Nei mangimi ci sono integratori di vitamina B12?
Negli scorsi giorni alcune persone hanno riempito la nostra pagina facebook di commenti a una foto in cui facevamo presente che la vitamina B12, relativamente rara e non presente nei vegetali, è invece contenuta in quantità notevoli nella carne ed è benefica per l’equilibrio nervoso e quindi per l’umore, nonché essenziale per il funzionamento delle cellule del sistema emopoietico.
La vitamina B12, o cobalamina, può essere sintetizzata in natura solo da batteri, funghi e alghe. È presente in tutti gli alimenti di origine animale proprio grazie all’apporto derivante dalle sintesi batteriche. La fonte più ricca al mondo di questa vitamina è il fegato, in particolare quello bovino, seguito dai molluschi.
In pochi giorni sono arrivati centinaia di commenti, molti dei quali da persone che si oppongono al consumo di carne e che, oltre alle solite accuse di stampo veg-animalista, hanno aggiunto una nuova bizzarra teoria: non è vero che la carne contiene vitamina B12; questa viene aggiunta sotto forma di integratori nei mangimi destinati agli animali da allevamento, quindi tanto vale che li si prenda direttamente noi esseri umani (come è appunto costretto a fare chi segue una dieta vegana).
Siccome uno dei principali obiettivi del Progetto Carni Sostenibili è la trasparenza, siamo andati a verificare. Per dare un’informazione completa e per rispetto nei confronti di quelle persone che, invece di popolare la nostra pagina di insulti e sterili polemiche, cerca qualche chiarimento. Per ottenerli, abbiamo scomodato diversi esperti. Uno su tutti, Carlo Sgoifo Rossi, professore presso il Dipartimento di Scienze Veterinarie per la Salute, la Produzione Animale e la Sicurezza Alimentare dell’Università di Milano.
La risposta al nostro quesito è stata chiara: per i ruminanti (poligastrici – bovino, ovino, caprino, bufalino) non c’è assolutamente bisogno di integrare i mangimi con vitamina B12 e con tutte le altre vitamine del gruppo B, dato che il loro sistema digestivo ne permette lo sviluppo nel rumine (uno dei prestomaci di questi animali) in grandi quantità. Non è vero quindi che l’alto tenore di vitamina B12 nella carne è dovuta all’integrazione di questa nei mangimi, anche perché andrebbe distrutta a livello ruminale (se non viene rumino-protetta, processo molto costoso) dalla stessa popolazione batterica che la sintetizza, risultando pertanto un intervento inutile e assurdo. Oltre all’importante attività di sintesi microbica ruminale e pertanto di produzione endogena di vitamina B12, i ruminanti arricchiscono i propri tessuti di tale importante vitamina grazie al consumo di foraggi (ad esempio gli insilati, ma anche fieni ed erba) ricchi di microrganismi e quindi di vitamina B12 che, come sottolineato, solo loro sintetizzano.
Per i monogastrici (suini, avicoli), uomo incluso, la situazione è invece diversa: si ha una piccola sintesi di vitamina B12, ma solo a livello intestinale, proprio dai microorganismi, batteri in primis, che normalmente albergano in quella sede. Tale quota non può però essere assorbita come succede ai bovini e agli altri ruminanti, in quanto il suo assorbimento dipende dal legame con una glicoproteina, chiamata fattore intrinseco, prodotta a livello dello stomaco e pertanto in una sede che precede quella intestinale, condizione che impedisce che si realizzi il legame necessario ai fini del suo assorbimento.
Al contrario dell’uomo, suini e avicoli sono comunque caratterizzati da un contenuto di vitamina B12 “naturale”, cioè non apportata attraverso integrazione, in quanto la loro alimentazione presenta ovviamente una presenza di microbi “buoni” estremamente superiore a quella che caratterizza non solo i cibi per l’uomo, ma anche l’ambiente in cui il cibo stesso viene consumato. La presenza di vitamina B12 in tali microrganismi passando per lo stomaco di suini e avicoli può essere pertanto legata dalla glicoproteina “fattore intrinseco”, permettendone un efficace assorbimento.
Anche i centri di ricerca più autorevoli, come ad esempio il National Research Council (NRC – USA), che dal 1916 fornisce raccomandazioni sui fabbisogni degli animali da allevamento, evidenziano chiaramente come non sia necessario integrare la dieta dei bovini con vitamine del bruppo B, B12 inclusa, vista l’eccellente sintesi che si verifica a livello ruminale. L’NRC indica i quantitativi necessari di ogni singolo nutriente dalle proteine fino al più specifico micronutriente, escludendo, per i ruminanti, le vitamine del gruppo B.
È però doveroso sottolineare che se si consultano i cartellini dei mangimi utilizzati in Italia si può comunque trovare una “spolverata” di vitamina B12 e di altre due (su 17) vitamine del gruppo B: la Tiamina (B1) e la Riboflavina (B6). Tale situazione tipicamente italiana evidenzia l’attenzione che nel nostro Paese viene riposta nei confronti del benessere animale, attenzione che ha pochi eguali al mondo. Solo nel nostro Paese si pensa infatti alle “minoranze”, un approccio difficile da riscontrarsi persino tra l’uomo e attuato invece nei confronti degli animali, che parte del presupposto che una minoranza di essi possa risentire di problemi digestivi o intestinali dovuti ai cambiamenti di regime alimentare o al semplice fatto che, al fine di garantire una delle più importanti tra le 5 libertà alla base del benessere animale, si lasciano a disposizione sia cibo che acqua a volontà. In tali situazioni, comunque marginali e sporadiche, la disponibilità di vitamina B12 potrebbe essere non ottimale e in Italia si pensa persino a prevenire tali eccezioni.
Riassumendo, non è vero che viene data integrazione di vitamina B12 ai ruminanti, perché questi la sintetizzano per conto loro. E agli animali che viene data (in piccolissime dosi e solo in alcuni casi), è fornita per tutelarne il benessere, non per modificarne le caratteristiche nutrizionali delle carni. Del resto, e come specificato, anche i suini e gli avicoli mostrano un livello importante di vitamina B12 nei tessuti, in quanto la prendono dall’ambiente in cui vivono, oltre che dalla carica batterica “buona” già presente nei mangimi e assunta dagli stessi animali.
Redazione Carni Sostenibili