Elisabetta Bernardi: “Rischioso divulgare notizie senza dietro una corretta informazione”
Elisabetta Bernardi è una una nutrizionista che si occupa di educazione alimentare, nutrizione per lo sport, ma soprattutto di divulgazione scientifica. Da oltre vent’anni traduce la scienza in consigli pratici. Con il suo libro “Oggi cosa mangio” ha cercato di trasformare i risultati delle più importanti attività di ricerca nel campo dell’alimentazione in regole da seguire, in diete da proporre in famiglia, in ricette da portare a tavola. E’ docente all’Università di Bari, svolge attività di ricerca all’Università La Sapienza di Roma ed è autrice per la trasmissione scientifica “Superquark“. Le abbiamo fatto qualche domanda.
Dottoressa, qual è il ruolo della carne in una sana alimentazione?
Cominciamo con il dire che noi uomini siamo onnivori, lo dimostra il modo in cui ci siamo evoluti, ma soprattutto lo possiamo capire ogni volta che sorridiamo davanti allo specchio. La nostra dentatura non ammette dubbi: abbiamo denti per i cereali e i tuberi e per la carne. Ma anche i nostri fabbisogni nutrizionali non ammettono dubbi. Soprattutto durante la crescita e lo sviluppo alcuni nutrienti della carne sono indispensabili. Gli alimenti come carne, pesce e uova sono fonti preziose di proteine di alta qualità, facilmente digeribili, e molti micronutrienti essenziali come ferro, zinco, vitamina A e vitamina B12. Il consumo anche di piccole quantità di carne può contribuire in maniera sostanziale a garantire l’adeguatezza della dieta, impedendo la malnutrizione per difetto ed eventuali carenze nutrizionali, e contribuisce anche ad avere un impatto positivo sulla crescita, sulla funzione cognitiva e sull’attività fisica, in particolare nei bambini. Oltre ciò, se l’alimentazione è adeguata e comprende anche gli alimenti di origine animale si riscontra una riduzione della morbilità da malattia (il numero dei casi di malattia registrati durante un periodo dato in rapporto al numero complessivo delle persone prese in esame, ndr), rischi minori per madre e nascituro durante gravidanza e allattamento e un sistema immunitario più efficiente.
Quando si confrontano i pregi e i difetti delle diete vegetariane e del consumo di carne, si evidenzia come solo la presenza di entrambe nella nutrizione di un individuo possa contribuire efficacemente a una dieta sana e ben bilanciata. Per ottenere, ad esempio, la quantità adeguata di amminoacidi essenziali da una dieta esclusivamente vegetale, si rischia di introdurre allo stesso tempo una quantità eccessiva di altri nutrienti, rispetto alle esigenze del nostro organismo. La combinazione di cereali e legumi è spesso indicato come un adeguato sostituto della carne per via del suo apporto proteico, in cui le carenze di aminoacidi essenziali dei cereali sono coperte da quelle dei legumi e viceversa. Ma per ottenere gli aminoacidi di 70 grammi di carne, una fettina piccola che apporta meno di 80 kcal, si dovrebbero consumare 2 porzioni di pasta e fagioli, con un apporto di oltre 700 kcal. E questi conti conviene farli, in tempi di incidenza di obesità così elevata.
Ma chi mangia un po’ di carne o salumi corre davvero dei rischi in più per la propria salute, rispetto a chi l’ha eliminata dalla propria dieta?
Si può dire con tranquillità che consumare carne, come ogni altro alimento, nelle quantità raccomandate dagli Istituti di ricerca sull’alimentazione, non determina alcun rischio per la salute. E forse è bene ribadire quali siano queste quantità. Per esempio nel modello alimentare mediterraneo, incontestabilmente considerato un modello ideale di alimentazione, la carne, il pesce, le uova e i legumi sono parte del gruppo degli alimenti che fornisce proteine. Tale modello invita a selezionare una varietà di alimenti ricchi di proteine, minerali, vitamine e grassi preziosi, per ottimizzare l’assunzione di nutrienti indispensabili per mantenere un buono stato di salute. La porzione e la frequenza di consumo dipendono naturalmente da età, sesso e livello di attività fisica, ma in generale per gli adulti la porzione e la frequenza di consumo settimanale sono le seguenti:
Alimento del gruppo che fornisce proteine | Porzione (grammi) | Frequenza di consumo settimanale |
Carne | 100 | 2-3 |
Salumi | 50 | 1 |
Pesce fresco/pesce conservato | 150/50 | 2-3 |
Uova | 50 (un uovo) | 2-4 |
Legumi freschi/secchi | 150/50 | 2-4 |
Per le carni, i suggerimenti sono di preferire i tagli magri, di condire le preparazioni utilizzando esclusivamente olio di oliva extra vergine e di limitare l’apporto di sodio.
