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Nutri-Score, addio senza rimpianti

L’etichetta a semaforo Nutri-Score, seppellita da comprensibili critiche, si appresta a essere eliminata definitivamente. E va bene così.

Già dal 2022 l’etichetta a semaforo Nutri-Score, ideata dal francese Serge Hercberg, avrebbe dovuto accompagnare nell’Unione europea i prodotti alimentari per suggerire al consumatore cosa acquistare e come nutrirsi. Seppellita dalle critiche, l’etichetta a semaforo è rimasta nel limbo delle proposte e ora si appresta a essere eliminata definitivamente. Si aspetta solo che Bruxelles ne formalizzi la cancellazione. Bene così. Perché se il proposito di aiutare il consumatore a fare scelte salutari aveva raccolto un unanime plauso, il modello scelto sembrava andare nella direzione opposta. Vediamo perché.

Innegabile l’efficacia e l’immediatezza di abbinare alle caratteristiche nutrizionali degli alimenti colori dal verde al rosso, insieme alle cinque lettere dell’alfabeto, A-B-C-D-E. Verde per qualificare come “buono” un alimento, rosso per catalogarlo come “cattivo”. I nutrienti presi in esame e da limitare sono energia, grassi saturi, zuccheri e sale. Idea accettabile nel caso di un ipotetico piatto unico, ma inapplicabile nella quotidianità di una dieta variata ed equilibrata nei suoi diversi e innumerevoli componenti. Con il rischio di mettere un bollino rosso al prosciutto (troppo sale) e verde a una merendina iperprocessata e con edulcoranti (zero zucchero). O catalogare fra i “cattivi” una carne con il giusto grado di marezzatura e promuovere fra i “buoni” la sua brutta copia a base vegetale.

Educare il consumatore o orientarne le scelte?

Molti gli esempi delle stravaganze alimentari attribuibili al Nutri-Score, che ha avuto una tiepida accoglienza persino nel suo paese di origine, la Francia, e dai pochi paesi che l’hanno adottata. L’Italia ne ha subito stigmatizzato le manchevolezze e messo in luce i punti critici. Più che educare il consumatore, il Nutri-Score sembra volerne orientare le scelte, privilegiando prodotti che escono dalle “fabbriche” di cibo e slegati dai territori che li propongono. Un cibo “universale”, realizzabile ovunque, sul quale il verde del Nutri-Score potrebbe ammiccare a un consumatore inconsapevole e impreparato. Etichetta ideale per la carne artificiale fabbricata in laboratorio, come per altri alimenti iperprocessati.

Per superare i limiti del Nutri-Score l’Italia aveva proposto un’etichetta innovativa, capace di coniugare fra loro i diversi ingredienti della dieta. Il nome, NutrInform Battery, che si potrebbe tradurre con etichetta a batteria, ne anticipa la finalità, quella di offrire al consumatore gli elementi necessari per una dieta equilibrata, lasciando libera scelta degli ingredienti che la devono comporre, senza condizionamenti. Stando alle prime indiscrezioni, nessuna delle proposte di etichettatura nutrizionale sin qui fatte verrà adottata dal legislatore europeo e imposta ai paesi dell’Unione.

Il plauso di chi tutela il “made in Italy” agroalimentare

Accantonare il progetto del Nutri-Score ha raccolto il plauso di quanti hanno a cuore gli interessi del “made in Italy” agroalimentare.  Le conseguenze negative che questo sistema di etichettatura avrebbe comportato erano palesi. Come era evidente il possibile danno a un settore economico che sta macinando risultati importanti per l’intera economia nazionale. Risultati certificati da Istat e che pongono l’agricoltura italiana ai primi posti per crescita fra i paesi dell’Unione europea.

Il 2024 si è chiuso con il primato dell’Italia per il valore aggiunto realizzato dal comparto agricolo, pari a 42 miliardi euro. Volumi di produzione in crescita per tutti i settori e in particolare nelle coltivazioni (+1,5%) e nella zootecnia (+ 0,6%). Dall’agroalimentare arriva così un inaspettato sostegno alla crescita dell’economia nazionale, con un aumento del PIL (prodotto interno lordo) dello 0,7%. Risultato che sarebbe stato inferiore senza la crescita del 2% del valore aggiunto del comparto agroalimentare. Risultati che l’adozione obbligatoria del Nutri-Score avrebbe forse potuto compromettere.

Giornalista professionista, laureato in medicina veterinaria, già direttore responsabile di riviste dedicate alla zootecnia e redattore capo di periodici del settore agricolo, ha ricoperto incarichi di coordinamento in imprese editoriali. Autore di libri sull'allevamento degli animali, è impegnato nella divulgazione di temi tecnici, politici ed economici di interesse per il settore zootecnico.