I bovini e le “strade” del metano
Nonostante si pensi e comunichi il contrario, è modesta la responsabilità dei ruminanti nell’emissione di gas climalteranti. Non solo, negli allevamenti più evoluti l’impatto ambientale è in costante riduzione.
Si parla di cambiamenti climatici o di inquinanti ambientali e il pensiero corre alle emissioni di auto e industrie. Poi qualcuno afferma che la colpa sarebbe degli allevamenti, a partire da quelli di bovini, cosa che sorprende e incuriosisce al contempo. Così la notizia rimbalza da un media all’altro e prende sempre più corpo, sospinta com’è dalle tante fandonie che si leggono o sentono a proposito di allevamenti intensivi, che al contrario di quanto si pensi garantiscono un minore impatto ambientale, come vedremo.
Ma andiamo con ordine. È vero, i bovini emettono gas climalteranti, soprattutto metano, come accade per ogni altro ruminante, dai bisonti ai cammelli, dalle pecore alle giraffe. Ma l’origine di questo metano non è conseguente, come si sarebbe indotti a pensare, all’esito finale dei processi digestivi. Insomma, non è alle deiezioni che bisogna guardare, perché la produzione di metano prende una via del tutto diversa.
Se si parla di #CambiamentiClimatici si pensa giustamente alle #emissioni di #auto e #industrie. C'è chi afferma che la colpa è degli #allevamenti, magari #bovini, cosa che sorprende e incuriosisce. Condividi il TweetTutto ha inizio nel rumine, il primo dei quattro stomaci dei quali sono dotati i bovini e tutti i ruminanti. È la parte più voluminosa, un “sacco” che si trasforma in uno straordinario laboratorio biologico, dove miliardi di batteri, protozoi e funghi si alternano nell’aggredire le parti indigeribili dei vegetali (cellulosa ed emicellulose) per trasformarle in energia (acidi grassi volatili) e per renderle aggredibili dai succhi digestivi dello stomaco vero e proprio e dell’intestino. Il lavoro di questa imponente mole di microrganismi ha bisogno della collaborazione dell’animale, al quale resta il compito di mantenere in movimento il cibo introdotto nel rumine. Poi di richiamarlo alla bocca (ruminazione) per un’ulteriore masticazione e per arricchirlo di saliva, fondamentale per il suo ruolo tampone.
I microrganismi presenti nel rumine non si limitano a “digerire” le cellulose, ma sintetizzano vitamine del gruppo B e vitamina K. I batteri diventano a loro volta un alimento per l’animale, apportando proteine nobili, grassi e polisaccaridi. Una sinergia perfetta fra animali e microrganismi, che però produce alcune “scorie”, come anidride carbonica e metano. La loro uscita dalla bocca, in coincidenza o meno con la ruminazione, è indispensabile per la sopravvivenza dell’animale. L’accumularsi dei gas nel rumine lo gonfierebbe a dismisura (meteorismo) comprimendo i polmoni sino al soffocamento.
Anche se la narrazione cosiddetta #green non vuole ammetterlo, gli #AllevamentiIntensivi, in quanto più efficienti, hanno un #ImpattoAmbientale minore rispetto agli #AllevamentiEstensivi (ad esempio al #pascolo). Condividi il TweetDunque il metano, come pure l’anidride carbonica, nei bovini escono “davanti” e non “dietro”. A questo punto è lecito chiedersi quali siano le quantità prodotte e quale il loro impatto reale sull’ambiente. Per fare questi conteggi si usa come metro di misura l’anidride carbonica, trasformando ogni altro gas climalterante (GHG) nel suo corrispettivo in CO2. Ma non serve a molto concentrarsi su quanto metano viene prodotto da un singolo animale.
Il dato è estremamente variabile e dipende da numerosi fattori, dalla genetica all’alimentazione. Non resta che affidarsi alle stime della Fao che indicano in 7,1 miliardi di tonnellate di CO2 la produzione complessiva prodotta dalle produzioni animali nel mondo. Dagli allevamenti giunge dunque meno del 14% delle emissioni complessive, che secondo l’Emission Gap Report 2018 assommano a 53,5 miliardi tonnellate. Nei conteggi della Fao rientrano però tutte le fonti di GHG, quindi anche i trasporti, l’energia utilizzata negli allevamenti, le risorse necessarie alla produzione di mangimi, la catena del freddo e via di questo passo.
Per l’Agenzia europea dell’ambiente è del 10% il contributo dell’#agricoltura ai #GasSerra Ue. Di questo 10% solo il 3% sarebbe da attribuire agli #allevamenti: poco rispetto al 78% del settore #energia. Condividi il TweetScorporando i vari processi produttivi e sottraendo il carbonio sequestrato nel suolo dalle varie colture, e dunque non disperso nell’ambiente, l’effettivo impatto ambientale della produzione di latte e carne si riduce in misura sensibile. E il conto si fa più puntuale se si prende come misura il rapporto fra unità di prodotto e emissioni di GHG. Più l’agricoltura e l’allevamento sono efficienti, minore è l’impatto ambientale per unità di prodotto ottenuto. Accade così che gli allevamenti intensivi, in quanto più efficienti, abbiano un impatto ambientale minore rispetto a quelli estensivi (ad esempio al pascolo). Valutazioni dell’Agenzia europea dell’ambiente indicano in un modesto 10% il contributo di tutta l’agricoltura alla formazione di gas serra da parte dei Paesi Ue. E di questo 10% poco più del 3% sarebbe da attribuire agli allevamenti. Un’inezia rispetto al 78% del settore energetico.
Importante o meno che sia l’impatto ambientale degli allevamenti, da tempo la ricerca si è impegnata nel cercare soluzioni capaci di ridurre la produzione di metano da parte dei bovini. Non solo per favorire l’ambiente, ma perché utile all’efficienza delle produzioni, visto che attraverso il metano l’animale spreca energia degli alimenti, che potrebbe invece utilizzare a fini metabolici. Si sono così moltiplicati gli studi per individuare strategie alimentari capaci di ridurre la produzione di metano nel rumine. Fra questi l’impiego di alcuni probiotici, che consentirebbero un abbattimento delle emissioni prossimo al 70%. Altre ricerche hanno preso in considerazione l’impiego delle alghe rosse (Asparagopsis taxiformis). Introdotte nell’alimentazione dei bovini da carne promettono riduzioni nella produzione di metano sino al 98%, promuovendo al contempo la produttività.
L’impiego delle #AlgheRosse (Asparagopsis taxiformis) nell’alimentazione dei #bovini da #carne promette riduzioni nella produzione di #metano sino al 98%, promuovendo al contempo la produttività. Condividi il TweetQuando allora si additano gli allevamenti come i maggiori responsabili dei cambiamenti climatici si rischia di commettere un errore. Più grave se si propone il loro ridimensionamento o persino la chiusura. Si finirebbe con il nuocere all’ambiente due volte, la prima sottraendo l’importante risorsa per la fertilità dei terreni garantita dal letame, la seconda con l’abbandono dei terreni marginali, dove l’allevamento è una delle poche opportunità economiche in grado di consentire la presenza dell’uomo. E senza uomo e senza animali si ha solo una crescita disordinata del bosco, facile preda di incendi e degrado dei prati, che non trattenendo acqua, favoriscono frane e smottamenti.