Mangimistica e alimentazione umana: esiste competizione?
Uno degli argomenti più sfruttati da chi si oppone al consumo di carne è che la produzione di mangimi destinati agli allevamenti sottrae cibo destinato all’alimentazione umana. Ma è veramente così? Il mangime destinato agli animali da allevamento è composto prevalentemente da una miscela che include soprattutto cereali (mais, grano, orzo), legumi (come la soia), vitamine ed oligoelementi secondo una dieta che viene stabilita sulla base delle necessità legate alla tipologia di allevamento ed alla sua specializzazione produttiva.
In Italia esistono allevamenti che autoproducono gli alimenti zootecnici e fanno parte di filiere integrate. Questa pratica, che rappresenta un indiscutibile punto di forza per l’allevamento, viene applicata soprattutto nel caso del bovino e consente l’adattamento della produzione agricola alle strategie nutrizionali specifiche adottate dall’allevamento, una forte capacità di controllo e l’applicazione in loco di buone pratiche agricole, comprensive delle tecniche di “Precision farming”, in grado di incidere in modo sostanziale sulla sostenibilità complessiva della produzione agricola.
Nel caso delle produzioni zootecniche suine ed avicole, la correlazione fra autoproduzione di materie prime e produzione zootecnica è meno stretta. In questi casi si sviluppano filiere integrate che comprendono allevamenti e mangimifici, in grado di specializzare la produzione mangimistica alla tipologia specifica di produzione zootecnica. Rispetto alla libera commercializzazione fra produttore ed utilizzatore di mangimi, la filiera integrata consente una maggior costanza qualitativa della produzione e soprattutto una maggior capacità di controllo, sia in merito ad aspetti di sicurezza alimentare, sia di sostenibilità.
In genere le materie prime vegetali destinate alla trasformazione mangimistica vengono acquistate su mercati nazionali ed esteri. A seconda della tipologia di materia prima agricola, il grado di autosufficienza della produzione nazionale è variabile.
Nel caso della soia, ad esempio, l’Italia non può essere autosufficiente e deve necessariamente attingere da territori maggiormente vocati, come alcune aree del continente sudamericano. In tali casi la normativa comunitaria prevede un articolato sistema di regole riguardanti la sicurezza sanitaria e rintracciabilità lungo tutta la catena alimentare. Si deve infatti ricordare che, dal punto di vista della sicurezza, i mangimi sono equiparati agli alimenti per l’uomo e sono collocati all’interno delle stesse norme previste in questo settore.
Nonostante nel contesto del commercio internazionale sia più complesso attivare progetti di miglioramento della sostenibilità, è importante precisare che, anche nel caso dei mercati globalizzati delle commodity agricole, sono disponibili circuiti volontari di controllo e certificazione di produzione sostenibile. Un esempio in tal senso è proprio rappresentato dai sistemi di produzione e certificazione di soia sostenibile, il più importante dei quali è rappresentato dalla Round Table on Responsible Soy (RTRS).
Proprio allo scopo di ridurre la dipendenza da produzioni vegetali da altri continenti, l’Unione europea promuove e sostiene l’utilizzo di scarti e sottoprodotti derivanti da filiere agroalimentari per le produzioni zootecniche secondo i principi dell’economia circolare. Su questo tema sono infatti attivi numerosi percorsi di ricerca volti ad allargare le tecnologie e il portafoglio di alimenti zootecnici ottenuti da scarti alimentari, idonei per la produzione di mangimi.
La dieta degli animali infatti è sempre stata completata da scarti o sottoprodotti delle varie fasi di trasformazione industriale dei prodotti alimentari, come ad esempio la frutta e i vegetali non utilizzabili per la vendita, i sottoprodotti della macinazione dei cereali, la pasta e i prodotti da forno non conformi, i residui dell’industria del latte, della birra, del pomodoro, ecc.
Il vantaggio ambientale nell’utilizzo di questi materiali è duplice: si riduce la dipendenza dall’estero delle materie prime per mangimi, si risparmia superficie agricola adibita alla coltivazione dei mangimi a vantaggio della produzione per l’alimentazione umana e si evita il problema dello smaltimento dei rifiuti; inoltre l’utilizzo di residui di cibo da destinare al bestiame è infatti un efficiente sistema di trasformazione di un “rifiuto” per l’uomo in alimenti per il bestiame allevato.
Redazione Carni Sostenibili