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Impatto ambientale degli allevamenti: l’Italia sempre all’avanguardia

Qual è l’impatto sul clima delle principali filiere zootecniche italiane? Se lo è chiesto il Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CRA). Che, attraverso la ricerca “Scenari di Cambiamenti Climatici per gli Allevamenti Italiani (SCCAI)”, analizza diverse opzioni di mitigazione delle emissioni di gas serra da applicare appunto in alcune produzioni zootecniche. La ricerca italiana, finanziata dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e svolto in collaborazione con il Centro Ricerche Produzioni Animali (CRPA), secondo il portale Agricolae.eu potrebbe costituire una prima, concreta risposta alle politiche sul clima a livello internazionale:

‘Lo studio ha quantificato l’impronta carbonica delle principali filiere zootecniche italiane, cioè: bovino da latte per la produzione di latte alimentare, bovino da latte per la produzione di formaggio Parmigiano-Reggiano, bovino da carne (allevamenti da ingrasso), suino pesante, pollo da carne, gallina ovaiola. Per ciascuna filiera sono state individuate delle “aziende tipo”, definendone le principali caratteristiche: localizzazione, dimensione aziendale, produttività, modalità di stabulazione e di gestione degli effluenti, superfici aziendali, rotazioni colturali, quota di autosufficienza nella produzione degli alimenti. Poi, è stata presa un’unità di prodotto di riferimento, ossia: 1 kg di latte per le aziende bovine da latte, 1 kg di carne (peso vivo) per le aziende bovine, suinicole e avicole, 1 kg di uova intere per le aziende avicole da uova.

L’analisi del ciclo produttivo si è fermata “al cancello dell’azienda” (cosiddetto approccio “from cradle to farm gate”), escludendo i processi che avvengono a valle dell’azienda agricola, in quanto l’allevatore non ha possibilità di incidere su di essi. I risultati evidenziano come l’elemento più determinante nel ridurre l’impronta carbonica sia l’elevata produttività aziendale, un esito facilmente comprensibile dal momento che questa è rapportata all’unità di prodotto. In generale, è emerso che l’adozione di tecniche e pratiche più efficienti è la chiave per la riduzione dell’impronta del carbonio delle produzioni agrozootecniche: dalla riduzione delle emissioni enteriche (ruminanti) a quella dell’apporto proteico della razione; dalla gestione delle deiezioni all’ottimizzazione delle fertilizzazioni, dalle misure per la produzione e il risparmio di energia a quelle per il sequestro del carbonio.

Il progetto, infine, prevede azioni di trasferimento dei risultati agli allevatori, sia attraverso l’opuscolo informativo “Emissioni di gas serra degli allevamenti italiani. Quali scenari?”, sia attraverso incontri formativi sul territorio con gli allevatori. Il primo si è tenuto in questi giorni a Reggio Emilia.

“Per rendere sostenibile l’agricoltura reale – afferma il subcommissario straordinario CRA, Michele Pisante – l’innovazione e la diffusione della conoscenza tra gli operatori del settore offrono l’opportunità di illustrare le nuove strategie per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, in sinergia con gli obiettivi di tutela ambientale e salvaguardia della biodiversità, senza trascurare il benessere degli agricoltori attraverso idonee forme di sostegno economico”.’

Il Progetto “Carni Sostenibili” vuole individuare gli argomenti chiave, lo stato delle conoscenze e le più recenti tendenze e orientamenti tecnico scientifici, con l’intento di mostrare che la produzione e il consumo di carne possono essere sostenibili, sia per la salute che per l’ambiente.