Danimarca: tassati gli allevamenti per le loro emissioni
La Danimarca sarà il primo paese europeo a tassare gli allevamenti bovini per portarli a ridurre le emissioni di metano: inizialmente verranno addebitate 120 corone danesi (circa 16 euro) per tonnellata di emissioni di CO2, per poi arrivare a 300 corone danesi (circa 40 euro) nel 2035. Secondo il governo, questa riforma ambientale mira a ridurre le emissioni danesi di 1,8 milioni di tonnellate di CO2 nel 2030, per raggiungere l’obiettivo climatico del 2030.
Sembra che i politici danesi non siano consapevoli del fatto che le emissioni di metano provenienti ad esempio da discariche o siti estrattivi di petrolio e gas naturale sono superiori a quelle derivanti dagli allevamenti. La stampa ha citato le parole del ministro degli Esteri, Lars Lokke Rasmussen: “Con l’accordo di oggi saremo il primo Paese al mondo ad introdurre una vera tassa sulla CO2 in agricoltura“. Gli fa eco Nicolai Wammen, ministro delle Finanze, che ha addirittura affermato: “Stiamo investendo nel futuro del nostro settore agricolo, avviando una transizione con ambizioni e obiettivi condivisi e gettando le basi per l’aspetto del nostro paese tra cinque, dieci e vent’anni.”
Il tentativo di una tassa simile era già stato fatto, ma non è andata bene
Non è la prima volta che la Danimarca prova ad apparire più virtuosa imponendo una improbabile tassa. Già nel 2012 si trovò costretta a fare i conti con la realtà e quindi a cancellare, dopo solo un anno, una “sugar tax” ed una “fat tax” che, oltre ad avere portato alla perdita di molti posti di lavoro, non piaceva né ai produttori né ai consumatori, spesso costretti dai costi divenuti eccessivi a fare la spesa in Svezia o in Germania.
Ma le risposte iniziano a farsi sentire. Come riportato dalla CNN, l’associazione degli agricoltori danesi Bæredygtigt Landbrug ha affermato che queste nuove imposte costituiscono un “esperimento spaventoso”. “Riconosciamo che esiste un problema climatico… Ma non pensiamo che questo accordo risolverà i problemi, perché ci metterebbe i bastoni tra le ruote”, fanno presente gli allevatori danesi, prime vittime, insieme ai consumatori – soprattutto delle fasce più deboli, di questa operazione di stampo più ideologico che scientifico.
“Se si fanno i conti con le adeguate metriche che tengono conto della rimozione del metano dall’atmosfera entro pochi anni dalla sua emissione, risulta che gli attuali 8,6 milioni di t di CO2 stimati dalla FAO per il patrimonio zootecnico danese, si riducono a poco meno di 1,4 milioni di tonnellate per effetto della riduzione delle stesse dello 0,4% all’anno negli ultimi 30 anni”, sottolinea Giuseppe Pulina, Professore ordinario di Etica e Sostenibilità degli Allevamenti dell’Università di Sassari e Presidente di Carni Sostenibili: “Caricare una tassa su un cibo sano e importante, quale la carne, e per di più esigere un importo quattro volte superiore a quello che eventualmente dovrebbe, pone il governo danese nelle condizioni non solo di essere iniquo, perché al calo di offerta seguirà un aumento dei prezzi con conseguente allargamento del food social gap: chi non potrà permettersi la carne dovrà ripiegare su alimenti a basso costo e di qualità nutrizionale inferiore”.
Un provvedimento senza senso, basato su presupposti errati
Ora cerchiamo di capire perché quello danese è un provvedimento irragionevole. Innanzitutto, è basato su presupposti errati, perché si riferisce alla quota di emissioni degli allevamenti del 14,5% a livello globale e non tiene conto dell’efficienza delle produzioni europee, dove questo dato si abbassa al 7,2%. In Italia il dato ISPRA riferito alla zootecnica è pari al 5,8%; se si tiene conto del bilancio tra emissioni e sequestri di carbonio ad opera del settore agricolo-forestale, questi ultimi due dati scendono rispettivamente al 4,6% in Europa e raggiungono quasi la neutralità in Italia.
Quello del governo danese è anche un provvedimento irrazionale, perché non tiene conto che la produzione di carne nell’UE è in diminuzione da molti anni. Solo nel 2023, la produzione di carne bovina è calata del 3,9% e quella di carne suina del 6,6%. È un provvedimento illogico, perché va contro la food security europea, ossia all’importanza vitale che il nostro continente sia autosufficiente. È un provvedimento inutile, perché il calo di produzione (che inevitabilmente si verificherà) renderà necessario aumentare le importazioni da paesi extra UE, le cui produzioni sono molto più inquinanti di quelle europee. È un provvedimento miope, perché non considera le conseguenze del progressivo impoverimento della zootecnia europea su scala globale, dove la FAO prevede un aumento del 20% delle produzioni di origine animale.
È un provvedimento sbagliato, perché colpisce una delle agricolture più efficienti e quindi sostenibili al mondo: tutti studi dimostrano che quelli veramente sostenibili sono i cosiddetti “allevamenti intensivi”, in cui il rispetto del benessere animale è molto più controllato e tutelato, la (bio)sicurezza molto più garantita e le risorse naturali utilizzate in modo decisamente più efficiente. È un provvedimento velleitario, perché negli auspici dei suoi sostenitori dovrebbe essere seguito da altri paesi. Ma l’Italia, per esempio, non è neanche lontanamente paragonabile alla Danimarca per dimensioni e conformità del territorio, numero di abitanti ecc. In Danimarca, paese con meno di sei milioni di abitanti e con una superficie di 42.952 km2, la densità bovina per km2 è di 34,1, mentre quella suina è di 268,6 (in Italia, 59 milioni di abitanti e 302.072 km2 di superficie: 20 bovini e 29 suini per km2).
Infine, come al solito, si dimostra essere un provvedimento ideologico, che equipara psicologicamente la carne a un bene voluttuario o pericoloso. La cosiddetta sin-tax (tassa del peccato) è già stata applicata ad altri generi alimentari come alcoolici, bibite zuccherine e dolci. Per ognuno di questi alimenti le linee guida di una sana alimentazione non prevedono il consumo settimanale, cosa che invece accade per la carne. Come ogni alimento, la carne non va assunta in eccesso, ma bisogna ricordare che rappresenta fonte di nutrienti essenziali alla salute e al benessere fisico sia del bambino che dell’adulto: è fonte di acidi grassi essenziali, vitamina B12, zinco e ferro, e permette l’apporto di proteine di elevata qualità spesso carenti in età geriatrica.