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Qual è la differenza fra tracciabilità e rintracciabilità?

Anche se suonano molto simili fra di loro e sono spesso due termini utilizzati in modo equivalente, tracciabilità e rintracciabilità non sono la stessa cosa. Vediamo perché.

Anche se suonano molto simili fra di loro, tracciabilità e rintracciabilità non sono la stessa cosa. Spesso, infatti, i due termini sono utilizzati in modo equivalente, ma in realtà non sono esattamente sinonimi, seppure rappresentino due facce della stessa medaglia:

  • La tracciabilità indica la capacità di descrivere il percorso di una materia prima o di un lotto di produzione attraverso i passaggi da un’entità commerciale a un’altra, all’interno della filiera produttiva: dalla fase di produzione, alla trasformazione, fino alla distribuzione. In sostanza, il flusso di merci è accompagnato da un flusso di informazioni, che vengono adeguatamente registrate e conservate ad ogni passaggio.
  • La rintracciabilità, invece, implica la possibilità di ricostruire a ritroso l’intero percorso di un prodotto, dal suo stato finale fino alle materie prime di partenza.

Questi approcci sono elementi imprescindibili nella gestione della sicurezza alimentare, perché permettono di ricostruire le caratteristiche e la storia di un alimento lungo la filiera di produzione, oltre che di garantirne un tempestivo ritiro dal mercato, qualora si manifestino questioni relative alla qualità o alla sicurezza che possano comportare un rischio per il consumatore.

A partire dal 2005, la normativa impone che tutti i prodotti agroalimentari siano adeguatamente tracciati, coinvolgendo in questo processo tutti gli attori della filiera agroalimentare. L’obbligo di tracciabilità vale anche per prodotti di provenienza (in tutto o in parte) estera, e permette di ricondurre sempre all’origine delle materie prime.

Oltre a costituire un prerequisito fondamentale per la gestione della sicurezza e delle emergenze alimentari, la tracciabilità ha un ruolo importante per garantire la qualità del prodotto: grazie a un accurato sistema di documentazione, infatti, è possibile risalire a tutti i controlli eseguiti sui processi e i prodotti in ogni fase produttiva.

A cosa serve la tracciabilità di un alimento?

Conoscere ogni tappa del percorso che un cibo ha fatto, dal campo alla tavola, o “From Farm to Fork”, direbbero alcuni. È questo lo scopo della tracciabilità e rintracciabilità degli alimenti, due facce della stessa medaglia, imprescindibili nella gestione della sicurezza alimentare. Per definizione, la tracciabilità è la capacità di descrivere il percorso di una materia prima o di un lotto di produzione attraverso i vari passaggi all’interno di tutta la filiera produttiva: dalla fase di produzione, alla trasformazione, fino alla distribuzione. In pratica, il flusso di merci è accompagnato da un flusso di informazioni, che vengono adeguatamente registrate e conservate ad ogni passaggio.

Questo ne consente quindi la rintracciabilità, cioè la possibilità di ricostruire a ritroso l’intero percorso di un prodotto, dal suo stato finale fino alle materie prime di partenza. Questi due approcci servono dunque a ricostruire le caratteristiche e la storia di un alimento in modo che, se sorgono problemi in merito alla sua sicurezza o alla sua qualità che possano mettere a rischio la salute dei consumatori, si riesca a intervenire tempestivamente, indentificando con esattezza il prodotto sospetto e a ritirarlo immediatamente dal mercato. L’obbligo di tracciabilità ai fini della sicurezza e della gestione delle emergenze alimentari è entrato in vigore dal 2005, imponendo che tutti i prodotti agroalimentari fossero adeguatamente identificati.

Fino al 2005 erano rintracciabili solo alcuni prodotti, quali carni, pesce e uova, cioè quelli più a rischio per la salute del consumatore. Dal 1° gennaio 2006, con l’entrata in vigore del “Pacchetto Igiene” l’obbligo della rintracciabilità è stato esteso a tutti i prodotti agroalimentari, il che consente di individuare qualsiasi prodotto in ognuna delle fasi del ciclo produttivo, anche quelli provenienti dall’estero, così da poter risalire sempre all’origine delle materie prime.