Nelle scorse settimane abbiamo assistito (almeno in Italia) a una vera e propria bufera mediatica che ha investito il mondo delle carni. Non pensa che tutto ciò possa avere portato alcune persone a fare improvvisamente delle scelte alimentari inappropriate?
Sono grandi i rischi che si corrono quando si divulgano notizie senza che ci sia dietro una corretta informazione. Questo rischia di condizionare i consumi. Se sono pienamente d’accordo che parte della popolazione italiana consuma un po’ troppa carne (adulti e anziani di sesso maschile), non si deve pensare che se alcune categorie di persone come i bambini o gli adolescenti riducono i loro consumi, non possano incorrere in gravi carenze nutrizionali. La carne, in particolare la carne bovina, è la fonte migliore di ferro altamente assimilabile. La carenza di ferro è la carenza alimentare più diffusa anche nel mondo occidentale. Durante la gravidanza la mancanza di ferro può compromettere il funzionamento cerebrale, l’apprendimento e la memoria del bambino: i neonati con bassi livelli di ferro hanno un ritardo dello sviluppo neuro-cognitivo e motorio e questi studi continuano a essere confermati come una recente ricerca condotta all’ospedale pediatrico di Los Angeles e pubblicata su una delle riviste più prestigiose come Pediatric Research. Una delle conseguenze più preoccupanti della carenza di ferro nei bambini è l’alterazione del comportamento e delle prestazioni cognitive. Nei bambini con deficit di ferro si osservano cambiamenti comportamentali, come una capacità inferiore di attenzione, una ridotta reattività emozionale e bassi punteggi nei test di intelligenza. C’è una ricchezza di ricerca clinica, biochimica e neuropatologica che mostra che la carenza di ferro può esercitare un effetto deleterio diretto sull’apprendimento e lo sviluppo cerebrale, e che questo può verificarsi anche con normali livelli di emoglobina. Più tardi durante l’adolescenza, la mancanza di ferro può addirittura influenzare la struttura del cervello e in particolare della mielina, la guaina che circonda le fibre nervose cerebrali e che permette di garantire un’alta velocità di trasmissione dell’impulso nervoso. Se durante l’adolescenza non si assumono quantità sufficienti di ferro, il cervello non funziona in modo idoneo.
Perché secondo Lei la IARC per il suo studio ha preso in considerazione un alimento e non le sostanze, accorpando carni così diverse fra loro?
Ho posto questa stessa domanda a due dei ricercatori firmatari del rapporto IARC e non ho ottenuto risposta. Non è comprensibile. La quasi totalità degli agenti inseriti nelle liste IARC sono sostanze, sostanze solitamente tossiche, inquinanti, antiparassitari, micotossine. Ci sono poi due bevande come il caffè e le bevande alcoliche. Ma penalizzare carne e carne trasformata non ha molto senso. Soprattutto perché nella carne conservata ci sono prodotti così diversi tra loro che unirli in un’unica categoria non ha senso. Sul sito italiano della IARC del resto c’è scritto: “Quando leggiamo che una sostanza o un agente è stato inserito in una delle liste dello IARC, non è il caso di farsi prendere dal panico. È necessario capire quali sono i reali margini di rischio ed entro che dosi e limiti vale la pena di preoccuparsi davvero”. Voglio ricordare che la IARC non fa valutazioni quantitative, ma qualitative, e queste valutazioni su carne e carne trasformata non possono neanche lontanamente essere paragonate a altre sostanze come fumo di sigaretta o arsenico.
La società di consulenze SPRIM ha presentato durante un suo recente workshop un’indagine sui medici in cui si è rivelato come il 61% di loro ritenga i consumi di carne troppo elevati. Non solo, secondo la ricerca un medico su due consiglia di dimezzare la quantità di carne da assumere, soprattutto a bambini ed anziani. Lei cosa ne pensa?
Non sono d’accordo. Se come ho già detto ci sono categorie che potrebbero beneficiare di una riduzione, perché consumano troppa carne come gli adulti di sesso maschile, ce ne sono altre per le quali il consiglio di dimezzare le quantità potrebbe portare a carenze nutrizionali come nei bambini o negli anziani. L’anziano ha un fabbisogno proteico maggiore, e lo stesso vale per ferro e vitamina B12, nutrienti la cui fonte principale è proprio la carne. E per i bambini ribadisco che non è etico eliminare l’opportunità di consumo degli alimenti di origine animale e far loro rischiare di incorrere in carenze nutrizionali che possono ripercuotersi sulla capacità cognitiva, per seguire mode, convinzioni personali, pratiche ortoressiche.
Redazione Carni Sostenibili