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EXPO 2015, dalle filiere zootecniche una proposta per la Carta di Milano: “La Clessidra Ambientale”

Roma, 25 febbraio 2015 – Dalla piramide alimentare, rappresentativa della Dieta Mediterranea, alla Clessidra ambientale, per dimostrare come mangiare carne nelle giuste quantità garantisca l’equilibrio fra salute, tutela ambientale e sostenibilità economica.

Si è svolto oggi, presso la Sala Capitolare del Senato della Repubblica, l’incontro organizzato da Assica, Assocarni e UnaItalia per la presentazione di “Una proposta per la Carta di Milano: la Clessidra Ambientale”, alla presenza di varie cariche istituzionali, quali Andrea Olivero, Vice Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Emilia Grazia De Biasi, Presidente Commissione Igiene e Sanità al Senato, Roberto Formigoni, Presidente Commissione Agricoltura e Produzione Agroalimentare al Senato, e Luigi Scordamaglia, Presidente di Federalimentare e Vice Presidente di Assocarni.

L’iniziativa è nata per illustrare la sostenibilità delle carni in Italia e rappresenta una proposta concreta per la Carta di Milano, il documento che costituirà un’eredità di Expo 2015 da consegnare al Segretario Generale dell’Onu il prossimo ottobre durante la giornata mondiale sull’alimentazione.

Un sentito ringraziamento agli organizzatori per aver portato avanti il tema della sostenibilità nella filiera zootecnica in Italia – sottolinea Andrea Olivero Vice Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali -. Il tema è di grande interesse sia per tutelare un settore che genera valore economico e occupazione sia per rispondere alle richieste sempre più attente del cittadino-consumatore. Il lavoro, che evidenzia le strette connessioni tra il fabbisogno nutrizionale, la sostenibilità ambientale, la riduzione degli sprechi e la sicurezza alimentare, dimostra che la filiera è impegnata a costruire un modello produttivo attento non solo alle esigenze di mercato ma anche ad un uso efficiente delle risorse naturali. Questi stessi obiettivi si ritrovano nelle possibilità offerte dalla nuova Politica agricola comunitaria, si pensi al sostegno accoppiato per il settore della carne bovina o alla misura del benessere animale dei nuovi Programmi di sviluppo Rurale e all’azione di regolazione della filiera, portata avanti dal Mipaaf, attraverso gli strumenti dell’etichettatura, dei piani di settore e l’avvio di un sistema di qualità nazionale: con queste carte vincenti la zootecnia italiana si presenta al parterre internazionale di Expo.

Luigi Scordamaglia, Presidente di Federalimentare e Vice Presidente di Assocarni ha poi ribadito –La Carta di Milano sarà la prima grande eredità dell’Esposizione Universale e l’Italia ha una grande opportunità: fornire un contributo fondamentale al tema “Nutrire il Pianeta”, una delle priorità identificate dall’ONU per il prossimo millennio. Pochi sono i Paesi con un sistema agroalimentare equilibrato e sostenibile come quello italiano, che può diventare un modello di riferimento per tutti. In particolare, la filiera delle carni italiane può mostrare al mondo come soddisfare il crescente fabbisogno di proteine riducendo al minimo l’impatto ambientale. Questo è il messaggio che il settore alimentare delle carni italiane porterà a Expo Milano 2015”.L’intero progetto denominato Carni sostenibiliha proseguito Scordamaglia – è un’iniziativa senza precedenti, nata dalla collaborazione delle tre maggiori filiere zootecniche italiane, bovine, suine, avicole, per fare chiarezza sul mondo delle carni, un settore che oggi impiega oltre 180.000 addetti, generando un valore economico di 30 miliardi di euro all’anno, rispetto ai circa 180 miliardi dell’intero settore alimentare e ai 1.500 miliardi del PIL Nazionale”.

Fulcro del progetto è il Rapporto “La Sostenibilità della carni in Italia”, che evidenzia come la filiera delle carni sia uno dei settori più virtuosi nell’agroalimentare italiano dal punto di vista nutrizionale, ambientale, economico, della lotta allo spreco e della sicurezza alimentare. L’immagine simbolo della ricerca è la Clessidra Ambientale che, partendo dalla piramide alimentare, rappresentativa della Dieta Mediterranea, fotografa l’impatto ambientale delle produzioni agroalimentari, dimostrando come in una dieta settimanale bilanciata, basata sulle porzioni consigliate dai nutrizionisti del CRA-NUT, carne e ortofrutta impattano sull’ambiente in modo praticamente analogo. Di conseguenza, mangiare carne nelle giuste quantità risulta sostenibile per l’ambiente, per la salute e per il portafoglio.

