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Le tattiche attiviste per il discredito degli scienziati

Il mondo mediatico animalista, lautamente finanziato dall’industria vegan e dagli “altruisti efficaci” della Silicon Valley, accusa gli scienziati sottoscrittori della Dichiarazione di Dublino di avere legami con l’industria della carne. Vediamo come stanno le cose.

In seguito ai numerosi tentativi degli attivisti di screditare la credibilità di esperti affermati nel campo della produzione animale, illustri scienziati si sono uniti nella stesura di un articolo di opinione, in segno di protesta contro questa campagna diffamatoria. Il documento, a firma di autorevoli scienziati di fama internazionale come Frédéric Leroy, Frank Mitloehner, Alice Stanton, Giuseppe Pulina, Antonella Dalle Zotte, Andrea Rosati, Pablo Manzano, Peer Ederer e molti altri, si propone di raccontare nei dettagli quanto subito da parte delle organizzazioni attiviste animaliste. Queste infatti, stanno cercando con tutti i mezzi (inclusi gli importanti budget che hanno a disposizione) di minare il grande lavoro di ricerca e di comunicazione scientifica sugli alimenti di origine animale e l’allevamento. Almeno tutte quelle che non si allineano ai loro interessi, anche ideologici, tentando di farle passare come inaffidabili e influenzate dall’industria. Il loro scopo è mettere a tacere la scienza considerata per loro “scomoda”, come dimostrato dalle loro recenti prese di posizione contro la Dichiarazione di Dublino, già sottoscritta da quasi 1200 scienziati di tutto il mondo.

Gli autori di questo opinion paper sono anche tra i firmatari della Dichiarazione di Dublino. Per questo hanno sentito la necessità di fare chiarezza e difendere la loro posizione di scienziati e ricercatori in questo settore, troppo spesso preso di mira da accuse infondate. Nell’articolo, gli accademici ribadiscono l’assoluta necessità di riforme sostanziali nel sistema alimentare, attraverso l’adozione di sistemi di produzione più ecocompatibili, passando da una dieta dominata da cibi pronti ultra-trasformati a modelli dietetici più sani. È fondamentale riconoscere che la distinzione tra cibi animali e cibi vegetali crea una falsa dicotomia, come se l’uno escludesse l’altro, mentre in realtà ogni dieta salutare deve prevedere l’integrazione di entrambi.

Per varie ragioni, economiche e ideologiche, diverse campagne ben finanziate ed organizzate accusano l’allevamento animale di ogni possibile colpa o misfatto. Ma la scienza, quella vera, non ci sta. La reazione a questa presa di posizione del mondo scientifico di una fervente minoranza attivista è stata scontata e banale: cercare di screditare questi studiosi, accusandoli, anche con modi aggressivi, di corruzione e di avere interessi nel settore zootecnico.

Se ci sentiamo obbligati ad impegnarci in questo dibattito e a correre il rischio di essere esposti all’ostilità e all’intimidazione, è a causa delle nostre responsabilità accademiche e civiche nel contrastare scientificamente il radicalismo ideologico che potrebbe causare danni irreparabili quando messo in atto”, si legge nell’opinion paper: “Per essere chiari: i promotori della Dichiarazione di Dublino non traggono alcun vantaggio finanziario dai loro sforzi. Può essere letto un potenziale conflitto di interesse, in quanto vi è un coinvolgimento attivo di alcune parti interessate nel settore della produzione animale, come molti, se non la maggior parte, degli scienziati nell’elenco dei firmatari. Per alcuni, ciò può comportare anche il finanziamento dichiarato della ricerca. Tutto ciò non solo è ragionevole, ma anche essenziale, in quanto è normale per gli accademici offrire le loro competenze e intuizioni all’interno della loro area di specializzazione”.

