
Quali sono i super emettitori di metano?
Quali sono i “super emettitori” di metano? Vediamoli insieme, e scopriamo se fra questi ci sono veramente gli allevamenti di bovini.
Quando si parla di emissioni di metano si pensa subito a vacche e allevamenti di bovini. Eppure, questi possono far parte della soluzione alla crisi climatica. Per quanto possa suonare strano, considerata la narrazione dominante, i “super emettitori”, chiamati così proprio per le altissime quantità emesse di questo potente gas climalterante, sono altri.
Il metano, oltre che dalla digestione dei bovini, viene prodotto dalle risaie, dalle paludi, dalle discariche, persino dagli oceani e dall’estrazione dei combustibili fossili, le cui emissioni sono molto più alte del previsto. Secondo un report dell’International Energy Agency (IEA), l’impatto dell’estrazione dei combustibili fossili come gas, carbone e petrolio e delle emissioni fuggitive pesa per il 34% del metano antropogenico, mentre il metano della zootecnia impatta per il 27% e quello delle discariche per il 23%. La rimanente quota di metano di origine antropica, il 16%, deriva dalle altre attività agricole.
Emissioni rilevate dallo spazio
Oggi, grazie a sistemi satellitari, è possibile rilevare quali sono le principali sorgenti di metano. Contrariamente a ciò che si pensa e che viene ormai abitualmente divulgato, gli allevamenti non rientrano tra i principali responsabili delle emissioni di questo gas. Il sistema di satelliti, chiamato Tropospheric Monitoring Instrument (Tropomi), è capace di osservare le concentrazioni atmosferiche di metano in tutto il mondo. In questo modo è possibile quantificare e rilevare i punti esatti delle emissioni più forti e “zoomare” per identificare le strutture responsabili.
I dati raccolti dallo spazio con un approccio così sofisticato mostrano finalmente la realtà: le grandi discariche della Terra, soprattutto quelle in alcune città, emettono più metano del previsto, così come le estrazioni di gas e petrolio. Grazie a queste osservazioni multi-satellite, si riescono a identificare e monitorare le discariche ad alta emissione in tutto il mondo, rilevando tra le più alte quelle di Buenos Aires, Delhi, Lahore e Mumbai. Secondo i dati Tropomi, le emissioni delle città sono da 1,4 a 2,6 volte più alte di quelle riportate finora dalle stime e le discariche contribuiscono fino al 50% di tali emissioni.
Un altro strumento in orbita molto efficace e in grado di esplorare vasti tratti del pianeta per la rilevazione delle grandi emissioni mondiali di metano è lo spettrometro progettato dalla NASA nell’ambito dello studio Emit – NASA’s Earth Surface Mineral Dust Investigation, che ha identificato più di 50 “super-emettitori” in Asia centrale, Medio Oriente e sud-ovest degli Stati Uniti. Anche qui le strutture di petrolio e gas e le grandi discariche si sono confermate come le maggiori sorgenti di metano, con la rilevazione dei pennacchi di metano tra i più grandi mai visti.
La zootecnia come parte della soluzione
Come spiega il professor Frank Mitloehner, docente e specialista in qualità dell’aria presso il dipartimento di Scienze Animali della UC Davis, in questo video: “Grazie alla zootecnia si può ottenere una drastica mitigazione del riscaldamento globale. Abbiamo misurato il contributo del metano in modo errato. Se vogliamo sapere qual è l’impatto di una riduzione del metano sul riscaldamento, l’equivalenza con l’unità di CO2 è totalmente sbagliata. Se manteniamo costante il numero di animali allevati la quantità di metano prodotta dalle vacche e quella di metano distrutta si bilanciano a vicenda. Ciò significa che non si aggiunge nuovo carbonio nell’atmosfera e quindi non abbiamo nessun riscaldamento aggiuntivo”.
Il metano proveniente dagli allevamenti è dunque considerato un gas di flusso perché, quando viene emesso, viene poi distrutto. Al contrario, l’anidride carbonica prodotta dai combustibili fossili è un gas di riserva, che si accumula nell’atmosfera. Agricoltura e zootecnia sono le uniche attività umane in cui emissioni e sequestri di carbonio avvengono contemporaneamente. Ecco perché, anziché riscaldare il pianeta, si potrebbe ottenere un raffreddamento globale a breve termine, sottraendo attivamente il carbonio dall’atmosfera e immagazzinando CO2 atmosferica nel terreno.
Gli sforzi della zootecnia per ridurre le emissioni di CH4
In ambito zootecnico sono stati fatti enormi passi avanti per ridurre la produzione di metano dei bovini. Come successo in California ad esempio, dove sono riusciti a ridurre il metano del 25% grazie a miglioramenti nella gestione del letame, oppure con l’aggiunta nei mangimi di probiotici e integratori a base di alghe rosse o anche tannini, che intervengono nel processo digestivo. Le vacche alimentate con questo supplemento hanno mostrato addirittura riduzioni del 92% del metano prodotto nel rumine, aumentando anche il loro benessere e l’efficienza produttiva.
Secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), il metano è causa di un quarto dell’attuale global warming. Altri rapporti mostrano che una sua riduzione del 45% in questo decennio eviterebbe un riscaldamento di 0,3 gradi Celsius da qui al 2040. In Italia, nuovi studi con le metriche aggiornate che prendono in considerazione le differenze tra metano e CO2 confermano che, negli ultimi dieci anni, gli allevamenti non hanno impattato sul clima, ma hanno contribuito a raffreddare l’atmosfera, con emissioni in negativo di – 49 milioni di tonnellate di CO2 equivalente.
Sapere chi sono i veri responsabili delle super emissioni di metano, calcolarne precisamente le emissioni e smetterla di concentrarsi sui colpevoli sbagliati che, al contrario, possono essere di grande aiuto, è necessario per veicolare in modo efficace le energie nella direzione giusta, sulla base della scienza e non dell’ideologia, e contrastare concretamente il cambiamento climatico.