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L’inadeguatezza nutrizionale della dieta vegana

Nuova revisione sistematica sulle diete vegane, stessi risultati: seguire una dieta vegana può causare carenze che non dovrebbero essere ignorate. Ce ne parla il dottor Avoledo.

Mi capita continuamente di discutere sui vari social di dieta vegana. Mi trovo in genere a dibattere con commentatori che hanno abbracciato questa scelta alimentare e vogliono convincere il prossimo che si tratta di un modello perfettamente equilibrato sotto il profilo nutrizionale, quando non addirittura preferibile alla comune alimentazione onnivora.

Non c’è niente di male nel voler difendere le proprie idee e nemmeno nel promuoverle, naturalmente. Quelle che non possono essere accettate sono le affermazioni infondate e irresponsabili, che vengono veicolate persino da alcuni medici e nutrizionisti vegani, che enfatizzano i benefici e minimizzano i rischi delle diete plant based.

Se si vuole fare corretta informazione sulla salute e non invece propaganda ideologica, giova allora ricordare che il complesso delle evidenze scientifiche mette in guardia dall’adozione di diete completamente prive di carne, pesce, uova e degli altri derivati animali.

Il motivo è semplice: le diete 100% vegetali non sono in grado di soddisfare il fabbisogno di nutrienti vitali dell’uomo. Ancora meno lo sono in fasi della vita in cui tale fabbisogno aumenta: infanzia, adolescenza, gravidanza, allattamento, senescenza. Per non menzionare quando ci si trovasse in condizioni patologiche, in molte delle quali su qualità e quantità di nutrienti non ci si può permettere il lusso di essere approssimativi.

Inadeguatezza delle diete vegane

Tra le più recenti ricerche condotte sull’adeguatezza nutrizionale della dieta vegana c’è una revisione sistematica del 2021 pubblicata sulla rivista scientifica Clinical Nutrition. Le revisioni sistematiche sono tipologie di studi tra le più importanti e affidabili in assoluto, perché valutano e riassumono altri studi precedentemente condotti sullo stesso argomento, pervenendo a un’accurata sintesi delle migliori prove disponibili. Non è un caso che le istituzioni sanitarie emanino le proprie linee guida per la popolazione e gli operatori proprio dalle conclusioni delle revisioni sistematiche. Insomma, non tutti gli studi scientifici sono dello stesso valore e le revisioni sistematiche sono tra quelli con il valore più elevato.

Ebbene, questa systematic review è andata a studiare l’adeguatezza delle diete vegane nelle popolazioni europee e l’idoneità degli apporti di macronutrienti e micronutrienti che caratterizzano i modelli nutrizionali privi di prodotti e sottoprodotti animali rispetto alle raccomandazioni dell’OMS, l’Organizzazione mondiale della sanità.

In sintesi, i ricercatori hanno verificato che le diete vegane:

– sono inferiori nell’assunzione di proteine rispetto a tutti gli altri tipi di dieta;

– sono associate a bassi apporti di vitamine B2, B3 e B12 e vitamina D;

– sono associate a ridotta assunzione, tra i minerali, di iodio, zinco, potassio e selenio. Per quel che riguarda il calcio, la sua assunzione nella maggior parte dei vegani è inferiore alle raccomandazioni;

– i vegani hanno assunzioni di sodio che superano i valori dietetici di riferimento;

– non sono state osservate differenze significative nell’assunzione di grassi. Questo è un dato particolarmente interessante, visto che spesso si crede che le diete prive di carne e altre proteine animali siano anche a ridotto contenuto di grassi;

– la mortalità tra i vegani non sembra differire da quella degli individui che seguono altre diete.

I ricercatori concludono che seguire una dieta vegana può causare carenze che non dovrebbero essere ignorate. Le persone che consumano una dieta vegana dovrebbero essere consapevoli dei rischi di potenziali carenze dietetiche.

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Biologo, specialista in Scienza dell'Alimentazione, dottore magistrale in Scienze della Nutrizione Umana, dottore magistrale in Scienze Naturali, Master universitario in Naturopatia, svolge la professione di nutrizionista presso La Clinica del Cibo di Milano. Le affianca un'intensa attività di divulgazione sui temi dell'alimentazione e della salute naturale su TV, radio, giornali e siti web. È inoltre docente di corsi di formazione per medici, nutrizionisti e altro personale sanitario e consulente di aziende produttrici di integratori alimentari e nutraceutici. È membro dell'Unità Operativa sul Microbiota (Human Microbiome Unit) della SIBS (Società Italiana di Biologia Sperimentale). Ulteriori informazioni qui