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Perché demonizzare gli allevamenti è scorretto

Gli allevamenti estensivi sono essenziali per l’integrità delle zone montane e la produzione zootecnica industriale avviene all’insegna della massima igiene e della riduzione degli sprechi. Tuttavia il sentimento comune per queste pratiche è di avversità.

Tra le mode del momento, spicca quella di classificare la realtà contemporanea come positiva o negativa, senza approfondire gli argomenti su cui sentenziamo. Gli allevamenti sono ritenuti da alcuni il male assoluto, ma se lo meritano? Di fatto no. E non per partito preso.

Allevamenti estensivi

Nell’immaginario collettivo gli animali allevati sono maltrattati, confinati in piccoli spazi, imbottiti di ormoni ed antibiotici, ingozzati di cibo e tante altre falsità simili. Non fanno eccezione a questa rappresentazione collettiva gli allevamenti estensivi, che oltre a svolgere un ruolo fondamentale per la tutela dell’ambiente montano, sono essenziali al mantenimento della biodiversità sono strettamente collegati a quelli protetti, ossia in stalla. In Italia sono diffusi soprattutto in aree collinari e montane, spesso di proprietà pubblica o gravate da usi civici, dove sussistono condizioni favorevoli per l’esercizio del pascolamento, a cui si aggiungono i fattori legati alla cultura e alle tradizioni rurali.

La #ProduzioneZootecnica #industriale avviene all’insegna della massima #igiene e della riduzione degli #sprechi. Condividi il Tweet

“L’allevamento estensivo si basa fondamentalmente sull’utilizzazione diretta di risorse foraggiere mediante il pascolamento del bestiame”, spiega Bruno Ronchi, professore di Nutrizione ed alimentazione animale all’Università degli Studi della Tuscia: “Il particolare tipo di alimentazione, basato prevalentemente su foraggi spontanei, influisce positivamente su alcune caratteristiche organolettiche e salutistiche dei prodotti: latte e formaggi in particolare. Si tratta di risorse non soggette a cure colturali sistematiche, derivanti da pascoli, da pascoli cespugliati e arborati, da boschi”.

“Questa tipologia di allevamento può essere esercitato in maniera continuativa per tutto l’anno – definito anche sistema brado integrale – o per una parte dell’anno, corrispondente al periodo di disponibilità foraggiere in aree collinari e montane”, spiega il professor Ronchi: “Non a caso in Italia è diffuso per lo più nelle aree della montagna alpina, nelle aree della dorsale appenninica, nelle aree montane insulari: tutte aree che ricadono in Parchi Nazionali o Regionali, in considerazione della presenza di rilevanze di carattere naturalistico e paesaggistico”.

Si possono citare, a titolo di esempio, i Parchi Nazionali del Gran Paradiso nell’arco alpino, dei Monti Sibillini nell’Appennino Centrale, della Sila nell’Appennino Meridionale, del Gennargentu in Sardegna e il Parco Regionale dei Nebrodi in Sicilia.

Gli #allevamenti estensivi sono essenziali per l’integrità delle #ZoneMontane. Condividi il Tweet

I benefici degli allevamenti a livello ambientale

L’allevamento di bestiame può svolgere, se condotto all’insegna delle buone pratiche di gestione, un ruolo fondamentale per la tutela delle montagne. Come osserva Ronchi, tra le best practice spiccano:

  • il rispetto di un calendario di pascolamento in armonia con i cicli vegetativi stagionali;
  • la scelta di un corretto carico di bestiame;
  • l’adozione di razionali tecniche di pascolamento e di gestione complessiva dei pascoli;
  • il controllo dello stato sanitario del bestiame;
  • il rispetto delle regole per la protezione delle aree boschive.

All’allevamento vengono riconosciuti sempre più diffusamente funzioni di grande rilievo per i servizi ecosistemici che è in grado di svolgere. Tra questi sono da citare i servizi produttivi, in considerazione della particolarità dei prodotti della zootecnia di montagna; meno immediatamente percepibili, ma di straordinario valore, ci sono poi altri servizi, in primo luogo quelli legati al mantenimento dell’integrità estetica e funzionale del paesaggio.

L’abbandono del #pascolamento sta causando una riduzione significativa dei #pascoli di #montagna, gradualmente sostituiti da quella che si potrebbe definire #boscaglia. Condividi il Tweet

L’abbandono del pascolamento sta causando una riduzione significativa dei pascoli di montagna, gradualmente sostituiti da quella che si potrebbe definire “boscaglia”. Il paesaggio montano passa così da una struttura a mosaico, composta da molti elementi, a una struttura monotona, uniforme, non più godibile e difficilmente esplorabile. L’esercizio corretto del pascolamento permette, invece, di mantenere in perfetta funzione una delle grandi componenti ecologiche della montagna, rappresentata dai pascoli. I pascoli svolgono una funzione ecologica molto complessa e importante, così come funzioni di regolazione per mantenere l’assetto idrogeologico di territori a elevato grado di vulnerabilità”, sottolinea Ronchi.

I #pascoli sono una straordinaria riserva di #biodiversità e influiscono favorevolmente anche sui popolamenti #faunistici Condividi il Tweet

Insomma, i pascoli sono una straordinaria riserva di biodiversità e influiscono favorevolmente anche sui popolamenti faunistici. Le aree pascolate presentano una maggiore biodiversità e fertilità del suolo, una maggiore ricchezza floristica e, collegata a questa, una maggiore presenza di artropodi, di micro-mammiferi, di avifauna, e così via. Bollare gli allevamenti come negativi è scorretto, mentre chiederne la chiusura potrebbe essere dannoso per l’ecosistema.

Giornalista ed eco blogger, da sempre si occupa di temi legati alla sostenibilità ambientale e al food. Scrive per testate giornalistiche sia cartacee sia online e per blog aziendali. È laureata in Sociologia, con indirizzo Territorio e ambiente, all'università La Sapienza di Roma.