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Emissioni in Italia: agricoltura e zootecnia settori virtuosi

Per ridurre le emissioni italiane bisogna rendere più efficienti i settori di energia e trasporti. Agricoltura e zootecnia esempi virtuosi.

Sono passate alcune settimane dalla COP 28, durante la quale per la prima volta in una COP si è citato il superamento delle fonti fossili, pur mancando il termine “uscita” e una tabella di marcia (qui i 5 messaggi più importanti emersi dalla Conferenza). L’espressione che ha messo d’accordo tutti è “transitioning away”, che ha comunque consentito il raggiungimento di un accordo.

Mentre a livello mondiale si lavora per la COP 29 di fine 2024, è importante a livello locale porsi la domanda: Emissioni di Gas serra: come procede il perseguimento degli obiettivi italiani? A dare una risposta a questo quesito ogni anno è il Rapporto ISPRAuscito ad aprile 2023 – che ha come focus “Le emissioni di gas serra in Italia: obiettivi di riduzione e scenari emissivi futuri”. Il documento ha evidenziato una crescita delle emissioni nel periodo post-pandemico. Il comparto agricolo nel suo complesso invece continua a essere tra i settori più contenuti.

CHI È L’ISPRA E CON CHE METODOLOGIA SONO CALCOLATE LE EMISSIONI DI CO2

Innanzitutto, avendo citato l’ente, spieghiamo chi è l’ISPRA. L’acronimo sta per Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, che insieme alle ARPA (regionali) e APPA (provinciali), fa parte anche del Sistema Nazionale per la Protezione Ambientale (SNPA). Ma come vengono calcolate le emissioni di gas serra?

Le emissioni di gas serra sono in gran parte dovute alle emissioni di anidride carbonica (CO2), connesse, per quanto riguarda le attività antropiche, principalmente all’utilizzo dei combustibili fossili. Sono calcolate attraverso la metodologia dell’IPCC e sono tutte indicate in termini di tonnellate di CO2 equivalente, applicando i coefficienti di Global Warming Potential (GPW100) di ciascun composto.

Gli altri gas che contribuiscono all’effetto serra considerati, quali il metano (CH4), il protossido di azoto (N2O) e gli F-gas o gas fluorurati (HFCs, PFCs, SF6, NF3) vengono quindi convertiti in termini di CO2 equivalente. La sigla kt che spesso si legge indica migliaia di tonnellate (es kt CO2 equivalente).

NUOVE METRICHE GPW* E PERMANENZA DEI GAS IN ATMOSFERA

A proposito di GWP* (GWP Star), degno di nota è il lavoro di un team di ricerca dell’Università di Sassari, che ha ricalcolato le emissioni del settore zootecnico del Belpaese usando una nuova metrica proposta da un gruppo di fisici dell’atmosfera di Oxford e pubblicata su Nature. Il team di ricercatori italiani ha utilizzato queste nuove metriche per le emissioni di metano delle filiere zootecniche italiane, confrontando poi i risultati con quelli precedentemente ottenuti attraverso le vecchie metriche.

Quello che emerge è sorprendente: da una parte una significativa riduzione delle emissioni, dall’altra addirittura la negativizzazione dell’impronta ambientale. In altri termini, se guardiamo il contributo cumulativo totale della produzione zootecnica italiana al riscaldamento globale negli ultimi 10 anni (emissioni di metano e protossido di azoto), con l’applicazione delle nuove metriche questo diminuisce fino a negativizzarsi: da +206 milioni di tonnellate di CO2 equivalente calcolate con il vecchio metodo (GWP) a – 49 milioni di tonnellate stimate con le nuove metriche (GWP*).

DOPO IL PERIODO PANDEMICO SONO TORNATE A CRESCERE LE EMISSIONI DI GAS SERRA, CON SCENARI POCO PROMETTENTI AL 2030. VEDIAMO I SETTORI PIÙ IMPATTANTI

I dati riportati dall’ISPRA lo scorso aprile hanno messo in evidenza come in Italia siano tornate a crescere, nel 2021, le emissioni di gas serra dopo la battuta d’arresto dovuta al periodo pandemico. In un solo anno (2020-2021) i valori mostrano un deciso aumento (+8.5%), segno della ripartenza. Rispetto al 1990, si è registrato un generale -20% dovuto soprattutto alla crescita negli ultimi anni della produzione di energia da fonti rinnovabili (idroelettrico ed eolico), all’efficienza energetica nei settori industriali e al passaggio all’uso di combustibili a minor contenuto di carbonio.

Questo dato della curva trentennale non è però una buona notizia, come evidenziato dal rapporto: le emissioni risultano di 11 milioni di tonnellate al di sopra dell’obiettivo stabilito per il 2021 e poco promettenti sono gli scenari al 2030. Si attende infatti una scarsa riduzione delle emissioni nei settori trasporti e riscaldamento e un disallineamento rispetto agli obiettivi stabiliti dall’Effort Sharing, che nel 2030 potrebbe superare i 15 Milioni di tonnellate.

Come risulta dai dati annuali del Global Footprint Network, relativi all’Overshoot Day, per far fronte alle attuali richieste di risorse, l’umanità, ad oggi, avrebbe necessità di 1,7 Terre, mentre se tutti vivessero come gli italiani, ne servirebbero quasi 3. I dati che usciranno nel 2024, molto probabilmente, confermeranno il trend in crescita.

