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Edimburgo: niente più carne nelle mense pubbliche

Edimburgo è la prima città in Europa che dice no alla carne nelle mense scolastiche, negli ospedali e nelle strutture per anziani. Scelta inutile e pericolosa.

Edimburgo è la prima città in Europa che dice no alla carne nelle mense scolastiche, negli ospedali e nelle strutture per anziani. Una scelta fatta in nome della sostenibilità, affermano i suoi promotori, con l’obbiettivo di ridurre le emissioni di gas serra. In realtà questa decisione, più ideologica che scientifica, non porterà ai risultati sperati, confermandosi non solo inutile, ma anche pericolosa.

Il Plant-Based Treaty, o “trattato vegetale”, è il nome del documento sottoscritto da Edimburgo insieme ad altre venti città nel mondo, tra cui Los Angeles, che hanno firmato l’iniziativa con la convinzione che questo dia un valido contributo alla lotta contro i cambiamenti climatici. Ma sono sempre più evidenti i dati che confermano che la produzione di carne non è tra le principali cause di emissioni climalteranti. Ecco perché percorrere questa direzione sarà l’ennesimo buco nell’acqua ai fini della risoluzione dei problemi ambientali, oltre che mettere a rischio la salute di bambini e anziani.

La carne è infatti fondamentale per aiutare i più fragili a coprire gli alti fabbisogni nutrizionali, come quelli di amminoacidi essenziali per la crescita dei bambini o per mantenere la muscolatura degli anziani. La carne si è dimostrata efficace nel prevenire la sarcopenia, la perdita di massa muscolare che si verifica con la terza età e i suoi nutrienti sono indispensabile per un corretto sviluppo somatico e neuro-cognitivo dei bambini. Ipotizzare una dieta senza carne in queste fasce di popolazione potrebbe comprometterne il benessere, in quanto è molto più difficoltoso se non impossibile per queste categorie riuscire ad ottenere tutti i nutrienti solamente da cibi vegetali.

La #carne prevene la #sarcopenia, la perdita di massa muscolare che si verifica con la terza età e i suoi nutrienti sono indispensabile per un corretto sviluppo somatico e neuro-cognitivo dei bambini. Condividi il Tweet

Non a caso infatti i menu delle mense scolastiche, ospedaliere e aziendali contengono sempre la carne e vengono scelti e bilanciati da esperti come pediatri, medici, dietisti specializzati nella nutrizione infantile e geriatrica, al fine di seguire le linee guida nutrizionali e tutelare la salute. I menu devono rispettare delle specifiche caratteristiche nutrizionali allo scopo di soddisfare tutte le esigenze e alimentare le persone in maniera completa e sana.

Togliere la carne ai fini ambientali dunque non ha senso, considerando che il settore dell’allevamento in Italia è responsabile appena del 5% delle emissioni di gas serra e l’intero comparto agricolo europeo incide nel totale delle emissioni solo per l’11%. I settori che incidono maggiormente e su cui invece bisognerebbe concentrare gli sforzi e intervenire sono quelli di energia e trasporti, a cui si ricollegano circa la metà delle emissioni di gas climalteranti. Inoltre la possibilità di mitigare i cambiamenti climatici arriva proprio dall’allevamento, grazie a pratiche agro-ecologiche virtuose capaci di sequestrare e ridurre CO2 e metano dall’atmosfera, come il carbon farming e progressi nella mangimistica.

Per fortuna non tutti i gruppi politici sono favorevoli all’iniziativa. “Agli alunni delle scuole dovrebbe essere data la possibilità di avere un’opzione a base di carne per il loro pranzo in quanto svolge un ruolo cruciale in una dieta equilibrata e nel loro sviluppo fisico”, ha dichiarato un parlamentare scozzese: “Questo è l’ennesimo esempio di un’agenda politica forzata nelle nostre aule a scapito di ciò che conta davvero: il benessere e la salute dei nostri giovani”. Piuttosto che eliminare la carne sarebbe invece più efficace ai fini ambientali cercare di ridurre lo spreco alimentare nelle mense, ancora troppo alto e responsabile del 10% delle emissioni globali.

Togliere la #carne nelle mense pubbliche ai fini ambientali non ha senso: il settore dell’#allevamento in Italia è responsabile del solo 5% delle emissioni di gas serra. Condividi il Tweet

Il presidente del consiglio comunale ha precisato che la sottoscrizione del Plant-Based Treaty non porterà l’eliminazione istantanea della carne dai menu di scuole ed altri luoghi pubblici e rimarrà la possibilità di optare per piatti contenenti carne. Tuttavia, tra le richieste del documento, si legge chiaramente la “transizione a piani alimentari a base vegetale in scuole, ospedali, residenze per anziani, carceri e istituzioni governative”.

E pensare che nel 1979 la moneta da 100 lire raffigurava una vacca che allatta il suo vitellino, con la scritta “FAO, Nutrire il mondo”, simboleggiando l’importanza che rivestiva la carne come fonte di nutrimento per il Pianeta contro la fame nel mondo. Sono susseguite poi una lunga serie di lotte sindacali per far sì che la carne, privilegio di pochi benestanti, potesse diventare cibo per tutti, con scontri all’ordine del giorno per poter godere della bistecca nelle mense aziendali.

Si è passati dallo sfamare il mondo con una vacca e un vitello, e dalle conquiste sindacali per beneficiare dei privilegi nutrizionali, fino al rigettare la carne, accusata di tutti i mali per il prevalere di ideologie prive di ogni fondamento scientifico. In meno di cinquant’anni si è completamente capovolta la narrazione. Speriamo che, a fronte delle recenti evidenze scientifiche che restituiscono alla carne i suoi benefici per la salute, possa la saggezza perduta di quel periodo ritornare in questi tempi di nuovi assurdi dogmi da seguire, vuoti da riempire e senso da ritrovare. Perché la debole, improbabile narrazione vegan, con tutto ciò che comporta sia livello di salute, che di tutela dell’ambiente, che di percezione della realtà che ci circonda, non può e non deve durare.

Giornalista specializzato in sostenibilità, cambiamento climatico e temi ambientali, scrive per diversi giornali, riviste e siti Web. Da una decina di anni è molto attivo sia come relatore che come moderatore presso eventi sempre legati alla sostenibilità ed alla green economy. Laureato in sociologia, fra i temi su cui focalizza il suo lavoro spiccano gli impatti delle produzioni alimentari, a partire da quelli legati alla zootecnia ed ai cibi animali. A fine 2018 ha pubblicato il libro “In difesa della carne”, edito da Lindau.