L’incontro di oggi, svoltosi col patrocinio del Senato della Repubblica e del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MiPAAF), è stato moderato dal giornalista Alessandro Cecchi Paone e ha visto l’intervento, oltre alle alte cariche precedentemente citate, di un panel di esperti: Massimo Marino, ingegnere ambientale e fondatore della società Life Cycle Engineering, Andrea Ghiselli, nutrizionista e ricercatore del CRA-NUT, Antonio Galdo, giornalista e fondatore del sito “Non sprecare”, Ettore Capri, Professore ordinario di Chimica Agraria e membro EFSA e Maria Caramelli, Direttore generale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta.

La carne e la sostenibilità ambientale

Fino ad oggi si è valutata la carbon footprint della filiera delle carni in termini assoluti (emissioni di CO2 per unità/Kg di carne). Ora, il rapporto vuole proporre un nuovo approccio, che valuta l’impatto di un alimento sulla base delle quantità realmente consumate nell’ambito di una dieta corretta ed equilibrata: una visione più aderente al nostro contesto sociale, che porta a risultati nuovi e non scontati, che aprono a differenti considerazioni e prospettive.

Massimo Marino, socio fondatore di Life Cycle Engineering e responsabile tecnico del progetto, spiega che: “La Clessidra Ambientale moltiplica l’impatto ambientale degli alimenti per le quantità settimanali suggerite dalle linee guida nutrizionali. Per questo, una dieta coerente con il modello mediterraneo è equilibrata anche dal punto di vista degli impatti ambientali, perché tutti gli alimenti hanno quasi la stessa influenza. Se si segue dunque il giusto modello alimentare, infatti, l’impatto medio settimanale della carne risulta allineato a quello di altri alimenti, per i quali gli impatti unitari sono minori, ma le quantità consumate decisamente maggiori”.

Dai dati emerge ad esempio che la carbon footprint (ossia la quantità di emissioni di gas a effetto serra generate lungo la filiera) delle proteine è pari a 5,9 kg di CO2 equivalente, un valore in linea con quello di frutta e ortaggi, che arriva a 5,6 kg di CO2 equivalente.

Il valore nutrizionale della carne e il consumo in Italia

Il rapporto sulla “La sostenibilità delle carni in Italia” evidenza inoltre come un consumo di carne equilibrato costituisca anche un contributo fondamentale anche per la tutela della salute delle persone. Va osservato come negli ultimi decenni si sia assistito all’aumento di alcune patologie croniche, quali ad esempio diabete, sovrappeso, obesità e ipertensione. La maggior frequenza di queste patologie è da ricercare, secondo gli esperti, in stili di vita scorretti, quali sedentarietà e cibi ipercalorici, ricchi ad esempio in zuccheri, il cui consumo negli ultimi decenni è cresciuto, in controtendenza alla diminuzione di quello della carne. Infatti il rapporto ha evidenziato come il consumo pro capite reale di carne in Italia, sia abbastanza allineato con le indicazioni INRAN (oggi CRA-NUT) più recenti e disponibili e come, nel medio periodo, si sia registrato un trend in leggero calo.

Per quanto riguarda l’aspetto nutrizionale, il Dott. Andrea Ghiselli, nutrizionista e ricercatore del CRA-NUT, ha precisato che “la carne e i salumi consumati secondo il modello della dieta mediterranea rappresentano importanti fonti di proteine e altri nutrienti solitamente assenti (vitamina B12) o poco rappresentati (zinco, selenio) o scarsamente disponibili (ferro-eme) nei prodotti di origine vegetale. Tutti questi elementi svolgono un ruolo importante per il mantenimento in buona salute dell’organismo e per un suo ottimale funzionamento, e forniscono mediamente un apporto calorico molto più basso rispetto alle proteine vegetali”.

La filiera della carne un “modello virtuoso”: poco spreco

Ogni anno in Europa vengono sprecati circa 90 milioni di tonnellate di alimenti per una media di 180 kg pro capite all’anno, un’abitudine che comporta un impatto ambientale, sociale ed economico non più accettabile.

L’analisi dello spreco legato al settore delle carni evidenzia invece come queste filiere carni siano tra le più virtuose nell’agroalimentare italiano e possano rappresentare il modello produttivo per assicurare sostenibilità economica e ambientale in uno scenario che prevede un aumento del 60% della domanda di proteine da parte della popolazione mondiale entro il 2050 (World Livestosk in Food Security, Roma 2011).

Secondo quanto dimostra il rapporto, il settore delle carni è infatti quello meno soggetto al fenomeno dello spreco, sia dal lato del consumo, per il valore economico, culturale e sociale percepito da parte dei consumatori, sia da quello della produzione, per la struttura e l’organizzazione virtuose della filiera. L’allevamento, ad esempio, ha un tasso di spreco dello 0,14% rispetto allo 0,31% del cerealicolo e al 4,67% dell’ortofrutticolo.

