La sostenibilità delle carni in Italia: un progetto comune
Oggi intervistiamo Aldo Radice, condirettore dell’Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi (Assica), organizzazione nazionale di categoria che, nell’ambito della Confindustria, rappresenta le imprese di produzione dei salumi (prodotti trasformati di carne suina e bovina) e di macellazione suina. Tratteremo con lui una cosa in particolare: La sostenibilità delle carni in Italia, rapporto scientifico promosso da Assica insieme ad Assocarni e Unaitalia, le due più importanti associazioni di categoria di quelle che, assieme a quella suina, sono le principali filiere della carne in Italia: quella bovina e quella avicola.
Che cosa ha portato le tre associazioni di categoria Assica, Assocarni e Unaitalia ad unirsi per la prima volta in un progetto comune?
La “scusa” è stata certamente Expo 2015: l’evento di Milano sarà di sicuro un momento focale nella discussione italiana e mondiale sul tema dell’alimentazione, della disponibilità di cibo, ma anche della qualità dei prodotti alimentari e della loro sostenibilità.
In questo contesto ci è sembrato importante ampliare e approfondire il grande lavoro che alcune imprese e le nostre associazioni hanno fatto negli anni per mettere a disposizione del dibattito il punto di vista dei produttori di carne. Perché vediamo che i soggetti più disparati parlano del nostro mondo, spesso sapendone molto poco, ripetendo falsi miti e luoghi comuni privi di ogni fondamento.
Crediamo che le filiere delle carni italiane, per contro, possano dare un importante contributo alla seria discussione che avverrà nei prossimi mesi sulle sfide future per l’agroalimentare italiano ed europeo.
Sfide che si possono riassumere nel mantenere la nostra tradizionale vocazione alla qualità, il nostro modello alimentare equilibrato, senza chiuderci alle innovazioni. Questo in un contesto in cui bisognerà produrre più cibo e di miglior qualità per tutti, in maniera sempre più efficiente, evitando tentazioni protezionistiche (perché dobbiamo evitare che crisi locali nei paesi sottosviluppati ci riportino agli scenari di carestia degli anni Ottanta).
In che modo la carne può essere “sostenibile”?
La carne, come tutti i cibi, è per definizione “sostenibile” e la filiera lavora ogni giorno per aumentare la sua sostenibilità in termini di minor impatto ambientale e riduzione degli sprechi. Ogni cosa che facciamo ha infatti un impatto. Forse nutrirci bene vale un po’ di più di tante altre cose meno essenziali e che incidono maggiormente sull’ecosistema.
Lo studio che abbiamo promosso mostra chiaramente che in una dieta equilibrata carne e salumi hanno un impatto ambientale paragonabile a quello della frutta e della verdura. Certo non a parità di peso, ma a parità di consumo sicuramente. D’altronde in una settimana un italiano mangia 500 grammi di carne e salumi e diversi chili di frutta e verdura.
Ci sono margini di miglioramento, nel vostro settore?
Ci sono sempre margini di miglioramento. L’impegno delle filiere della carne e dei salumi è costante. Il mio settore, quello della carne suina e dei salumi, è senza dubbio legato alla tradizione alimentare italiana e mediterranea. Il suo continuo successo dipende tuttavia dalla capacità delle imprese di innovare sia il prodotto che i processi di conservazione, oltre a sviluppare le tecniche della produzione di biogas e di utilizzo sempre più efficiente dei prodotti non alimentari (gelatine per il settore farmaceutico, sottoprodotti per il pet food, produzione di concimi, eccetera.
Limitandomi alla produzione alimentare, per noi la ricerca e l’innovazione hanno riguardato negli ultimi anni sia gli aspetti nutrizionali sia quelli di confezionamento.
Per quanto riguarda il primo, pur nella salvaguardia delle ricette tradizionali, le analisi svolte nel 2011 mostrano – rispetto ai dati precedenti che risalivano al 1993 – una diminuzione dei grassi in generale e un’ottimizzazione della qualità compositiva (meno grassi saturi e più grassi insaturi). Il contenuto di sale nei salumi italiani risulta inoltre notevolmente ridotto, in una percentuale che va dal 4% circa fino a oltre il 45% a seconda del prodotto. In questo campo la ricerca prosegue studiando ingredienti alternativi al sale in grado di consentire la conservazione dei prodotti e le loro proprietà organolettiche senza apportare sodio.
Per quanto riguarda il processo di conservazione, il salto di qualità del settore è avvenuto grazie allo sviluppo dell’atmosfera protettiva: ossia con l’impiego di solo azoto o una miscela di azoto e anidride carbonica al posto dell’ossigeno. Qui la ricerca in atto riguarda molti settori: dai materiali di imballaggio attivi, capaci, grazie alla loro stessa natura chimico/fisica, di contribuire a ridurre un’eventuale presenza di microrganismi indesiderati e mantenere inalterate le qualità organolettiche più a lungo (aumentare la durata del prodotto permette di ridurre gli sprechi lungo la catena alimentare), allo sviluppo di bioplastiche a più basso impatto ambientale.
A chi vi accusa di avere commissionato lo studio “La sostenibilità delle carni in Italia” solamente per difendere i vostri interessi cosa risponde?
Noi abbiamo commissionato uno studio indipendente per capire meglio qual è la situazione a cui siamo arrivati con i miglioramenti messi in atto in questi anni. E fornire questi dati al dibattito pubblico. D’altronde la stessa critica si potrebbe fare a tutti i portatori di interesse, dalle associazioni degli animalisti a quelle dei vegetariani, da Barilla alla Coldiretti.
Lo studio è a disposizione, può essere analizzato da tutti: siamo aperti a suggerimenti per migliorarlo. Noi non vogliamo convincere nessuno: solo mettere a disposizione dati oggettivi su cui poter costruire una opinione informata e senza pregiudizi.
Perché secondo Lei l’opinione pubblica è sempre più critica e diffidente verso il settore delle carni?
Non confonderei le opinioni molto visibili di una minoranza di persone con l’”opinione pubblica”. Certo alcune problematiche degli ultimi anni, spesso esagerate dai media, non hanno aiutato. Ma oggi oltre il 93% degli italiani consuma carne e salumi. E come mostriamo nello studio, lo fa in maniera equilibrata, sia dal punto di vista nutrizionale sia considerando gli aspetti ambientali.
Redazione Carni sostenibili
Twitter: @SostenCarni