Il precedente: la campagna diffamatoria contro Frank Mitloehner

Vengono quindi descritte nell’articolo quattro recenti campagne di diffamazione a loro danno, nelle quali emergono chiaramente le cattive intenzioni e i pregiudizi degli attivisti. Clamoroso è stato, ad esempio, il tentativo di screditare Frank Mitloehner, professore presso il Dipartimento di Scienze Animali dell’Università della California, Davis, dove ci si specializza in settori come la qualità dell’aria, e l’allevamento del bestiame, e ampiamente riconosciuto per il suo influente ruolo di comunicatore scientifico. In particolare, il Professor Mitloehner sostiene un cambiamento nell’allevamento per ridurre le emissioni di metano, ricordando che i sistemi di produzione animale possono essere parte della soluzione al cambiamento climatico. Questa prospettiva però non è ben accolta all’interno dei circoli attivisti e i soddisfacenti risultati del suo lavoro hanno destato preoccupazione in coloro che hanno investito in programmi anti-bestiame.

Prende avvio così una campagna giornalistica per far passare Mitloehner come uno scienziato “di parte”, sostenendo che le sue attività scientifiche sono influenzate dai finanziamenti del settore zootecnico. Tutto questo in un pezzo accusatorio con un’intervista a Matthew Hayek della New York University, che riceve finanziamenti per la ricerca dal CEAP, Center for Environmental and Animal Protection, un hub per l’attivismo animale. Il Centro infatti disapprova l’allevamento del bestiame e suggerisce di prendere in considerazione interventi politici duri, come la tassazione e il divieto del consumo degli alimenti di origine animale.

L’articolo è stato pubblicato su Sentient Media, una piattaforma per i giornalisti impegnati per i diritti degli animali, che si autodefinisce come “un’organizzazione no-profit che sta cambiando la conversazione sull’allevamento animale in tutto il mondo”. Questa ha tra i suoi contributori delle persone notoriamente coinvolte col mondo vegano animalista, come Karen Asp (‘mentore vegano’ di PETA), Marina Bolotnikova (di ‘factory farming’ di The Guardian), Nicholas Carter (co-fondatore di PlantBasedData), Laura Driscoll (collaboratore di Greenpeace), Lillie Gardner (Compassionate Action for Animals), Sophie Kevany (collaboratore di Guardian e The Irish Times), Lex Rigby (Viva!), Spencer Roberts e Jeff Sebo, membro del comitato esecutivo del CEAP.

La risposta di Mitloehner alle accuse è stata chiara: “Gli scienziati delle produzioni animali lavorano con l’allevamento animale. Questo è tutto. Questa è la cospirazione che così tanti attivisti e giornalisti vogliono farvi sapere. Sono trasparente sulla mia collaborazione con l’industria dell’allevamento. Il mio laboratorio di ricerca riceve sovvenzioni per condurre ricerche per il settore agricolo, così come il settore pubblico, e il mio lavoro come professore è quello di collaborare con i membri del settore per migliorare le prestazioni ambientali del cibo che producono. È scritto nella descrizione del mio lavoro”.

Anche la FAO sotto attacco animalista

Anche la FAO, l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura delle Nazioni Unite, è passata da essere una delle preferite degli attivisti per i diritti degli animali ad essere giudicata come un apparato che agisce per conto dell’industria zootecnica. Questo cambiamento è dovuto all’aggiornamento del calcolo delle emissioni totali del bestiame, valutate prima al 18% del contributo antropogenico e poi diminuite all’11%, grazie a dati e strumenti più nuovi e rigorosi. Il dato del 18% infatti era sbagliato, ed era stato usato in modo strumentale per far circolare l’affermazione fuorviante che “le vacche sono peggiori delle auto”.

Non solo, la FAO è anche rea per gli animalisti di avere organizzato lo scorso settembre la “Global Conference on Sustainable Livestock Transformation”, pubblicando un report sull’importanza per la salute degli alimenti di origine animale. Messaggi equilibrati che, però, non sono visti di buon occhio negli ambienti attivisti. Lo stesso Sentient Media, infatti, con la collaborazione di Matthew Hayek, ha accusato la FAO di aver ricevuto pressioni da parte di gruppi pro-bestiame. Con due articoli pubblicati su The Guardian, hanno messo in dubbio l’aggiornamento dei dati sulle emissioni, modellato a loro avviso dalle industrie della carne e dei latticini.

