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Mangimi animali: la paura degli Ogm non ha senso

Si parla molto di OGM, usandoli spesso per attaccare il settore zootecnico. Ma se ne sa poco. Almeno in Italia, dove si tratta questo tema in modo spesso irrazionale. Vediamo di chiarire un paio di aspetti con l’aiuto di Gloria Luzzani, del Dipartimento di Scienze e tecnologie alimentari per una filiera agro-alimentare sostenibile dell’Università Cattolica.

Il termine organismo geneticamente modificato (OGM) si riferisce ad un organismo che è stato modificato geneticamente mediante tecniche di DNA ricombinante (r-DNA). Queste tecniche, scoperte per la prima volta negli anni ’70, comportano una delezione o l’inserimento del DNA, di solito da un altro organismo.

Dalla prima introduzione, due decenni fa, nel commercio su larga scala delle colture geneticamente modificate (GM) si è registrato un costante aumento dell’adozione delle stesse nell’agricoltura mondiale. Si pensi solo che, nel 2015, l’area globale coltivata a queste colture ammontava a 180 milioni di ettari; i Paesi che coltivano più di un milione di ettari ciascuno sono situati nel Nord, Centro e Sud America, in Cina, nel subcontinente indiano e in Sudafrica.

La gran parte di queste colture è dedicata alla produzione di soia, mais, cotone e canola. Come noto, alcune delle colture GM hanno applicazione alimentare, ed altre trovano utilizzo nel mercato mangimistico, a completamento delle fonti di proteine introdotte con la dieta. Spesso tali proteine vengono trattenute dopo l’estrazione di oli vegetali da semi oleosi come quelli della soia, di colza e di cotone, o amido di mais.

In Europa la regolamentazione relativa alla coltivazione e alla commercializzazione delle colture GM è piuttosto rigida e conservativa. Condividi il Tweet

In Europa la regolamentazione relativa alla coltivazione e alla commercializzazione delle colture GM è piuttosto rigida e conservativa: ai singoli Stati è stata delegata la decisione sull’autorizzazione alla coltivazione, mentre la commercializzazione in UE viene volta per volta autorizzata. L’autorizzazione è sotto l’egida dell’EFSA, che riporta nel suo sito web di aver effettuato 68 valutazioni a partire dall’agosto 2016 relative all’importazione e alla trasformazione di OGM perlopiù in mangimi.

Nell’UE la maggior parte degli OGM presenti in commercio sono contenuti nei mangimi, ma spesso anche gli alimenti importati possono contenere GM (quando il loro quantitativo supera lo 0,9% del peso totale dell’alimento, l’informazione sulla loro presenza sono obbligatoriamente riportate in etichetta). Per maggiori informazioni riguardo i motivi relativi all’adozione di queste colture si rimanda all’articolo “OGM, sì o no?”, che ben presenta il dibattito (ancora irrisolto) scientifico in materia.

La scienza ancora discute sui rischi e i benefici dell’utilizzo di tali organismi in agricoltura e nei mangimi. L’ingegneria genetica oggi può modificare il genoma di piante e animali al fine di renderli più resistenti a siccità o parassiti, al contempo è possibile rendere la coltura più ricca in nutrienti, enzimi o vitamine specifici. D’altra parte il genere umano, come anche il bestiame, è da sempre esposto ad organismi modificati: la differenza è che questo, prima, non avveniva anche in laboratorio, bensì in natura, dove una mutazione può favorire o meno il proseguimento di una specie.

L'ingegneria genetica oggi può modificare il genoma di piante e animali al fine di renderli più resistenti a siccità o parassiti. Condividi il Tweet

La sicurezza alimentare delle colture GM per il bestiame si basa principalmente sull’equivalenza della composizione con cultivar morfologicamente e fisiologicamente omogenee già esistenti e con sperimentazioni nei roditori. Tuttavia, gli studi sull’alimentazione negli animali bersaglio forniscono ulteriori informazioni sulla valutazione della sicurezza delle colture GM rispetto alla salute degli animali.

Una recente revisione a riguardo evidenzia differenze significative su alcuni parametri di riferimento per la salute del bestiame alimentato con mais GM. Malgrado ciò non sono emerse delle fondate spiegazioni biologiche a dimostrazione di tali differenze, spesso all’assunzione di tali mangimi è stata correlata una diversa composizione dei parametri legati alla risposta immunitaria, ma non vi è alcuna evidenza che ne spieghi il rapporto di causalità.

La review conclude che non vi è alcuna chiara evidenza sugli effetti negativi sulla salute degli animali dei mangimi composti da colture GM di prima generazione. Un’altra review, pubblicata nel 2018 su Food and Chemical Toxicology, sottolinea che non sono stati segnalati casi di reazioni allergiche o effetti immunotossici in animali alimentati con mangimi anche GM rispetto ad animali non GM, conferma che il contributo delle colture modificate non prevede squilibri nutrizionali nelle diete animali e che nessun indicatore di salute animale è stato identificato come associato a regimi di alimentazione basati su colture geneticamente modificate.

Come ricercatrice presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, è coordinatrice tecnico e funzionale di progetti sulla sostenibilità alimentare e la loro attuazione lungo l'intera filiera alimentare. Prima di proseguire i suoi studi di specializzazione in gestione del sistema agroalimentare presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, si è laureata in Dietistica all'Università degli Studi di Milano e ha lavorato come nutrizionista. È coinvolta in progetti volti a promuovere un'adeguata istruzione, apprendimento e comunicazione su temi della sostenibilità nella catena alimentare.