Giorgio Poli: “Gli allarmismi alimentari fanno danni seri”
L’attenzione dei media e dei consumatori sulla questione Carne e IARC sembra essersi placata, ed è forse questo il momento più opportuno per valutare quanto successo negli scorsi mesi. Se da una parte la reazione che si è avuta sui social media è stata soprattutto quella di inattendibilità nei confronti di IARC e OMS, dall’altra si è assistito (anche se quasi solo in Italia) a un’importante riduzione dei consumi di alcuni prodotti, alcuni dei quali neppure presi di mira dagli allarmismi mediatici.
La domanda che viene da porsi è quindi se ha avuto davvero senso tutto questo clamore mediatico, se gli effetti si possono far sentire anche oltre la sfera economica, e soprattutto se un’istituzione importante come l’OMS non riuscendo a gestire una corretta informazione abbia corso il rischio di perdere in credibilità e autorevolezza. Lo abbiamo chiesto al professor Giorgio Poli, Professore Ordinario di Microbiologia e Immunologia Veterinaria del Dipartimento di Scienze Veterinarie e Sanità Pubblica presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Milano.
Professor Poli, come valuta il clamore sulla questione carni rosse, salumi e cancro avvenuta sui media italiani negli scorsi mesi?
Come l’ennesima occasione persa per fare una corretta informazione scientifica quando si parla di alimentazione e nutrizione. I media sono stati in gran parte colpevoli di questa situazione, perché è palese che gran parte dei giornalisti ha trattato con estrema superficialità questo argomento, badando più all’attirare l’attenzione con titoli eclatanti che a informare. C’è però da dire che vi sono state molte contraddizioni anche da parte dell’OMS. Il comunicato stampa del 26 ottobre sulle carni, infatti, si è a dir poco manifestato quale una imprudente e affrettata iniziativa di comunicazione.
Se gli 800 studi citati nel report in questione erano già stati pubblicati, dove sta la novità dal punto di vista scientifico?
Questa è una domanda che da mesi mi sto ponendo anche io. Gran parte degli studi a cui si riferisce il report dell’OMS sono molto vecchi e non tengono conto di come sia cambiata, in questi ultimi anni, la genetica per produrre prosciutti e insaccati più magri e come siano sostanzialmente cambiate le tecnologie di conservazione: salatura, affumicamento, essiccazione. Non considerano neppure che i conservanti potenzialmente tossici sono stati pressoché esclusi.
La carne rossa è stata invece inserita tra i “probabili cancerogeni” perché non vi sono dati a supporto e gli studi epidemiologici non danno alcuna certezza. Pertanto per il gruppo 2 si parla di agenti senza una evidenza conclusiva sulla cancerogenicità per l’uomo.
L’OMS o la IARC hanno corso dei rischi in termini di credibilità?
Sicuramente sì, anche perché non è la prima volta che succede. In particolare la credibilità dell’OMS fu già messa pesantemente in discussione dopo la dichiarazione della pandemia influenzale da H1-N1, poi smentita. Se poi si considera che è stata attivata una inchiesta da parte del Consiglio d’Europa per verificare eventuali “conflitti di interesse” (con case farmaceutiche produttrici del vaccino anti-influenzale), possiamo capire che questa Organizzazione non sta facendo niente per evitare di compromettere la sua autorevolezza in ambito scientifico.
L’OMS, tramite l’Execution Board, ha dato linee guida che prevedono che le raccomandazioni devono essere basate e supportate da “robuste evidenze scientifiche”, secondo un “grade” in vigore per l’OMS stessa. Tale regola non è stata seguita, come denunciato da un articolo del Journal of Clinical Epidemiology del 2013 che ha rivelato un dettaglio importante: circa il 55% delle raccomandazioni OMS ha una evidenza scientifica “bassa” o “molto bassa”. Più precisamente sono state emesse 289 “strong recommendations”, e di queste 95 sono state classificate a “bassa evidenza scientifica” e ben 65 con “molto bassa evidenza scientifica”. Tale articolo e relativi numeri non sono mai stati contestati dall’OMS.
La IARC ha valutato solo la carne. E sugli altri alimenti, non c’è proprio nulla da dire?
Le sostanze potenzialmente cancerogene che sono state associate alle carni rosse sono presenti anche nelle verdure: grigliate, barbecue, fritture di ortaggi vari (melanzane, zucchine, peperoni, patate e altri). Questi, sottoposti ad analogo trattamento ad alta temperatura/frittura, generano parimenti idrocarburi policiclici aromatici (PAH), amine eterocicliche aromatiche (HAA). E’ opportuno ricordare che anche la pizza e il pane, cotti con forno a legna, generano gli stessi composti, e così il caffè tostato.
Peraltro, se si parla di assunzioni di composti tossici, ecco il rischio da consumo di cereali, vegetali a foglia larga e patate: il contenuto in cadmio assunto dai vegetariani, ad esempio, è più del doppio (5,4 ug/Kg peso corporeo a settimana) rispetto a quello assunto da un consumatore onnivoro. Si rammenta che l’EFSA indica come limite di assunzione settimanale ammissibile 2,5 ug/Kg peso corporeo a settimana, oltre al quale il cadmio risulta pericoloso per la salute.
Secondo Lei quindi eliminare la carne dal proprio regime dietetico non giova alla salute?
La letteratura evidenzia che lo stato di salute di soggetti vegetariani occidentali non è affatto migliore di quello degli individui onnivori ed è del tutto comparabile alla salute di chi mangia carne.
Si è espresso molto bene a riguardo il Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare (CNSA) del Ministero della Salute, che si è dichiarato perplesso sulla classificazione IARC della carne nelle categorie dei prodotti cancerogeni: “Un regime dietetico adeguato ed equilibrato non solo garantisce un apporto ottimale di nutrienti, in grado di soddisfare i fabbisogni dell’organismo, ma permette anche di ricevere sostanze che svolgono un ruolo preventivo e/o protettivo nei confronti di determinate condizioni patologiche”.
Auspico quindi che in un prossimo documento di altrettanta importanza e rilevanza venga modificata la sentenza di “seguire un regime alimentare vario, ispirato al modello mediterraneo evitando l’eccessivo consumo di carne rossa, sia fresca che trasformata”, con la più corretta sentenza “evitando l’eccessivo consumo di ogni alimento”.
Redazione Carni Sostenibili