Cosa c’è dietro i surrogati di latte e carne?
Le esigenze alimentari dei cittadini sono sempre più variegate. Una volta si sceglieva la carne in funzione di come la si voleva cucinare, o il pane in base alla sua fragranza o assenza di sale, o la frutta e la verdura per la loro freschezza e così via. C’è stato poi l’ingresso dei prodotti artigianali o industriali che, in molti casi, non erano altro che la produzione in scala più ampia di alimenti tradizionalmente preparati nelle case (prodotti da forno, sughi, salse, marmellate, ecc.).
L’ultima frontiera sono i prodotti di “gastronomia”. Si tratta di piatti pronti reperibili nei negozi specializzati e nei supermercati che stanno lentamente soppiantando le tradizionali rosticcerie o friggitorie. A questa evoluzione nelle offerte si sono associate nuove esigenze alimentari ed è in aumento il numero delle persone ortoressiche, salutiste, vegetariane, vegane, ecc. che richiedono cibi particolari. In generale queste persone cercano alimenti con caratteristiche di “naturalità” e, almeno a parole, rifuggono dai prodotti “industriali”.
Una delle conseguenze è la nascita, come funghi, di cuochi e ristoranti vegani o vegetariani che elaborano piatti di eccellente qualità, ma a chi non ha la possibilità di nutrirsi presso gli stellati ristoranti specializzati non rimane altro che arrangiarsi in cucina tra fagioli, soia, frumento, riso, grassi vegetali e condimenti anche di esotica origine. Tutto questo richiede tempo che non tutti hanno ed ecco arrivare in loro soccorso delle aziende che si sono specializzate nella produzione e nella distribuzione di questo genere di alimenti.
Un fatto apparentemente strano è che molti degli alimenti di cui sono destinatari vegetariani e vegani sono venduti con denominazioni che richiamano corrispondenti alimenti di origine animale. Il prodotto maggiormente “imitato” è il latte. Le definizioni di legge chiariscono in modo inequivocabile che il latte è soltanto quello prodotto dalle ghiandole mammarie delle femmine dei mammiferi; tuttavia è ampiamente diffusa l’idea che i vari surrogati costituiti dalla lavorazione di fagioli di soia, di riso, di frumento, mandorle ecc. siano praticamente identici e con caratteristiche nutrizionali addirittura migliori del latte “vero”.
Non a caso sulle varie bevande vegetali è riportata la dizione pleonastica “senza lattosio” che, come è noto, è presente soltanto nel latte “di origine animale”. Ad aumentare il livello di confusione, e magari per spingere il consumatore ad acquistare le varie bevande vegetali, spesso negli esercizi commerciali questi prodotti vengono messi nello stesso scaffale del latte. Qualcosa di analogo capita con la panna in bombolette, dove è necessario leggere con attenzione le etichette per capire se si tratta di un derivato del latte o un prodotto ottenuto dalla soia.
Un altro prodotto è il “tofu”, che si ottiene dalla “bevanda” di soia ed è largamente diffuso in Oriente. Nella nostra alimentazione tradizionale il tofu è completamente sconosciuto; per renderlo maggiormente appetibile eccolo trasformarsi (come denominazione) in “formaggio vegetale”; ne vengono quindi magnificate le doti perché privo di colesterolo, senza lattosio, ipocalorico, ecc. dimenticando di dire che si tratta, alla fine dei conti, di fagioli di soia. Il tofu e altri prodotti simili di origine vegetale sono molto “plastici” e possono essere lavorati con facilità per essere trasformati in altri alimenti. Ed ecco così la comparsa di hamburger, straccetti, bistecche, wurstel, ragù, spezzatino ecc. vegetali.
Si tratta ovviamente di surrogati, anche in questo caso estranei alla nostra alimentazione tradizionale, che vanno incontro alle esigenze alimentari dei vegetariani e, a volte, anche dei vegani (quando non sono presenti anche latte e uova). Andando a leggere le etichette, tuttavia, si scopre che gli ingredienti sono diversi e molti sono gli additivi alimentari. Tra questi molto importanti sono i “leganti” e gli “addensanti” che hanno la funzione tecnologica di mantenere la “struttura” dei prodotti. Anche grazie agli additivi, inclusi gli aromatizzanti, è possibile preparare dei “surrogati” della carne e dei suoi derivati con ottime qualità organolettiche.
Ovviamente da un punto di vista nutrizionale la situazione è diversa in quanto si tratta di nutrienti di derivazione vegetale e quindi mancano, o sono carenti, di aminoacidi essenziali, vitamine, sali minerali, grassi, propri degli alimenti di origine animale.
Si tratta di alimenti che rispondono alle esigenze di gruppi di consumatori che, almeno attualmente, sono una minoranza; le aziende che li producono hanno ovviamente lo scopo di raggiungere una clientela molto più vasta, comprendente anche gli onnivori, ed ecco quindi la ricerca di surrogati appetibili a un pubblico più vasto possibile.
In conclusione, anche per questi prodotti alla fine prevalgono gli interessi commerciali e l’interesse alla vendita di bistecche e ragù di soia o seitan potrebbe finire con il condizionare le scelte alimentari, anche in modo inconscio, di alcune categorie di persone meno informate, che rischierebbero di alimentarsi (o di alimentare chi è loro affidato, come i bambini) in modo squilibrato.
Fonte: La Settimana Veterinaria