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La zootecnia italiana usa il 25% di acqua in meno

Oggi è la Giornata Mondiale dell’Acqua, il momento più opportuno per comunicare i buoni risultati della zootecnia italiana quando si parla di sfruttamento sostenibile delle risorse idriche. Rispetto alla media mondiale di 15.415 litri di acqua per 1 kg di carne bovina, infatti, l’Italia impiega 11.500 litri di acqua, di cui l’87% è costituito da “green water”, ovvero acqua proveniente da fonti rinnovabili. In altre parole, se si parla di acqua utilizzata per la produzione di carne, l’Italia ne impiega il 25% in meno, di cui solo 1.495 litri consumati effettivamente.

A livello complessivo l’intero settore delle carni (bovino, avicolo e suino) impiega per l’80-90% risorse idriche che fanno parte del naturale ciclo dell’acqua e che vengono restituite all’ambiente, come l’acqua piovana; solo il 10-20% dell’acqua necessaria per produrre 1 kg di carne viene quindi consumata. (Cliccare sull’immagine per ingrandirla)

Impronta idrica delle carni in Italia e nel mondo

Le ragioni del minore volume di acqua impiegata nelle produzioni italiane sono da ricercarsi nel sistema zootecnico nazionale che, essendo basato sulla combinazione di allevamenti estensivi ed intensivi, permette di ottenere una buona efficienza in termini di risorse impiegate per kg di carne prodotta. Oltre a questo è da osservare come la produzione bovina italiana avvenga prevalentemente nelle zone più vocate e con la maggiore disponibilità di acqua (ad esempio lungo il fiume Po e dei suoi affluenti).

Il water footprint è dato dalla somma di tre contributi in parte reali e in parte virtuali: l’acqua di evapotraspirazione utilizzata dalle piante per vivere (green water), l’acqua effettivamente utilizzata dai processi produttivi o per irrigare i campi (blue water) e l’acqua virtualmente necessaria a diluire e depurare gli scarichi (grey water). Per i prodotti agroalimentari, la componente di “acqua verde” è di gran lunga la più significativa delle tre, arrivando a costituire la quasi totalità dell’impatto.

“In merito agli impatti ambientali delle produzioni zootecniche è opportuno fare un po’ di chiarezza in quanto si leggono spesso dati fuorvianti che possono confondere il consumatore”, ha dichiarato Ettore Capri, Direttore del Centro di ricerca per lo sviluppo sostenibile (Opera – UCSC): “La quantità di acqua impiegata nella produzione di carne, che include anche il dato relativo alle coltivazioni agricole finalizzate a produrre alimenti per animali, è infatti costituita per la maggior parte da green water (ovvero acqua piovana), fonte rinnovabile e tra le più sostenibili”.

La quasi totalità dell’acqua utilizzata per produrre carne torna quindi nel suo ciclo naturale. “L’acqua effettivamente consumata per produrre carne (grey e blue water) si riduce quindi a delle quantità nettamente inferiori rispetto al dato complessivo”, aggiunge Capri: “Inoltre, l’impiego di tecnologie avanzate di gestione dell’acqua (ad esempio il recupero e la depurazione) e di un suo corretto utilizzo durante la produzione agricola, contribuiscono a renderle più sostenibili”.

Se si vuole impattare meno, comunque, il trucco sta sempre nell’equilibrio. Considerando la quantità di carne bovina consigliata in una dieta bilanciata (2 porzioni da 70- 100 g alla settimana), emerge infatti che mangiare carne in giusta quantità non comporta un aumento significativo dell’impatto ambientale, arrivando ad un consumo effettivo di circa 300 litri di acqua alla settimana.

Redazione Carni Sostenibili

Professore Ordinario di Chimica Agraria e Ambientale, Università Cattolica del Sacro Cuore. È membro del gruppo di lavoro PROMETHEUS dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA). Dal 2009 è direttore del centro di ricerca sullo sviluppo sostenibile OPERA, con sede a Bruxelles e a Piacenza. Dall’inizio della sua carriera databile 1987 ha svolto ricerche sugli impatti dei contaminanti nell’ambiente e nei prodotti alimentare, sugli organismi animali e sull’uomo, studi che oggi integra nelle sue indagini di valutazione del rischio.