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La valutazione della qualità proteica dimezza l’impatto ambientale di carne e latticini

Il reale impatto ambientale di carne e latticini è la metà di quanto calcolato finora. Lo conferma uno studio che valuta gli impatti ambientali degli alimenti in base al loro valore nutrizionale.

Il reale impatto ambientale della carne e dei latticini è la metà di quanto era stato calcolato finora. Lo conferma uno studio che valuta gli impatti ambientali degli alimenti sulla base del loro completo valore nutrizionale. Calcolare l’impronta ambientale per unità di proteina prodotta non fornisce una valutazione accurata dell’impatto dell’alimento, in quanto le proteine non sono tutte uguali per qualità nutritiva per cui il valore nutrizionale dei cibi cambia considerevolmente.

Nello studio, i ricercatori hanno misurato la qualità delle proteine con il metodo DIAAS, Digestible Indispensable Amino Acid Score, che valuta la digeribilità degli amminoacidi essenziali attribuendo alle stesse un punteggio in valori inferiori o superiori a 100. In pratica, un DIAAS di oltre 100 indica che la proteina ha altissima digeribilità e qualità, quale quella  dei cibi di origine animale, ed è un buon complemento proteico per gli alimenti che hanno qualità inferiori, quali quelli di origine vegetale.

Le proteine di origine animale infatti mostrano i DIAAS più elevati perché complete di tutti gli amminoacidi essenziali, ad alta digeribilità e pronto assorbimento; al contrario, di quelle vegetali sono incomplete, con amminoacidi limitanti e legate a fibre e composti anti-nutrizionali che ne limitano e in alcuni casi ne compromettono digeribilità e assorbimento. Per questo motivo, le unità funzionali per il calcolo degli impatti ambientali degli alimenti di origine animale devono tenere conto di questa fondamentale differenza rispetto ai vegetali: in sostanza, essendo il loro potere nutritivo maggiore per unità di cibo, di conseguenza il loro impatto ambientale va commisurato a tale superiorità.

Nello studio citato sopra, i ricercatori hanno considerato, rilevandoli dalla letteratura, i DIAAS di quattro alimenti di origine animale (carne bovina, formaggio, uova e maiale) e quattro di origine vegetale (noci, piselli, tofu e frumento), e li hanno utilizzati per valutare l’impatto ambientale di questi cibi corretto sulla base del loro potere nutritivo. Tutti i prodotti di origine animale avevano più del 100% di DIAAS, mentre le fonti proteiche vegetali avevano punteggi inferiori a questa soglia, con il frumento che ha totalizzato un punteggio particolarmente basso (43%).

Il reale #ImpattoAmbientale della #carne e dei #latticini è la metà di quanto calcolato finora: il loro potere nutritivo è maggiore per unità di cibo, di conseguenza il loro impatto ambientale va commisurato a tale superiorità. Condividi il Tweet

Con questa nuova modalità di riferimento all’unità funzionale, l’impatto ambientale di prodotti di origine animale considerati è stato praticamente dimezzato, nel caso della carne bovina, mentre quello associato ai prodotti vegetali, come ad esempio il pane di frumento, è aumentati di quasi il 60%.

In sostanza, avendo una qualità proteica inferiore, gli alimenti vegetali devono essere assunti in quantità superiore al fine di ottenere lo stesso beneficio proteico rispetto ai cibi animali. E questo determina a livello di popolazione un aumento della produzione, con un conseguente impatto ambientale più alto.

Secondo gli autori, confrontare tra loro mele e noci, oppure carne e frumento, anche sotto il solo aspetto dell’apporto iso-proteico, ha poco senso e porta a risultati fallaci di impronta ambientale, perché la diversa qualità proteica non li rende direttamente comparabili. Si rende quindi indispensabile considerare la qualità delle proteine come unità funzionale complementare nella valutazione del ciclo di vita nutrizionale, la cosiddetta nLCA, oltre alla digeribilità e biodisponibilità di tutte le sostanze bio-attive, anche quelli non proteici, quali i micronutrienti.

In definitiva, gli autori suggeriscono agli esperti di impatto ambientale di integrare la scienza nel metodo di valutazione dell’impronta ambientale dell’intero LCA, al fine di fornire risultati accurati e trasparenti sulla sostenibilità degli alimenti e gli strumenti giusti per ridurre gli impatti dell’intera filiera agroalimentare.

 

Susanna Bramante

Agronomo e divulgatrice scientifica. Autrice e coautrice di 11 pubblicazioni scientifiche e di numerosi articoli riguardanti l’alimentazione umana e gli impatti della stessa sulla salute e sull’ambiente, nel 2010 ha conseguito il titolo di DoctorEuropaeus e Ph. Doctor in Produzioni Animali, Sanità e Igiene degli Alimenti nei Paesi a Clima Mediterraneo. Cura GenBioAgroNutrition, “un blog a sostegno dell’Agroalimentare Italiano, della Dieta Mediterranea e della Ricerca Biomedica, contro la disinformazione pseudoscientifica”, che aggiorna quotidianamente.