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Effetto serra: il bestiame è il meno responsabile

I bovini non sono i maggiori responsabili dell’effetto serra. Anzi, l’attività metabolica ruminale ha la capacità di utilizzare carbonio biogenico contenuto nella cellulosa dei vegetali di cui si alimentano.  

Partiamo dall’inizio, così da tagliare le gambe a una leggenda metropolitana. Le piante crescono assorbendo anidride carbonica e rilasciano ossigeno, grazie alla fotosintesi clorofilliana; rimuovendo il carbonio dall’atmosfera, processo noto come “fissazione del carbonio”, contribuiscono a contrastare il cosiddetto “effetto serra“. Basti pensare che un albero di medie dimensioni assorbe una tonnellata di CO2 per ogni metro cubo di crescita ed emette 727 kg di ossigeno (ECCI, Edinburgh Centre for Carbon Innovation).

Il carbonio assorbito dall’atmosfera durante la fotosintesi si deposita nelle foglie, nelle radici e negli steli delle piante per lo più sotto forma di cellulosa, composto organico più abbondante al mondo presente nei vegetali.

I #bovini non sono i maggiori responsabili dell’#EffettoSerra. Anzi, l’attività metabolica ruminale ha la capacità di utilizzare #CarbonioBiogenico contenuto nella #cellulosa dei #vegetali di cui si alimentano. Condividi il Tweet

Gli studi ci dicono che il quantitativo di cellulosa è molto elevato nelle erbe e negli arbusti che crescono nei terreni incolti, terreni che rappresentano ben due terzi di quelli agricoli e possono essere utilizzati soltanto con il pascolamento dei ruminanti. Che, alimentandosi di questi vegetali, degradano nel rumine e digeriscono la cellulosa, in cui è intrappolato il carbonio biogenico, originato cioè dai processi vitali. Dunque, un ciclo naturale di formazione e trasformazione di elementi chimici.

Il metabolismo ruminale ha un effetto collaterale, quello di creare metano derivante principalmente dalle fermentazioni ruminali (44%) e dalle deiezioni (6%) [FAO, modello GLEAM], che si disperde nell’atmosfera. Tuttavia, a differenza di quanto avviene con la combustione dei derivati del petrolio e del carbone, quello emesso dai ruminanti è un gas senza “polveri sottili”.

Le #emissioni di #metano dei #ruminanti dopo un decennio si trasformano in #vapore acqueo e #CO2 e sono di nuovo assorbite da coltivazioni foraggere mediante #fotosintesi clorofilliana. Condividi il Tweet

È stato calcolato che le emissioni di metano, anche quelle dovute ai ruminanti, dopo circa un decennio si trasformano in vapore acqueo e in CO2 e quindi sono di nuovo assorbite dalle coltivazioni foraggere mediante fotosintesi clorofilliana, alimentando il ciclo di conversione di CO2 in glucosio e poi in cellulosa, mangiata appunto dal bestiame.

Il ciclo del carbonio biogenico tra le piante e l’atmosfera è relativamente veloce (nel caso dei bovini dura appunto dieci anni), mentre lo scambio di carbonio tra l’atmosfera e le riserve geologiche (le fonti fossili) viaggia lungo l’arco di un millennio.

Infatti, occorrono circa mille anni affinché l’anidride carbonica rilasciata dalla combustione dei combustibili fossili sia ricollocata in riserve geologiche, cioè cento volte tanto il tempo impiegato dal metano emesso dai bovini per essere trasformato, assorbito dai vegetali ed entrare nuovamente nel ciclo naturale del carbonio biogenico.

Tra l’altro, è bene sottolineare che, studiando il microbismo ruminale, si possono ridurre i batteri metanogeni. Molto è stato fatto con i mangimi degli allevamenti cosiddetti “intensivi” (o sarebbe meglio dire confinati, almeno nel contesto italiano), i cui nutrienti producono meno metano rispetto a quelli allevati in modo estensivo e alimentati al pascolo.

 

 

Giornalista ed eco blogger, da sempre si occupa di temi legati alla sostenibilità ambientale e al food. Scrive per testate giornalistiche sia cartacee sia online e per blog aziendali. È laureata in Sociologia, con indirizzo Territorio e ambiente, all'università La Sapienza di Roma.