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Il prosciutto come l’amianto?!

Secondo l’International Agency for Research on Cancer (IARC) dell’Oms, le carni trasformate come wurstel, pancetta, prosciutti e salsicce sarebbero “cancerogene”, e inserita quindi nel gruppo 1 delle sostanze che causano il cancro a pericolosità più alta, come il fumo e il benzene. Meno a rischio sarebbero invece le carni rosse non lavorate, inserite fra le “probabilmente cancerogene”, ossia nel gruppo 2A.

A queste conclusioni, incredibili per i più ma non per me, la IARC è arrivata grazie a un gruppo di lavoro di 22 esperti provenienti da 10 diverse nazioni. Ma dal mio punto di vista c’è un problema: questi lavori non consolidati da una corretta informazione. E poiché non è la prima volta che questo accade, OMS e IARC stanno a mio avviso rischiando di perdere credibilità con l’intera comunità di stakeholder.

Oltre al considerare assurdo il mettere i salumi dentro lo stesso calderone di amianto o sigarette, mi chiedo infatti se qualcuno spiegherà ai consumatori come è possibile classificare allo stesso modo (nel groppo 2°, appunto) la carne rossa e il glifosato, il più potente pesticida del pianeta.

L’attuale informazione alimentare è ormai puro spettacolo e ci vengono proposte diagnosi e terapia basate su emozioni, sentimenti, interessi. Quante volte, inconsapevolmente, cambiamo comportamenti alimentari e prendiamo decisioni raccolte in Internet o sentite alla televisione? O perché appunto un’Istituzione ritenuta generalmente autorevole pubblica una ricerca che non può che fare notizia? E quanto epidemica e veloce è la trasmissione d’informazioni pros e cons la salute?

Nei due recenti libri a cui ho contribuito, Marianna Lambiase parla di “principio dei neuroni a specchio” e Antonia Corini parla di “libertà personale” nelle decisioni dei consumatori. Per chi studia come me le scienze agrarie, è ormai un triste divertimento collezionare i paradossi scientifici con l’impressione di vivere in un mondo di ubriachi che vivono in uno stato di ebbrezza qualunquista intellettuale.

Proprio oggi a colazione ho intrapreso un interessante dialogo con un amico, anch’egli ubriaco, su tango e salute. Tablet tra le mani, ha esclamato: “Oddio mio, chi balla il tango prende il cancro!. Io gli chiedo, e perché? “Perché bevono il mate e il mate fa venire il cancro, c’è scritto su Internet”!

Sorrido e rifletto. Accendo “Ettopedia” (mi chiamano così gli amici e parenti vicini). E’ vero il mate è una bevanda calda, una tisana, particolarmente usata dagli argentini e dai popoli del Sud America perché bevanda tradizionale, piacevole ed eccitante. Per contro il mate caldo è stato inserito dalla IARC (Istituto internazionale sul cancro) nella lista dei probabili alimenti per l’uomo (categoria 2A). Alcuni ballerini di tango ne fanno uso per poter resistere alle lunghe giornate di lezione e ballo (le milonghe durano a lungo e sono quasi sempre notturne).

E’ vero anche che diversi studi epidemiologici hanno evidenziato l’esistenza di una possibile associazione tra consumo di mate e incidenza di tumori a carico del tratto gastro digestivo superiore. Questo però succede nel caso di un uso continuo di mate e, soprattutto, se assunto in versione “bollente” (come per tutte le bevande a causa dello shock termico inducono tumori all’esofago e al tratto superiore gastrico) ed in soggetti già esposti ad altri fattori di rischio (fumo e l’alcool).

Ma allora bisogna proprio essere ubriachi per pensare che sia il tango a portare il cancro e non il cattivo uso della bevanda associato a un cattivo stile di vita che, oltretutto, non riguarda solo i tangheri.

Il quesito proposto dal mio amico è un buon esempio per riflettere sul significato di un modello di vita consapevole. Per analogia pensiamo alle nostre scelte alimentari. Ragionare in questo modo è sbagliato e ci porta a scelte di vita che appartengono solo ai nostri “neuroni a specchio” ma non alle nostre esigenze di crescita culturale, sociale e biologiche.

Se avessimo agito ragionando in questo modo – cioè associando un danno ad un pericolo e non al contesto in cui il pericolo è contenuto – ci saremmo estinti come specie umana molti anni or sono a causa delle insalate (perché contengono nitrati), delle carni (perché contengono grassi), dei derivati del latte (tossine biologiche), del pesce (il metilmercurio), semplicemente perché… non c’era null’altro da mangiare!

Tutto il mondo vegetale e animale del nostro pianeta è potenzialmente tossico. E’ solo il modo di selezionarlo, coltivarlo, cucinarlo, trasformarlo e utilizzarlo secondo una dieta corretta che lo rende non solo buono da mangiare, ma anche piacevole ed essenziale alla nostra vita sociale.

Non lasciamoci impressionare dallo spettacolo delle informazioni, usiamo meglio i neuroni attraverso un modo razionale. Così facendo faremo scelte libere per davvero.

Ettore Capri

 

Fonte: Huffington Post Italia

Professore Ordinario di Chimica Agraria e Ambientale, Università Cattolica del Sacro Cuore. È membro del gruppo di lavoro PROMETHEUS dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA). Dal 2009 è direttore del centro di ricerca sullo sviluppo sostenibile OPERA, con sede a Bruxelles e a Piacenza. Dall’inizio della sua carriera databile 1987 ha svolto ricerche sugli impatti dei contaminanti nell’ambiente e nei prodotti alimentare, sugli organismi animali e sull’uomo, studi che oggi integra nelle sue indagini di valutazione del rischio.