IL COMPARTO AGRICOLO PROTAGONISTA DELLA TRANSIZIONE GREEN

Come ricordato da CIA Agricoltori italiani, nella scorsa Giornata mondiale dell’ambiente, “L’agricoltura oggi pesa solo il 7% sul totale delle emissioni prodotte che si riversano sull’ambiente. Un impegno sulla via della sostenibilità che in Italia va avanti da tempo: diminuisce fortemente l’uso di pesticidi chimici; crescono le superfici biologiche e le agroenergie; si riduce di netto il consumo d’acqua grazie all’irrigazione di precisione; aumenta la manutenzione e la cura del verde, nelle aree rurali e urbane”. Come sottolineato dalla nota associazione di Agricoltori Italiani, “l’agricoltura è in pista per realizzare la transizione verde, ma servono più risorse e strumenti adeguati, puntando su innovazione, ricerca, nuove tecnologie genetiche e digitali”.

L’AGRICOLTURA È RIMASTA SOSTANZIALMENTE STABILE IN TERMINI DI KT CO2 EQUIVALENTE

Il settore agricolo, allevamenti inclusi, non ha subito particolari incrementi in termini di emissioni, a differenza di altri settori. La ripartizione percentuale delle emissioni di gas climalteranti dimostra che agricoltura e pescicoltura sono sotto l’8% del totale dei GHG (7,8%), e la zootecnia in particolare è intorno 6% (i ruminanti domestici incidono per circa il 5%).

Nel settore agricolo si è registrato un calo delle emissioni di gas serra pari a -13.2% dal 1990 (tabella 3.5 del report), principalmente a causa della riduzione del numero dei capi, delle superfici e produzioni agricole, della riduzione dell’uso dei fertilizzanti sintetici e dei cambiamenti nei metodi di gestione delle deiezioni.

Come ha ricordato un articolo di Ruminantia a commento del report, gli allevamenti italiani vanno inquadrati all’interno del complessivo operato delle aziende agricole, ove solitamente la presenza di alberi, prati permanenti e colture annuali svolgono al contempo un’importante sottrazione del carbonio dall’atmosfera.

Scendendo nel dettaglio dei numeri, per l’agricoltura le emissioni si riferiscono principalmente ai livelli di CH4 e N2O, che rappresentano rispettivamente il 64.9% e il 33.7% del totale settoriale. La diminuzione delle emissioni osservata nel periodo 1990-2021 (-13.2%) è principalmente dovuta alla diminuzione delle emissioni di CH4 da fermentazione enterica (-14.2%) e alla diminuzione di N2O dai suoli agricoli (-7.8%).

Per quanto riguarda l’uso del suolo, il cambiamento di uso del suolo e la silvicoltura, dal 1990 al 2021 ha determinato che gli assorbimenti totali in CO2 equivalente sono notevolmente aumentati; la CO2 rappresenta la quasi totalità delle emissioni e degli assorbimenti del settore (95.2%).

EMISSIONI DI GAS CLIMALTERANTI: QUALI I SETTORI CHE CONTRIBUISCONO DI PIÙ

Il Report ISPRA di aprile 2023 ha confermato che circa metà delle emissioni nazionali di gas climalteranti proviene dalla produzione di energia e dei trasporti, nonostante il settore energetico mostri una riduzione del 21,8% dal 1990 al 2021 dovuta al calo delle emissioni provenienti dalle industrie energetiche, manifatturiere e delle costruzioni (nel 2021 diminuiscono del 37,2% e del 41,5%).Sempre rispetto al 1990 (anno preso a parametro per registrare i risultati degli impegni di tagli dei gas climalteranti), calano le emissioni provenienti dal settore delle industrie energetiche del 37% nel 2021, a fronte di un aumento della produzione di energia termoelettrica (da 178,6 Terawattora – TWh – a 189,7 TWh) e dei consumi di energia elettrica (da 218,7 TWh a 300,9 TWh).

Il settore dei trasporti contribuisce in maniera importante alle emissioni nazionali di gas serra: mentre nel 2020 la pandemia aveva fatto registrare una flessione, nel 2021 il settore si è riallineato agli anni precedenti e ha contribuito complessivamente per il 24.7% rispetto al totale nazionale, di cui il trasporto stradale costituisce la fonte maggioritaria di emissioni (93% del settore dei trasporti).

LE STIME DEL 2022 SONO ANCORA IN SALITA, MA L’ITALIA HA RISPETTATO GLI OBIETTIVI NEGLI ULTIMI ANNI

Il rapporto si è spinto a teorizzare le stime per il 2022 (i cui calcoli saranno disponibili nel corso del 2024): globalmente si prevede un leggero incremento dei livelli emissivi rispetto al 2021 (+0.1%) a fronte di un aumento previsto del PIL pari all’1,7%. L’andamento stimato è dovuto alla crescita delle emissioni del settore trasporti (+5,5%) e della produzione di energia (+9.6%), mentre per gli altri settori si prevedono marcate riduzioni delle emissioni.L’ISPRA rileva come, per il periodo dal 2013 al 2020, l’Italia abbia rispettato gli obiettivi di riduzione assegnati. Tale risultato però è stato dovuto non solo alle politiche e misure adottate, ma anche ai diversi cicli di crisi economica, connessi alle dinamiche economiche globali. Tutti i dati e gli scenari dell’inventario italiano delle emissioni sono disponibili a questo link.

Content Manager e storyteller 2.0. Fa parte del network di Eco Connection Media. Redattrice per il webmagazine Economia Circolare. Scrive anche su e-cology.it. Si occupa di strategie di comunicazione web, gestione social, consulenza 2.0 e redazione news e testi SEO. Per Green Factor, all’interno dell’ufficio stampa, si occupa delle relazioni istituzionali.