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Emissioni di metano: vacche parte della soluzione climatica

Vacche ed allevamenti bovini sono sempre sotto attacco, soprattutto quando si parla di emissioni di metano. Eppure possono far parte della soluzione alla crisi climatica.

Tutti contro gli allevamenti bovini, tutti in ansia climatica per le loro emissioni di metano. Ma sono realmente le vacche le vere colpevoli quando si parla di cambiamento climatico? La risposta è no. Anzi, al contrario, gli allevamenti non sono il problema, ma potrebbero essere parte della soluzione alla crisi climatica. Questo perché, nonostante il metano delle mucche abbia un effetto serra 28 volte più potente della CO2 emessa dalla combustione di petrolio e carbone, resta in atmosfera solamente 10 anni, mentre l’anidride carbonica persiste per un millennio. Ecco perché, nella valutazione dell’impatto ambientale degli allevamenti, non ha senso calcolare tutto in termini di CO2 equivalente.

Quasi nessuno, almeno in ambito #green, sembra accettare che gli #allevamenti non sono il problema, ma al contrario potrebbero e dovrebbero essere parte della soluzione alla #CrisiClimatica. Condividi il Tweet

Il metano è un potente gas climalterante, ma oltre che dalle vacche, viene prodotto dalle risaie, dalle paludi, dalle discariche, persino dagli oceani e dall’estrazione di combustibili fossili, le cui emissioni sono anche più alte del previsto: nuove ricerche svelano che l’impatto dell’estrazione dei combustibili fossili (gas, carbone e petrolio) e delle emissioni fuggitive pesa per il 34% del metano antropogenico, mentre il metano della zootecnia impatta per il 27% e le discariche per il 23%. La rimanente quota di metano di origine antropica (16%) deriva dalle altre attività agricole.

Grazie alla #zootecnia si può ottenere una drastica riduzione del #RiscaldamentoGlobale. Importante è iniziare a misurare le fonti del #GlobalWarming in modo corretto. Condividi il Tweet

In ambito zootecnico sono stati fatti molti passi avanti per ridurre la produzione di metano dei bovini, grazie ad additivi nei mangimi o digestori anaerobici. Ad esempio, è stato messo a punto un probiotico, composto da tre ceppi batterici, che aggiunto al mangime è capace di indurre una riduzione del 68% di metano, mentre un altro, composto da un solo ceppo di microrganismi batterici riesce ad ottenere una riduzione del 78%. C’è anche un integratore a base di un’alga rossa che ha la capacità di ridurre addirittura del 92% il metano prodotto nel rumine delle vacche alimentate con questo supplemento, senza conseguenze sulla loro salute, sul sapore della carne, sulla produzione o sulla qualità di latte e formaggi.

Grazie alla zootecnia si può ottenere una drastica mitigazione del riscaldamento globale. “Se la vostra domanda è: possiamo ridurre il riscaldamento? La risposta è sì, ma abbiamo misurato il contributo del metano in modo errato”, spiega il professor Frank Mitloehner, docente e specialista in qualità dell’aria presso il dipartimento di Scienze Animali della UC Davis, in questo interessante video: “Se vogliamo sapere qual è l’impatto di una riduzione del metano sul riscaldamento, l’equivalenza con l’unità di CO2 è totalmente sbagliata.”

Oltre al fatto di restare solo per pochi anni in atmosfera rispetto alla CO2 ed essere quindi un gas climalterante di breve durata, il metano prodotto dalle vacche fa parte del ciclo biogenico del carbonio. In pratica, le piante catturano l’anidride carbonica dall’atmosfera con la fotosintesi, assorbendo il carbonio e rilasciando ossigeno; quel carbonio viene convertito in carboidrati nella pianta, che sarà quindi consumato, digerito e rilasciato dalle mucche come metano. Dopo 10 anni in atmosfera, il metano viene scomposto e riconvertito in anidride carbonica. Queste molecole sono le stesse molecole di carbonio che si trovavano nella pianta mangiata dall’animale: per cui il carbonio che è stato sottratto dall’atmosfera dalla pianta è tornato nell’atmosfera con un ciclo chiuso.

