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Gli omega-3 vengono persi in cottura?

Quanto influisce la cottura della carne sul suo contenuto in omega-3? È vero che l’alta temperatura li distrugge completamente? Vediamo come cuocere la carne per conservare al meglio questi preziosi elementi.

I benefici degli omega-3 per la nostra salute sono sempre più noti, motivo per cui il consumatore oggi è costantemente alla ricerca di alimenti che li contengono. La carne ne è un’ottima fonte, grazie a moderne tecniche di allevamento e alimentazione degli animali, che hanno fatto sì che questi grassi insaturi essenziali non fossero solo prerogativa degli animali allevati al pascolo o di quelli nutriti esclusivamente ad erba.

Cotture troppo prolungate o aggressive degli alimenti possono influire negativamente sul contenuto in generale dei nutrienti e in particolare i grassi insaturi omega-3 sono sensibili alle alte temperature. Alcuni studi sul pesce, fonte di omega-3 per eccellenza, hanno messo a confronto i vari metodi di cottura per valutare come ne cambia il contenuto e determinare quale sia la cottura migliore per conservarli il più possibile.

La #carne è un'ottima fonte di #omega3, anche grazie alle nuove tecniche di #allevamento. Condividi il Tweet

Ciò che sembra emergere da questi studi è che non solo la cottura ma anche il tipo di alimento di partenza influisce sul grado di conservazione degli omega-3: ad esempio, in diverse specie di pesce analizzate (luccio, carpa, merluzzo e aringa), l’impatto dei trattamenti termici sulla composizione lipidica del tessuto ittico sembra essere specie-specifico e a proposito il tessuto di aringa è quello che è risultato più stabile al calore, con minor perdita di omega-3.

Dunque il tipo di tessuto reagisce in modo diverso al trattamento termico a seconda della sua composizione in fosfolipidi: più grasso c’è, maggiore è la protezione al trattamento termico, limitando la perdita dei nutrienti. Anche nella carne, data la somiglianza strutturale del tessuto animale, il comportamento al trattamento termico conferma quanto riscontrato, rilevando perdite minime di omega-3, inferiori al 5% e senza sbilanciare il rapporto omega-3/omega-6.

Anzi, uno studio sulla carne di agnello mostra che il contenuto in omega-3 può anche aumentare, come succede per gli altri nutrienti della carne dopo cottura, utilizzando calore secco conduttivo, come l’arrostimento in forno o su griglia, che trasmette calore in ogni punto, fino ad una temperatura interna della carne di 70°C.

Uno studio mostra che il contenuto in #omega3 aumenta con l’#arrostimento della #carne in forno o su #griglia. Condividi il Tweet

Infatti tra la cottura al forno, bollitura, frittura e cottura al microonde, quella in forno e al microonde sono risultate le migliori nel preservare maggiormente gli omega-3, nonostante la temperatura elevata di 200°C. La perdita aumenta in modo direttamente proporzionale con il tempo, e anche se bollitura e frittura sono i metodi più “violenti”, i nutrienti non vengono del tutto persi: la bollitura determina un parziale scioglimento dei grassi che vanno a finire nell’acqua di cottura, quindi non si perdono se viene utilizzata come brodo, mentre per la frittura il risultato dipende dall’olio utilizzato per friggere.

Con olii vegetali scadenti con basso punto di fumo, la frittura può determinare una perdita degli omega-3 fino all’85% e anche un loro deterioramento e ossidazione, causando la formazione di specie reattive dell’ossigeno dannose (ROS) e sbilanciando il rapporto omega-3/omega-6 a favore di questi ultimi. L’olio di oliva si è rivelato il migliore per una frittura di qualità, preservando sia il contenuto e l’integrità degli omega-3, sia il rapporto omega-3/omega-6. Una particolarità comune invece a tutte le fritture è che, contrariamente a quel che si pensa, riducono il colesterolo dell’alimento perché si disperde nell’olio di frittura che viene poi gettato via. Inoltre, studi recenti rivelano che perfino alcuni prodotti dell’ossidazione ROS a basse dosi possono essere protettivi per la funzionalità cardiaca.

La ricchezza in #antiossidanti nella #carne come i #tocoferoli contribuisce a proteggere gli #omega3 dai processi di #ossidazione. Condividi il Tweet

Anche la ricchezza in antiossidanti nella carne come i tocoferoli contribuisce a proteggere gli omega-3 dai processi di ossidazione, che vedono in genere le carni di manzo e agnello come le più resistenti all’ossidazione lipidica, seguite da maiale e pollame. La supplementazione di vitamina E al mangime può essere quindi una buona strategia per preservare la stabilità degli omega-3 nelle carni.

Insomma, in generale i vari metodi di cottura ben eseguiti non alterano in modo significativo la composizione in omega-3, confermando che la carne e il pesce anche cotti sono fonti sane e affidabili di questi grassi essenziali e sono necessari studi specie-specifici per valutare nel dettaglio le differenze nelle diverse specie.

 

Il Progetto “Carni Sostenibili” vuole individuare gli argomenti chiave, lo stato delle conoscenze e le più recenti tendenze e orientamenti tecnico scientifici, con l’intento di mostrare che la produzione e il consumo di carne possono essere sostenibili, sia per la salute che per l’ambiente.