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COVID-19: una sfida per il sistema agroalimentare

La pandemia COVID-19 è un importante – sebbene involontario – test di resilienza del settore agroalimentare. Che, c’è da dirlo, ha comunque reagito in maniera pronta e veloce a diverse crisi ed emergenze.

Il crollo globale della domanda da parte di hotel e ristoranti, tra i settori più colpiti dalla crisi dovuta al coronavirus, ha visto i prezzi delle materie prime agricole scendere del 20%. Le misure di protezione per contenere la diffusione del virus, tra cui lockdown e distanziamento sociale, hanno toccato circa 3 miliardi di persone e cambiato temporaneamente i consumi.

Le misure di protezione per contenere la diffusione del #coronavirus, tra cui #lockdown e #DistanziamentoSociale, hanno toccato circa 3 miliardi di persone e cambiato temporaneamente i consumi. Condividi il Tweet

In Italia, nelle prime settimane di lockdown, la tendenza era quella di acquistare prevalentemente alimenti a lunga conservazione, come olio, pasta, cibo in scatola. Nelle ultime due settimane di marzo (e lo abbiamo notato sui social) si è riscoperto l’amore per l’impasto e l’autoproduzione (qualcuno l’ha definita “baking therapy”) con le vendite di farina e lievito rispettivamente in aumento del +205% e 203% rispetto ai periodi antecedenti alla pandemia; freschi e freschissimi al +10% e carne rossa e bianca in aumento del 20%. Sebbene la domanda alimentare sia generalmente inelastica nel suo complesso, sono queste variazioni significative, che se si dovessero protrarre, cambierebbero in modo non indifferente il sistema produttivo, la sua programmazione e le scelte colturali.

In Italia, tra il 16 febbraio e il 15 marzo scorso, sono stati spesi circa 750 milioni di euro in più al supermercato rispetto all’analogo periodo nel 2019, un dato probabilmente compensativo rispetto a quei pasti non più consumati fuori casa, è questo anche il motivo per cui gli scaffali dei supermercati si svuotano in fretta. La pandemia, il (temporaneo?) cambiamento sociale e degli stili di vita sono stati un vero e proprio shock per il sistema, che si è riorganizzato ad una velocità impensabile verso cambiamenti che altrimenti sarebbero stati particolarmente lenti.

Ne è un esempio la propensione agli acquisti online. In un brevissimo lasso di tempo, sono aumentati gli acquisti online (fino a quasi il 97% – dati ISMEA) e, cosa impensabile fino a qualche mese fa, anche le piccole botteghe si sono convertite al food delivery. La Food and Agriculture Organization (FAO) si aspetta che la paura del contagio e le regole di distanziamento sociale contribuiranno a mantenere questi cambiamenti: una riduzione dei consumi fuori casa (in completa controtendenza ai tempi antecedenti alla pandemia) e l’aumento dell’e-commerce.

Tali variazioni però hanno richiesto una pronta risposta da parte del sistema agroalimentare: come ad esempio un impiego maggiore di trasportatori e ispettori, che seppure non soggetti al lockdown, in quanto addetti di servizi strategici, sono tenuti ad autoisolamento qualora venissero in contattato con vettori del virus: è un rischio non indifferente, perché potrebbe avere un impatto importante sul numero di ispettori e trasportatori attivi con riflessi sui tempi di consegna a sfavore di prodotti più facilmente deperibili come frutta, verdura e carne. Una potenziale minaccia per l’accesso al cibo e il mantenimento di sane abitudini alimentari, che va scongiurata.

#Eurostat stima che il 6.6% delle #famiglie europee non ha libero accesso al #cibo e non si possa permettere un pasto con #carne o #pesce ogni due giorni. Condividi il Tweet

Inoltre, sebbene la FAO preveda che i prezzi dei prodotti alimentari scenderanno nel lungo termine, sono stati osservati degli aumenti rilevanti per alcuni alimenti, a seconda della disponibilità locale: fatto questo che aggrava ancora maggiorente la condizione di insicurezza – non solo delle popolazioni dei Paesi sottosviluppati, ma anche di alcune fasce deboli di Paesi in via di sviluppo e di quelli sviluppati. E non sono poche: Eurostat stima che il 6.6% delle famiglie europee non ha libero accesso al cibo e non si possa permettere un pasto con carne o pesce ogni due giorni.

Scelte come la #tassazione delle #carni o provvedimenti simili alimentano rischi di #DisparitàSociale e non permettono al #consumatore di scegliere liberamente. #Farm2Fork Condividi il Tweet

Sono questi aspetti che fanno riflettere sulle ripercussioni che possono avere su portafogli e salute, scelte come la tassazione delle carni, o altri provvedimenti che alimentano i rischi di disparità sociale e non permettono al consumatore di scegliere liberamente.

Garantire cibo sicuro e sostenibile non è retorica, e riguarda tutti, e il COVID-19 ha sottolineato la centralità di questo settore: il valore dei contadini, dei piccoli e dei grandi produttori, degli allevatori e insieme a loro della filiera, from farm to fork: dall’azienda agricola alla forchetta. È un legame che va rafforzato, perché nel sistema agroalimentare sussistano due aspetti essenziali, la fiducia e la sicurezza, che permettono al consumatore di fare scelte informate.

Come ricercatrice presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, è coordinatrice tecnico e funzionale di progetti sulla sostenibilità alimentare e la loro attuazione lungo l'intera filiera alimentare. Prima di proseguire i suoi studi di specializzazione in gestione del sistema agroalimentare presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, si è laureata in Dietistica all'Università degli Studi di Milano e ha lavorato come nutrizionista. È coinvolta in progetti volti a promuovere un'adeguata istruzione, apprendimento e comunicazione su temi della sostenibilità nella catena alimentare.