“Si tratta insomma di carbonio “riciclato”, detto anche carbonio biogenico, che attraversa un ciclo ed è molto diverso dal carbonio fossile, che invece percorre una via a senso unico, dal basso in alto nell’aria”, sottolinea il professor Mitloehner: “Se manteniamo costante il numero di animali allevati la quantità di metano prodotta dalle vacche e quella di metano distrutta si bilanciano a vicenda. Ciò significa che non si aggiunge nuovo carbonio nell’atmosfera e quindi non abbiamo nessun riscaldamento aggiuntivo.”

L’#AnidrideCarbonica che avete emesso 20 anni fa viaggiando in #auto o in #aereo è ancora in #atmosfera e ci rimarrà per altri secoli. Il #metano emesso dalla digestione dei #bovini invece no. Condividi il Tweet

Il metano proveniente dagli allevamenti è dunque considerato un gas di flusso perché, quando viene emesso, viene poi distrutto. Al contrario, l’anidride carbonica prodotta dai combustibili fossili è un gas di riserva, che si accumula nell’atmosfera. In pratica, l’anidride carbonica emessa oggi si va ad aggiungere all’anidride carbonica emessa ieri, che è stata aggiunta all’anidride carbonica del giorno prima, e così via. Perfino l’anidride carbonica che avete emesso magari vent’anni fa viaggiando in auto o in aereo è ancora lì in atmosfera, e ci rimarrà per altri secoli. Il metano emesso dalla digestione delle mucche invece no.

Insomma, grazie alla zootecnia si potrebbe ottenere un raffreddamento globale a breve termine: fondamentale se si vuole tenere il riscaldamento globale al di sotto dei 1,5 gradi centigradi. “Ciò che mi entusiasma di più è che se riduciamo il metano proveniente dalle vacche sottraiamo attivamente il carbonio dall’atmosfera, quasi come se dovessimo immagazzinare CO2 atmosferica nel terreno”, spiega Mitloehner: “Se si riduce il metano prodotto dalle mucche, si sottrae il carbonio dall’atmosfera e questo induce il raffreddamento globale”.

Se si riduce il #metano prodotto dai #bovini, si sottrae il #carbonio dall'atmosfera e questo induce il #RaffreddamentoGlobale. Condividi il Tweet

Ma si può fare davvero? “Può essere fatto ed è stato fatto”, assicura l’esperto della UC Davis: “Qui in California, ad esempio, siamo riusciti a ridurre il metano del 25% grazie a miglioramenti nella gestione del letame. Se riduci il metano, induci un forte effetto di raffreddamento, ciò significa che le vacche sono una parte importante della soluzione per ridurre il nostro impatto complessivo sul clima.”

Agricoltura e zootecnia sono le uniche attività umane in cui emissioni e sequestri di carbonio avvengono contemporaneamente. In Italia, i nuovi studi con le metriche aggiornate che prendono in considerazione per la prima volta le differenze tra metano e CO2 confermano che gli allevamenti negli ultimi 10 anni non hanno impattato sul clima, ma hanno contribuito a raffreddare l’atmosfera con emissioni in negativo di – 49 milioni di tonnellate di CO2 equivalente.

Ripensare al metano consente di concentrarsi sulle soluzioni climatiche sia a breve che a lungo termine, continuando a lavorare per nutrire una popolazione in crescita, fanno presente gli esperti. Ma per far questo servirà che agricoltori e allevatori, enti di controllo e ricercatori lavorino insieme. Possibilmente senza paraocchi ideologici che, alla fine, fanno più danni al clima dei tanto vituperati bovini.

 

[Fonte: Video Prof. Frank Mitloehner UC Davis – California]

Giornalista specializzato in sostenibilità, cambiamento climatico e temi ambientali, scrive per diversi giornali, riviste e siti Web. Da una decina di anni è molto attivo sia come relatore che come moderatore presso eventi sempre legati alla sostenibilità ed alla green economy. Laureato in sociologia, fra i temi su cui focalizza il suo lavoro spiccano gli impatti delle produzioni alimentari, a partire da quelli legati alla zootecnia ed ai cibi animali. A fine 2018 ha pubblicato il libro “In difesa della carne”, edito da Lindau.