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Per un’intensivizzazione sostenibile

Gli allevamenti intensivi non sono il male per il pianeta, né per il benessere degli animali. Al contrario, offrono diversi indiscutibili vantaggi, anche per ambiente ed animali.

Finché si continuerà a sostenere che sono i grandi “allevamenti intensivi” il problema, auspicandone la chiusura, non viene fatto il bene del pianeta e dell’umanità. Il testo dell’ultima proposta fatta in questo senso vuole prediligere giustamente le produzioni a più basso consumo di risorse e con minori impatti ambientali, sociali e sanitari. Ma non sono le piccole aziende agricole zootecniche, purtroppo, quelle dotate di queste qualità. Anzi, sono proprio i grandi allevamenti quelli più efficienti, dotati delle tecnologie più avanzate che consentono di produrre tanto cibo con pochi input, tutelando il benessere animale con dispositivi smart e in grado di operare in economia circolare, trasformando gli scarti in risorse. 

Gli allevamenti “knowledge intensive” sono anche quelli più “ecological intensive”, per cui sarebbe più corretto parlare di “intensivizzazione ecologicadegli allevamenti. Giusto riconoscere un prezzo equo ai piccoli produttori e garantire ai consumatori l’accesso al cibo sano, ma è sbagliato continuare a credere che i grandi allevamenti non siano in grado di offrire cibi di qualità e a considerarli in modo negativo. Oggi sarebbe meglio definire gli allevamenti “intensivi” come “allevamenti protetti, controllati e di precisione, perché sono in grado di garantire i massimi livelli di biosicurezza e l’ottimizzazione nell’uso delle risorse, al contrario delle piccole realtà estensive.

In un piccolo allevamento all’aperto infatti, c’è minor controllo sull’animale, minor possibilità di cura dalle malattie, l’esposizione alle intemperie e ai predatori e la possibile inadeguata disponibilità di alimenti. Inoltre, non è più sostenibile per l’ambiente in quanto richiede spazi maggiori, molta più acqua e risorse, oltre ad essere meno controllabile a livello di biosicurezza. L’allevamento considerato “intensivo” è invece più efficiente e più sostenibile, grazie al progresso tecnologico che consente ad esempio un’alimentazione di precisione adeguata ad ogni specie, che permette di ottenere un miglior indice di conversione degli alimenti vegetali in carne, riducendo fortemente gli sprechi e quindi l’impatto ambientale

Gli #AllevamentiIntensivi sono #allevamenti protetti, controllati e di precisione perché in grado di garantire i massimi livelli di #biosicurezza ed #efficienza. Condividi il Tweet

Anche l’allevamento con densità più elevata è in grado di offrire spazio, luce naturale, ricambio d’aria, assistenza giornaliera ad ogni singolo animale, sistemi di stabulazione innovativi e dispositivi “smart” che monitorano il benessere di ogni animale, avvisando l’allevatore al primo segnale di qualcosa che non va, in modo da poter intervenire tempestivamente. I grandi allevamenti sono anche quelli che più operano in economia circolare, con grossi impianti in grado di trasformare i liquami in biogas, quindi energia pulita rinnovabile e il letame in concime naturale per l’azienda stessa, così da non dover ricorrere a fertilizzanti chimici inquinanti

Promuovendo la chiusura degli allevamenti intensivi o avviando insensate settimane senza carne, si mette solo a rischio la sicurezza alimentare e la salute delle persone. L’allevamento “intensivo ecologico” rappresenta invece la soluzione più idonea e saggia per rispondere con efficienza alla crescente domanda globale di cibo, ed è a questo che bisogna auspicare di arrivare oggi, perché è l’unico modo per ottenere un buon compromesso tra benessere animale, produttività e sostenibilità ambientale.

Il Progetto “Carni Sostenibili” vuole individuare gli argomenti chiave, lo stato delle conoscenze e le più recenti tendenze e orientamenti tecnico scientifici, con l’intento di mostrare che la produzione e il consumo di carne possono essere sostenibili, sia per la salute che per l’ambiente.