreni, provocando l’inquinamento dell’ambiente e del prodotto stesso, oltre che causare danni all’ecosistema e alla biodiversità animale, come ad esempio gli effetti sulla popolazione di condor, che si sta riducendo drasticamente.

L’Italia è uno dei maggiori importatori d’Europa, registrando un vero e proprio boom da parte di consumatori vegetariani e vegani, che la considerano un’alternativa proteica alla carne. Per prevenire impatti devastanti per la Bolivia, il responsabile FAO Bolivia, Rómulo Caro, spiega su La Stampa: «La soluzione richiede un miglioramento della qualità del prodotto e un potenziamento dei processi di sostenibilità, integrati con i camelidi, lama e alpaca e con altre strategie per garantire la sovranità alimentare del popolo». A questo proposito è stato dato il via al progetto “Sistema Agroalimentare Integrato Quinoa/Camelidi”, implementato da FAO e ACRA-CCS, una Ong italiana, che focalizza le sue attività sul binomio quinoa/camelidi.

Insomma, chi è ancora convinto di non voler sfruttare gli animali in alcun modo deve sapere che l’unica maniera per consumare quinoa in modo sostenibile è integrare la sua produzione con l’allevamento. E non solo. La quinoa è sicuramente un cibo nutriente, ma viste le problematiche che può comportare, è importante consumarla all’interno di una dieta equilibrata che preveda tutti gli alimenti, per disattivarne le componenti tossiche e avere una buona nutrizione complessiva. Ancora una volta vegetali e animali vanno a braccetto, per l’ambiente e per la salute.

 

Susanna Bramante

 

Susanna Bramante è agronomo e divulgatrice scientifica. Autrice e coautrice di 11 pubblicazioni scientifiche e di numerosi articoli riguardanti l’alimentazione umana e gli impatti della stessa sulla salute e sull’ambiente, nel 2010 ha conseguito il titolo di DoctorEuropaeus e Ph. Doctor in Produzioni Animali, Sanità e Igiene degli Alimenti nei Paesi a Clima Mediterraneo. Cura GenBioAgroNutrition, “un blog a sostegno dell’Agroalimentare Italiano, della Dieta Mediterranea e della Ricerca Biomedica, contro la disinformazione pseudoscientifica”, che aggiorna quotidianamente.

Agronomo e divulgatrice scientifica. Autrice e coautrice di 11 pubblicazioni scientifiche e di numerosi articoli riguardanti l’alimentazione umana e gli impatti della stessa sulla salute e sull’ambiente, nel 2010 ha conseguito il titolo di DoctorEuropaeus e Ph. Doctor in Produzioni Animali, Sanità e Igiene degli Alimenti nei Paesi a Clima Mediterraneo. Cura GenBioAgroNutrition, “un blog a sostegno dell’Agroalimentare Italiano, della Dieta Mediterranea e della Ricerca Biomedica, contro la disinformazione pseudoscientifica”, che aggiorna quotidianamente.