Negli allevamenti si fa uso di antibiotici e ormoni?
Se c’è una cosa che ci siamo purtroppo abituati a sentire ripetere, è che la carne sulle nostre tavole è “piena di ormoni e di antibiotici”. Ma è veramente così? No. L’impiego di antibiotici negli allevamenti è subordinato al rispetto di regole ben precise, mentre quella di ormoni della crescita è vietata in tutta Europa da ben 35 anni!
Ma andiamo con ordine, iniziamo dagli antibiotici. Questi non vengono mai dati a priori agli animali, come piace ripetere a qualcuno (che evidentemente non sa come funziona un allevamento), ma possono essere utilizzati esclusivamente se autorizzati dalle Autorità Sanitarie. Le autorizzazioni sono concesse soltanto a quelle sostanze di cui è dimostrata l’efficacia, la sicurezza di uso per gli animali e di cui si conoscono le caratteristiche metaboliche (in pratica in quanto tempo vengono “smaltite” dall’organismo animale).
Esiste una lista positiva di specialità medicinali contenenti antibiotici e possono essere impiegate soltanto se esiste una prescrizione da parte di un veterinario che deve avere visitato e diagnosticato la malattia. L’impiego deve essere limitato nel tempo e comunque gli animali possono essere macellati soltanto dopo che i farmaci siano completamente smaltiti o quantomeno i residui siano a concentrazioni del tutto innocue per la salute umana.
Esistono piani di campionamento annuali delle carni per verificare l’assenza di residui pericolosi. I risultati di questi controlli dimostrano che i campioni di carne irregolari sono nettamente inferiori all’1%. Sul piano pratico, quindi, le carni non contengono residui di antibiotici e informazioni come quella per cui mangiando la carne assumiamo un tot grammi di antibiotici ogni anno deve essere considerata falsa.
Negli allevamenti italiani ed europei la somministrazione di ormoni ad animali le cui carni o prodotti siano destinati al consumo umano sono strettamente limitati ad alcuni trattamenti terapeutici e zootecnici, già dal lontano 1981. Qualsiasi altra somministrazione, come quella volta a stimolare la crescita, è assolutamente vietata – cosa che in paesi come Usa e Canada è invece tuttora consentita, tanto da portare l’Ue a vietare (dal 1988) l’importazione da Oltreoceano di carni bovine trattate con determinati ormoni della crescita.
Ogni Paese dell’Unione europea, oltre al rispetto delle regole comunitarie, attua un Piano nazionale per la sorveglianza e il monitoraggio di eventuali residui di sostanze chimiche illecite negli alimenti di origine animale. L’impiego di antibiotici nel settore veterinario, limitato appunto alla terapia e alla profilassi di alcune malattie infettive degli animali, è vietato anche come promozione della crescita, cosa che poteva invece avvenire prima del 2006.
I controlli delle Autorità Competenti nell’anno 2012 hanno evidenziato su oltre 6700 analisi effettuate su prodotti avicoli, solo 5 casi in cui non era stata rispettata appieno la norma sull’uso dei farmaci. Analoghi risultati sono riscontrabili anche dal Piano dell’anno 2011, a testimonianza di un sistema consolidato ed efficiente.
L’antibiotico-resistenza (cioè la comparsa di batteri che abbiamo sviluppato resistenza ad alcuni antibiotici) è un tema molto serio ed importante, in cui tutti i soggetti coinvolti devono fare la propria parte. L’approccio a questa tematica deve infatti riguardare la zootecnia, ma soprattutto l’uso non idoneo di antibiotici in medicina umana, dall’uso domestico a quello che si fa nei nosocomi.
Anche il settore avicolo nazionale, ad esempio, presta grande attenzione a questo problema e lo sta approcciando con senso di responsabilità ed impegni concreti. Infatti i dati sul consumo di antibiotico in avicoltura dal 2011 al 2013 hanno registrato un calo di circa il 10%. Inoltre il settore ha deciso di compiere un altro importante passo, elaborando volontariamente un Piano Nazionale di razionalizzazione dell’uso del farmaco in avicoltura, con la collaborazione della Società Italiana di Patologia Aviaria e la supervisione del Ministero della Salute, che permetterà di conseguire ulteriori ambiziosi progressi.