È importante però chiarire che tracciabilità dei prodotti e loro origine sono due cose diverse, perché il consumatore a proposito ha ancora le idee confuse. La tracciabilità e l’etichettatura di origine hanno scopi differenti. Lo scopo della tracciabilità di filiera è far sì che tutto ciò che entra nella catena alimentare (mangimi, animali vivi destinati al consumo umano, alimenti, ingredienti, additivi ecc.) conservi traccia della propria storia, seguendone il percorso che va dalle materie prime fino al consumatore finale. La rintracciabilità consiste nell’utilizzare le “impronte”, ovvero la documentazione raccolta dai vari operatori coinvolti nel processo di produzione, per isolare un lotto produttivo in caso di emergenza, e consentire al produttore e agli organi di controllo che hanno il dovere di vigilare sulla sicurezza alimentare del cittadino, di gestire e controllare eventuali situazioni di pericolo attraverso la conoscenza dei vari processi produttivi (flussi delle materie prime, documentazione di origine e di destinazione ecc.).

Invece l’etichettatura di origine è l’indicazione volontaria o obbligatoria del paese di origine o luogo di provenienza, con lo scopo di informare i consumatori sull’origine o provenienza di quell’alimento. Le informazioni sull’origine possono avere un valore significativo se c’è un legame tra determinate qualità di quell’alimento e la sua origine e quindi quando particolari caratteristiche di un alimento sono dovute proprio alla sua origine. In questo caso le informazioni di origine in etichetta diventano obbligatorie quando i consumatori possono essere indotti in errore sulla vera origine o provenienza di un alimento. Dunque tracciabilità non è sinonimo di origine e viceversa.

La tracciabilità del prodotto ha anche un ruolo importante per garantirne la qualità, grazie a un accurato sistema di documentazione che consente di risalire a tutti i controlli eseguiti in ogni fase del processo produttivo. Ma anche tracciabilità e qualità sono due cose ben diverse. La qualità di un alimento può essere definita come la combinazione di proprietà e caratteristiche di un prodotto che determinano in maniera significativa il suo grado di accettabilità da parte del consumatore e l’attitudine a soddisfare i suoi bisogni espressi o impliciti. Per questi motivi appare chiaro che origine e qualità non fanno rima con rintracciabilità.

Nel settore della carne, la necessità di conoscere l’origine degli animali è nata in seguito al fenomeno BSE nel Regno Unito, che ha portato alla creazione dell’anagrafe bovina, in cui ogni animale deve essere registrato e identificato da un passaporto. In particolare, la tracciabilità per le carni bovine è stata resa obbligatoria fin dal 2000, con il regolamento 1760/2000, che ha fatto da apripista a tutti gli altri prodotti animali e successivamente agli altri prodotti alimentari.

Grazie a questo sistema oggi si conosce tutto della carne che arriva sulle nostre tavole: l’origine, il sistema di allevamento, il tipo di alimentazione, l’indicazione del Paese in cui l’animale è stato allevato e macellato. Tutto in allevamento viene registrato e controllato: dai mangimi che entrano in azienda, con analisi delle materie prime e degli alimenti dati agli animali, il rispetto delle norme igienico-sanitarie durante la lavorazione, fino alla verifica delle giuste temperature e controlli qualitativi durante la distribuzione.

Tutte queste informazioni vengono poi riportate nelle etichette, in modo da abbinare ad ogni numero di lotto la storia del prodotto. Il modello italiano di controllo e di tracciabilità delle carni è un’eccellenza a livello europeo e mondiale, con la garanzia di qualità e sicurezza in ogni punto della filiera che non ha eguali.

Questo sistema si applica anche agli animali e agli alimenti di importazione, per cui la carne e il cibo provenienti dall’estero devono rispettare gli stessi standard qualitativi, di salubrità e sicurezza nazionali, per poter entrare in Italia. La tracciabilità dei prodotti alimentari rappresenta quindi uno strumento indispensabile per tutelare la salute del cittadino, che ha il diritto di conoscere il cibo che mette nel piatto. Ma anche per orientarlo verso scelte consapevoli e metterlo al riparo da truffe e contraffazioni, offrendo la massima trasparenza.

Il Progetto “Carni Sostenibili” vuole individuare gli argomenti chiave, lo stato delle conoscenze e le più recenti tendenze e orientamenti tecnico scientifici, con l’intento di mostrare che la produzione e il consumo di carne possono essere sostenibili, sia per la salute che per l’ambiente.