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Il caso Covid-19 e gli allevamenti intensivi

Il Covid-19 ha portato ad una inaspettata serie di attacchi nei confronti degli allevamenti intensivi, a partire da quelli della Pianura Padana. Attacchi inattesi, ma anche insensati. Vediamo dunque di chiarire l’argomento senza dilungarsi. Del resto, le spiegazioni semplici sono le migliori.

Guglielmo da Occam, frate francescano e filosofo inglese del ‘300, ha coniato il moto più famoso dell’intero pensiero scientifico occidentale: “a parità di fattori, preferite sempre la spiegazione più semplice” (Entia moltiplicanda non sunt praeter necessitatem). Applicato alla ridda di spiegazioni sulla diffusione dell’epidemia di Covid-19 (o coronavirus) sul suolo italico, il richiamo a questo principio è quantomai utile.

Fra le più rilevanti per complessità, si inserisce quella ipotizzata da vari studiosi dell’Associazione italiana medicina ambientale, che mette in relazione la diffusione del virus con il particolato atmosferico grossolano (PM10), analisi già criticata dall’Associazione italiana di Aerosol; questa ipotesi è stata rimbalzata da varie trasmissioni di RAI3 con l’aggravante di attribuire l’alta concentrazione di PM10 allo spandimento dei liquami derivanti dagli allevamenti intensivi: la conclusione di queste trasmissioni è stata che l’alta contagiosità Covid-19 riscontrata in alcune regioni è stata favorita dalla presenza degli allevamenti.

Questa ipotesi, che abbiamo già contestato in altri post come campata in aria, mostra ulteriormente la sua fallacia se confrontata con la spiegazione di gran lunga più semplice e scientificamente inconfutabile che il contagio Covid-19 avviene direttamente da individui viremici a individui sensibili (quelli che non hanno ancora sviluppato l’immunità per essere guariti dall’infezione). Detta in altri termini, la spiegazione migliore è quella per cui se colloco molti individui in poco spazio, la probabilità del contagio è maggiore che se li colloco in molto spazio (distanti); infatti, il distanziamento sociale, cioè il creare la rarefazione dei contatti anche nelle aree densamente popolate per simulare ciò che avverrebbe in aree a bassa densità di popolazione, è lo strumento che sta rendendo possibile il controllo dell’epidemia.

Per dimostrare l’importanza della densità di popolazione sulla propagazione del Covid-19, ho messo in relazione il numero totale di contagi (dati ufficiali Protezione Civile del 19 aprile) con la densità di residenti nelle varie regioni, divise in 10 per l’Italia del nord e 10 per quella del sud (dati Istat al 31 dicembre 2019) e, oplà, la gran parte della variabilità osservata fra le regioni (il 61% per quelle del nord e l’83% per quelle del sud) è spiegata proprio dalla densità abitativa. Ecco i grafici del fenomeno.

Qualche breve chiarimento:

  1. Il fenomeno è interpolato con modelli diversi, a nord con una esponenziale (aumento più che proporzionale alla densità residenziale) e al sud con una logaritmica (aumento meno che proporzionale);
  2. tale differenza è spiegabile con molti fattori, fra i quali la maggiore popolazione domiciliata anche temporaneamente al nord rispetto al sud (che invece ne ha meno a favore del nord) non rilevata dall’indicatore residenziale;
  3. al nord il totale contagiati è un ordine di grandezza superiore (10 volte) che al sud in quanto nelle regioni settentrionali si sono avuti i primi focolai e il contagio è arrivato al sud in corrispondenza con le misure di lockdown governative;
  4. le regioni che si trovano sopra la curva sono quelle che hanno performato peggio rispetto a quelle che si trovano sotto che sono state più virtuose (nel nord le migliori sono state Liguria e Friuli VG, nel sud Calabria e Campania).

In conclusione, il Covid-19 si trasmette in relazione diretta con la densità demografica con andamenti diversi fra regioni del nord (peggiora) e del sud (migliora) per concause da approfondire: resta comunque il fatto che maggiori probabilità di incontro interpersonale delle aree densamente popolate sono la spiegazione più semplice del diffondersi di questa come di altre epidemie.

 

Presidente Emerito dell'Associazione per la Scienza e le Produzioni Animali, Professore Ordinario di Etica e Sostenibilità degli Allevamenti presso il Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari e Presidente dell’Associazione Carni Sostenibili. Fra i migliori esperti globali in scienze animali, è incluso nel 2% di scienziati maggiormente citati al mondo.