“La zootecnia non può essere sottovalutata”
Grazie alla storia della nostra zootecnia, abbiamo sviluppato delle pratiche estremamente efficienti attraverso una serie di tecnologie. L’innovazione degli ultimi decenni ha permesso di raggiungere livelli di efficienza ambientale, e quindi bassi impatti ambientali estremamente significativi. Che, è importante sottolinearlo, portano la nostra filiera ad essere un’eccellenza a livello mondiale.
Quando parliamo di impatto ambientale parliamo di quello che si ha lungo tutta la filiera, quindi non soltanto di quello dell’allevamento in sé. Parliamo di impatto dei mangimi, della distribuzione, ma anche di quella che è la gestione delle deiezioni. In questo ultimo punto, in particolare, l’Italia ha fatto passi da gigante, e ad oggi è il terzo produttore mondiale di energia da fonti rinnovabili provenienti dai reflui zootecnici e dagli scarti agricoli.
Quella italiana è una filiera a basso impatto ambientale perché è estremamente qualificata. Non solo in termini ambientali, ma anche di sicurezza nei controlli. Nonostante le polemiche sollevate ultimamente da alcune trasmissioni televisive, infatti, posso affermare con la massima certezza che le filiere certificate, così come la distribuzione e il commercio qualificati (quindi legali) sono sicuri per i consumatori.
In Italia e in Europa abbiamo poi la regolamentazione più efficiente dal punto di vista del benessere animale. Quest’ultimo, ovviamente, nel momento in cui è rispettato comporta anche una maggiore sicurezza alimentare. Quando si rispettano gli animali, infatti, la qualità delle loro carni è migliore.
Nonostante l’informazione mediatica ci riproponga continuamente immagini avvilenti di animali rinchiusi in spazi bui e angusti, gli allevamenti non sono sempre indoor. Questo, oltre a dimostrare quanto il settore zootecnico sia molto più complesso di altri da gestire, ci ricorda appunto che il rispetto del benessere animale non esisterebbe, se agli animali fosse davvero imposto di stare sempre in spazi chiusi.
Se agli animali non fosse permesso di uscire dalle stalle, si opererebbe in modo illegale, e si produrrebbe della carne non dico avariata, ma sicuramente di pessima qualità e di cattivissimo sapore. Non c’è animale che viva il malessere e possa fornire prodotti di qualità.
Scagliarsi contro gli allevamenti per motivi ambientali, inoltre, è un errore perché questi sono un elemento di tutela del territorio e del paesaggio. Non dimentichiamo che il nostro territorio è per più dell’80% legato all’agricoltura e agli allevamenti.
In assoluto le produzioni zootecniche sono quelle che creano più paesaggio perché è appunto la filiera più complessa fra tutte quelle agricole. La filiera della carne, ma anche quelle del latte, delle pelli e molte altre creano una rete di relazioni fra realtà (e aziende) che altrimenti non si potrebbero verificare. Quando si vedono degli animali da allevamento, bisogna considerare che dietro ci sono molte altre attività specifiche, e molti territori che vivono grazie ad esse.
Facciamo dunque attenzione. Se perdessimo le nostre produzioni zootecniche – e il rischio lo stiamo correndo davvero, con un effetto domino perderemmo automaticamente una serie di sicurezze legate ai territori che non sono legate solamente ai pur importanti numeri sull’occupazione (oltre 180mila persone impiegate in Italia), ma anche e soprattutto alla gestione dell’ambiente. Che, appunto, non è solo economia, ma beni sociali e servizi pubblici spesso invisibili alla maggior parte delle persone.
Fonte: Huffington Post Italia