Luigi Scordamaglia: “Gli allarmi dell’Oms danneggiano l’Italia”
Pubblichiamo una lettera aperta di Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare, mandata al direttore de La Stampa Mario Calabresi in seguito alla vicenda dell’Oms e dello studio Iarc sulle carni rosse e gli insaccati. Che, oltre a creare allarmismi inutili, rischiano di danneggiare seriamente uno dei comparti più importanti e vitali del tessuto economico e sociale del nostro Paese: quello agroalimentare. Al di là della questione carni rosse e salumi, infatti, il presidente di Federalimentare sottolinea come la spesso “bassa evidenza scientifica” delle posizioni Oms di questi ultimi anni stia risultando in un attacco continuo alle nostre produzioni.
Caro direttore, come evidenziato nell’articolo di Valentina Arcovio pubblicato sul suo quotidiano il 29 ottobre, negli ultimi mesi abbiamo assistito a un indiscriminato accanimento da parte dell’Oms nella formulazione di raccomandazioni riguardanti il corretto approccio dei consumatori a specifiche categorie di alimenti. L’Oms aspira ad assurgere a organizzazione munita di profonda autorevolezza. Con le proprie pronunce, di fatto, è in grado di influenzare a livello internazionale le politiche sanitarie di ben 194 Paesi e i comportamenti e gli stili di vita di miliardi di persone. Queste semplici considerazioni dovrebbero essere di per sé sufficienti a spingere l’Oms a valutare attentamente la scientificità delle proprie posizioni, prima di renderle note. E il livello di accuratezza nella ricerca di basi solide dovrebbe essere ancor più minuzioso quando le esternazioni dell’Oms prendono la forma della raccomandazione.
Purtroppo così non è: uno studio pubblicato dal Journal of Clinical Epidemiology nel settembre 2013 rivela come l’Oms emetta con molta frequenza raccomandazioni con “bassa o molto bassa evidenza scientifica”. Secondo questo studio, mai smentito, nei sei anni che vanno dal gennaio 2007 alla fine del 2012, l’Oms ha pubblicato 289 raccomandazioni definite forti, quindi molto affidabili. Di tali 289 “strong recommendations” 95 erano basate su un livello di evidenza scientifica classificato come “basso” e 65 addirittura come “molto basso”; sommate rappresentano più della metà.
Gli attacchi allarmistici sullo zucchero, sulla carne in questi giorni e quelli annunciati sul caffè ci lasciano perplessi, dal momento che l’estrema carenza di basi scientifiche solide deriva dallo stesso sistema di valutazione scientifica utilizzato dall’Oms e denominato Grade (Grading Recommendations Assessment, Development and Evaluation), tuttora ufficialmente in vigore. Non solo. Sono sempre i burocrati dell’Oms ad aver inventato i cosiddetti profili nutrizionali degli alimenti, definiti dall’autorevole parlamentare tedesca Renate Sommer “un concetto politico e non scientifico”.
Profili che sono alla base dei semafori alimentari britannici, i quali hanno marchiato con bollino rosso il latte intero, l’olio extravergine d’oliva e il parmigiano reggiano e contro cui la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione comunitaria. L’industria alimentare italiana è vittima ingiustificata di questa continua, tendenziosa diffamazione. Eppure noi siamo in prima linea nella promozione di stili di vita salutari, nel miglioramento dei nostri prodotti e nell’allineamento a raccomandazioni internazionali serie e scientificamente solide. E gli italiani sono, dopo i giapponesi, la popolazione più longeva al mondo.
Peraltro, ci conforta la recente presa di posizione del ministro Beatrice Lorenzin che ha evidenziato gli elevati rischi di falso allarmismo conseguenti le avventate dichiarazioni dell’Oms. Su tale scia, non possiamo che auspicare un approccio più critico e consapevole da parte dell’intera comunità internazionale.
Luigi Scordamaglia, Presidente Federalimentare