In Italia è in corso una rivoluzione, dal basso, all’insegna del non sprecare. – spiega Antonio Galdo giornalista e fondatore del sito www.nonsprecare.itSi stanno modificando in  modo radicale gli stili di vita, i consumi diventano più consapevoli e più responsabili e gli sprechi si riducono. Conta, certo, l’effetto della Grande Crisi che spinge tutti alla ricerca del “come risparmiare” (la parola più ricercata da Google nel 2014), ma è determinante la capacità degli italiani di confermarsi un popolo adattivo, in grado cioè di adattarsi alle nuove circostanze con estrema flessibilità. E mentre tutti gli economisti cercano il paradigma di un nuovo modello di sviluppo, gli italiani lo hanno trovato nella loro vita quotidiana”.

La corretta valutazione degli impatti ambientali della zootecnia

La filiera di produzione della carne è piuttosto articolata in quanto, a differenza dei prodotti di origine vegetale, è necessario un “doppio passaggio”: prima si producono gli alimenti per gli animali, poi si avvia la fase di allevamento. Questo è il motivo principale del maggior impatto, per unità di massa, della carne rispetto agli altri alimenti.

Per una corretta valutazione degli impatti è necessario però ricordare che dall’allevamento degli animali si producono, oltre alla carne, altri importanti prodotti alimentari e non. Il caso della carne bovina, ad esempio, è certamente il più chiaro da questo punto di vista: basti pensare che questo animale, oltre alla carne, produce anche latte, pelle ed altri importanti sottoprodotti utilizzati nei campi più disparati.

Oltre quindi alla filiera propriamente legata alla carne, si devono prendere in considerazione contemporaneamente almeno la filiera del latte e della pelle per avere una corretta valutazione dei consumi. Un ulteriore elemento da sottolineare è legato alla gestione delle deiezioni che spesso si trasformano da problema ad opportunità: a seguito del progressivo utilizzo degli impianti produttori di biogas, infatti, queste biomasse consentono la produzione di energia rinnovabile che permette la riduzione del consumo di combustibili fossili, la produzione di fertilizzanti organici di elevata qualità e in generale la riduzione degli impatti ambientali.

Secondo Ettore Capri, Professore Ordinario in Chimica Agraria e Membro EFSA “La filiera della carne è una filiera complessa, reticolata, che parte dalle aziende di produzione mangimistica, alla genetica, all’allevamento, alla trasformazione, alla distribuzione e al recupero degli scarti attraverso interconnessioni con altre filiere. Una filiera antica che si basa sulle tradizioni locali quindi legata al territorio e alle persone. In questi anni la regolamentazione sull’uso dei fertilizzanti, delle biomasse e degli agrofarmaci, sulla sicurezza ambientale  – solo per fare qualche esempio – hanno permesso di raggiungere standard qualitativi elevati in tutti i settori della filiera valorizzando la conoscenza tecnica tradizionale. Così, se si opera attraverso buone pratiche agricole e di trasformazione come succede nella filiera della carne italiana certificata, gli impatti ambientali negativi sono minimi e vanno evidenziati gli effetti positivi sul paesaggio e sulla sicurezza ambientale sul territorio”.

Sicurezza alimentare al primo posto

La filiera della carne è virtuosa anche dal punto di vista della qualità e della sicurezza alimentare, garantite per legge dai numerosi controlli delle autorità e delle organizzazioni coinvolte nella catena produttiva. Il Sistema sanitario italiano è uno dei più strutturati a livello mondiale grazie ai circa 4.500 veterinari pubblici coinvolti, alle verifiche effettuate, alla completa tracciabilità dei prodotti: nell’ambito del Piano Nazionale Residui (PNR) i controlli effettuati dalle Autorità Pubbliche su tutti i campioni delle filiere delle carni risultano conformi ai parametri di legge per il 99%.

Garantire la sicurezza alimentare – spiega Maria Caramelli, Direttore Generale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta – significa proteggere la salute delle persone e sostenere le produzioni di cibo che rappresentano un pregio per il nostro Paese. La sicurezza alimentare è un valore di cui l’Italia possiede una leadership mondiale che va valorizzata perché elemento a tutela del consumatore. Il sistema italiano è uno dei più all’avanguardia, con normative e programmi di controlli capillari che tutelano il consumatore lungo tutti i passaggi della filiera”.

www.carnisostenibili.cvdemo.online

Professore Ordinario di Chimica Agraria e Ambientale, Università Cattolica del Sacro Cuore. È membro del gruppo di lavoro PROMETHEUS dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA). Dal 2009 è direttore del centro di ricerca sullo sviluppo sostenibile OPERA, con sede a Bruxelles e a Piacenza. Dall’inizio della sua carriera databile 1987 ha svolto ricerche sugli impatti dei contaminanti nell’ambiente e nei prodotti alimentare, sugli organismi animali e sull’uomo, studi che oggi integra nelle sue indagini di valutazione del rischio.