Diete veggie e salutiste, più dannose per l’ambiente?
Contrariamente a quanto si pensava prima, le diete vegetariane e “salutiste” potrebbero essere più dannose per l’ambiente e contribuire ai cambiamenti climatici. Infatti, secondo una nuova ricerca della Carnegie Mellon University (CMU), seguire uno stile di vita sano, fatto di molta frutta e verdura, può avere un impatto ambientale maggiore di quanto ne abbia il consumo di carne.
Secondo questo studio, pubblicato sulla rivista “Environment Systems and Decisions” e ripreso dall’Independent, mangiare lattuga è addirittura più di 3 volte dannoso che mangiare pancetta, in termini di emissioni di gas serra. Per sostenere ciò, i ricercatori americani hanno analizzato l’impatto ambientale per calorie di diversi cibi, valutando il consumo energetico, l’acqua utilizzata e le emissioni di gas nelle varie fasi, a cominciare dalla coltivazione, la lavorazione, il trasporto, la vendita, fino alla conservazione casalinga.
I risultati dello studio vanno decisamente contro tutti gli appelli sentiti finora, che invitavano a ridurre o addirittura abbandonare il consumo di carne per cercare di porre un freno ai cambiamenti climatici.
I ricercatori non mettono in dubbio il fatto che bisognerebbe mangiare meno carne, o che l’allevamento comunque contribuisce a una quantità elevata di emissioni di gas serra, ma sostengono che consumando solamente i cibi considerati “sani”, consigliati dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA), aumenta l’impatto ambientale di ogni singola persona, perfino quando l’introito calorico è ridotto.
A questo proposito Paul Fischbeck, coautore dello studio e professore di Scienze Sociali e delle Decisioni della CMU, sostiene: “Un sacco di verdure di uso comune richiedono più risorse per caloria di quanto si potrebbe pensare. Ad esempio melanzane, sedano e cetrioli risultano maggiormente impattanti sull’ambiente, se confrontate con carne di pollo o maiale”.
Secondo il Senior Research Fellow Anthony Froggatt di Chatham House, a capo di un progetto al fine di esaminare il legame tra consumo di carne ed emissioni di gas serra, i primi risultati dello studio sono stati “sorprendenti”, sostenendo che “è vero che la lattuga può essere davvero dispendiosa da produrre, in termini di consumo di acqua ed energia, ma questi confronti variano enormemente a seconda di come gli alimenti sono coltivati o prodotti. Di solito poi, si guarda alle proteine, piuttosto che alle calorie, e come regola generale è ancora valido che una diminuzione del consumo di carne a favore di un aumento di proteine vegetali, può ridurre le emissioni di gas serra”.
Secondo gli autori, semplicemente riducendo l’introito calorico, senza cambiare le proporzioni di carne e di altri tipi di alimenti, si ha una riduzione delle emissioni di gas, di consumo di energia e di utilizzo di acqua di circa il 9%. Invece, mantenendo costanti le calorie e aumentando l’apporto di cibi sani, il consumo energetico aumenta del 43%, l’uso dell’acqua del 16% e le emissioni dell’11%.
E addirittura, se le persone escludessero totalmente la carne dalla loro dieta e tagliassero le calorie fino ai livelli raccomandati dall’USDA, l’impatto ambientale aumenterebbe del 38% per quanto riguarda l’uso di energia, del 10% per l’uso di acqua e del 6% per le emissioni di gas serra.
Secondo Michelle Tom, un altro co-autore dello studio, “la relazione tra dieta e ambiente è “complessa”. Ciò che è buono per la nostra salute non è sempre la miglior soluzione per l’ambiente. Questo è bene saperlo, per far sì che in futuro vengano sviluppate linee guida nutrizionali che tengano conto di questi compromessi”.
Dal canto suo, Anthony Froggatt di Chatham House, che non era coinvolto nella ricerca, continua a sostenere l’importanza di guardare ai metodi di produzione e alla complessa questione su come l’utilizzo del suolo venga influenzato dai cambiamenti nell’alimentazione. “Sono d’accordo sulla necessità di guardare sia all’impatto ambientale che alla salute. Sappiamo che esiste un consumo globale di carne eccessivo, in particolare nei paesi come gli Stati Uniti, che è destinato in futuro ad aumentare. E questo sicuramente avrà un impatto significativo sul riscaldamento globale.”
Una considerazione utile, comunque, è che confrontare gli alimenti per kcal (impatto/Kcal) porta necessariamente gli alimenti che non forniscono calorie a impattare tanto. Nessuno si nutrirebbe di sola insalata per coprire le sue 2000 Kcal giornaliere. Di conseguenza, non ha molto senso usare i dati ambientali per far competere alimenti differenti. Ciò che resta utile di questo studio, tuttavia, è il far riflettere una volta di più sul fatto che tutti gli alimenti, per essere prodotti, hanno un impatto sull’ambiente, e che non tutti i cibi hanno lo stesso valore nutritivo.
Susanna Bramante
Susanna Bramante è agronomo e divulgatrice scientifica. Autrice e coautrice di 11 pubblicazioni scientifiche e di numerosi articoli riguardanti l’alimentazione umana e gli impatti della stessa sulla salute e sull’ambiente, nel 2010 ha conseguito il titolo di DoctorEuropaeus e Ph. Doctor in Produzioni Animali, Sanità e Igiene degli Alimenti nei Paesi a Clima Mediterraneo. Cura GenBioAgroNutrition, “un blog a sostegno dell’Agroalimentare Italiano, della Dieta Mediterranea e della Ricerca Biomedica, contro la disinformazione pseudoscientifica”, che aggiorna quotidianamente.