Insinuare che il lavoro della FAO sia distorto dalla pressione dell’industria è una grave accusa

In risposta all’articolo, un’ex responsabile della sezione “livestock” della FAO, Anne Mottet, ha spiegato che la FAO aderisce alle migliori pratiche e alle metodologie in evoluzione, per cui dati e strumenti migliori sono la ragione della revisione del numero, e non la pressione del settore. “Sosteniamo che, alla luce delle accuse di imparzialità, tutti gli attori devono essere altrettanto chiari sui loro potenziali conflitti di interesse”, si legge nell’opinion paper: “Anche se pubblicamente disponibili a coloro che lo cercano, i meccanismi di finanziamento del Guardian sollevano interrogativi. Il giornale ha ricevuto quasi 2 milioni di dollari da Open Philanthropy (OP) come contributo alla sua serie “Animals Farmed.” Fondata da Dustin Moskowitz, OP è un canale per gli “altruisti efficaci” della Silicon-Valley, spesso vegani, per concedere milioni all’attivismo animale. È stato descritto infatti come “il più grande finanziatore nel mondo del benessere degli animali da allevamento”, compresi gli investimenti in proteine alternative. Nel 2019, OP ha dato una sovvenzione di 100.000 dollari a Sentient Media e ha anche stretti legami con l’industria alimentare vegana, investendo nel 2016 in Impossible Foods per sostenere lo sviluppo di imitazioni vegetali della carne. Per qualche tempo, The Guardian ha pubblicato un articolo di Animals Farmed ogni quattro giorni, utilizzando immagini emotive, oltre a vari altri articoli anti-bestiame pagati dal marchio di alimenti vegani Oatly! nella serie ‘Parenting your Parents’”.

La diffamazione della Dichiarazione di Dublino ha seguito lo stesso schema della campagna contro Mitloehner

Sentient Media ha fatto la prima mossa, pubblicando un articolo con un tono accusatorio dal titolo: “La Dichiarazione di Dublino è piena di pregiudizi dell’industria animale”, citando ampiamente Matthew Hayek e coinvolgendo anche The Guardian. “Chiariamo le cose, ancora una volta”, prosegue il documento dei sottoscrittori della DD: “Né la Dichiarazione, né il vertice di Dublino hanno ricevuto il sostegno finanziario dell’industria, e non ne ha influenzato il contenuto. Tutti i membri del Comitato hanno contribuito a questa iniziativa su base puramente volontaria, guidati dalle loro preoccupazioni scientifiche e senza alcuna remunerazione. L’unico sostegno finanziario, una modesta somma di 40.000 euro, è stato fornito dal Teagasc per l’organizzazione del Summit. Inoltre, il Comitato esamina attentamente tutte le firme per garantire che siano inclusi solo gli scienziati affiliati a università o istituti di ricerca. Mentre alcuni di questi collaborano con l’industria del bestiame nella loro ricerca, e ne hanno ricevuto e dichiarato il finanziamento, che è pratica comune nella maggior parte delle discipline scientifiche applicate, altri non lo fanno. Tuttavia, accusare uno dei firmatari di condurre ricerche di parte sotto l’influenza dell’industria è infondato e ne danneggia la reputazione. Un gruppo di scienziati ha risposto al nostro commento su Nature Food e apprezziamo tali risposte come parte del processo scientifico, e non hanno minato la validità complessiva della Dichiarazione. Mentre stiamo ancora aspettando dagli accusatori cosa esattamente secondo loro all’interno della Dichiarazione è completamente errata o influenzata dall’industria”.

Insomma, con spiccata malafede, il mondo animalista cerca di screditare centinaia di scienziati non appiattiti sulla sua retorica, ed istituzioni come la FAO. Serve mantenere alta l’attenzione, perché gli interessi di questi attori sono enormi. Lo dimostrano gli sforzi fatti da queste realtà per portare all’accettazione pubblica della carne artificiale. In gioco, oltre ai miliardi (!) già investiti da queste aziende – anche finanziando ONG e media compiacenti, c’è la possibilità di controllare l’intero sistema alimentare globale. Il che è per assurdo molto più fattibile, visti i budget delle aziende ed organizzazioni votate a colture cellulari e cibi plant-based, che non corrompere contemporaneamente milleduecento scienziati indipendenti.

Il Progetto “Carni Sostenibili” vuole individuare gli argomenti chiave, lo stato delle conoscenze e le più recenti tendenze e orientamenti tecnico scientifici, con l’intento di mostrare che la produzione e il consumo di carne possono essere sostenibili, sia per la salute che per l’ambiente.