L’eccesso di sale e non la carne uccide più del fumo
Dopo la brutta figura fatta a livello globale con la pubblicazione del rapporto sulla “dieta universale” della Commissione EAT-Lancet, lo stesso Lancet pubblica uno studio che demolisce definitivamente la fake news secondo cui il consumo di carne, soprattutto trasformata, sarebbe la principale causa della premorienza legata all’alimentazione.
Non hanno sortito l’effetto desiderato i dossier della Commissione EAT-Lancet tendenti a criminalizzare il consumo di carne e latte, pubblicati recentemente e presentati con grancassa mediatica e senza risparmio. Il primo (Healthy Diets from Sustainable Food Systems) ha riguardato gli impatti ambientali del cibo, con la conseguente formulazione della cosiddetta “dieta universale” che prevede per “salvare il pianeta” la quasi totale eliminazione della carne (7 g persona al giorno, come a dire, un nugget di pollo alla settimana!) e l’altro sull’obesità e i cambiamenti climatici (The Global Syndemic of Obesity, Undernutrition and Climate Change) che pone il consumo di carne alla pari con quello di tabacco per il rischio di mortalità.
Non solo i media nostrani hanno dedicato uno spazio limitato alla notizia, ma in occasione della presentazione del primo report all’Organizzazione Mondiale della Sanità presso il Palazzo delle Nazioni di Ginevra lo scorso 28 marzo, la Rappresentanza Permanente presso le Organizzazioni Internazionali ONU a Ginevra del nostro Ministero degli Esteri, ha preso fermamente posizione sulla possibile presenza dell’OMS a supporto dell’evento. E lo ha fatto mettendo in guardia sui rischi per la salute, la biodiversità e l’occupazione nascosti dietro la “dieta universale” propinata dalla stessa commissione EAT-Lancet.
Tanto da illustrare, in un comunicato molto esplicito, le motivazioni per cui “l’OMS non dovrebbe essere coinvolta in questa iniziativa” perché “è difficile valutare le conseguenze sulla salute pubblica ma è stato già sottolineato da molti come il regime alimentare suggerito dalla Commissione sarebbe fortemente deficitario dal punto di vista nutrizionale e, pertanto, potenzialmente dannoso, nel lungo periodo, per la salute umana. Appaiono invece chiare le conseguenze di una simile “transizione” dal punto di vista economico: la “rivoluzione” del sistema alimentare auspicata dalla Commissione EAT-Lancet condurrebbe ad una fase di depressione economica, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo”.
Riguardo il secondo report, basta sottolineare come gli autori raccomandino la forte tassazione la carne per disincentivarne i consumi, alla stregua delle sigarette, il bando delle rappresentanze degli allevatori e trasformatori dai tavoli politici in cui si parli di questo argomento (sic!). A rimettere in equilibrio il dibattito ci ha pensato, fortunatamente, la stessa rivista The Lancet con la pubblicazione di un articolo (on line dal 3 aprile) che tratta i rischi legati alla dieta in termini di mortalità e aspettativa di vita corretta per la disabilità (DALY, disability-adjusted life-year), valutati in 195 Paesi nel periodo dal 1990 al 2017.
La cattiva alimentazione, in termini sia di eccesso o difetto di alcuni componenti rispetto agli standard nutrizionali consigliati, è associata a una varietà di malattie croniche a può rappresentare il maggior contributo alla mortalità dovuta a malattie non trasmissibili in tutto il mondo. Degli 11 milioni di morti e dei 225 milioni di DAILY annuali attribuiti alla cattiva alimentazione, di cui oltre il 40% riguardante persone sotto i 70 anni, la metà per i primi e circa i 2/3 per i secondi sono attribuiti all’eccesso nel consumo di sale. Nella classifica seguono in ordine i bassi consumi di cereali integrali, di frutta, di noci e semi e di verdura. Sorprendentemente, l’eccessivo consumo di carne trasformata e di carne rossa impatta marginalmente (meno dell’1%) su mortalità e DAILY, mentre il basso consumo di latte mostra un effetto, sempre piccolo ma significativamente positivo, su questi parametri. In conclusione, lo studio demolisce definitivamente la fake news secondo cui il consumo di carne, soprattutto trasformata, sarebbe la principale causa della premorienza legata all’alimentazione, e conforta circa i benefici insiti nel consumo di latte e latticini.
Fonte: La Nuova Sardegna