COP21, meglio seguire il modello italiano
In questi giorni è in corso a Parigi la ventunesima Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP21): un evento importante, che sta radunando più di 50mila persone provenienti da ben 139 nazioni. In un momento in cui i negoziati sulla riduzione delle emissioni di gas serra planetarie stanno avendo un tale risalto, ci preme ribadire un concetto: con l’enorme crescita dei consumi di carne e proteine animali che si prevede nel mondo nei prossimi decenni, la zootecnia e la dieta italiane possono essere un modello virtuoso da seguire. Se adottati, infatti, possono contribuire a ridurre la CO2 in atmosfera, senza compromettere il fabbisogno nutrizionale dell’umanità o le risorse del pianeta.
Lo abbiamo spiegato durante l’anno appena trascorso attraverso la Clessidra Ambientale, ed è l’anima del nostro Progetto: una dieta equilibrata è da preferire sia per motivi salutistici che ambientali. Per rendersene conto, basta moltiplicare l’impatto ambientale degli alimenti per le quantità suggerite dalle principali linee guida nutrizionali, in modo da giungere a un impatto settimanale complessivo. Ed è proprio in questo che il nostro Paese si contraddistingue positivamente. Se si moltiplicano i consumi settimanali degli italiani per gli impatti medi in termini di CO2 equivalente delle categorie di alimenti, infatti, si nota che in una dieta settimanale equilibrata come quella mediterranea la carbon footprint di alimenti ricchi in proteine (carne, pesce, uova, legumi, salumi) è confrontabile con l’impatto generato da alimenti di origine vegetale (frutta, ortaggi).
Fino ad oggi si è valutata la carbon footprint della filiera delle carni in termini assoluti (emissioni di CO2 per unità/Kg di carne). Ma se si valuta l’impatto di un alimento sulla base delle quantità realmente consumate nell’ambito di una dieta corretta ed equilibrata come quella già seguita dalla maggior parte degli italiani si aprono differenti considerazioni e prospettive. I dati raccolti parlano chiaro: la carbon footprint (ossia la quantità di emissioni di gas a effetto serra generate lungo la filiera) delle proteine è pari a 5,9 kg di CO2 equivalente, un valore in linea con quello di frutta e ortaggi, che arriva a 5,6 kg di CO2 equivalente.
Per quanto riguarda il modello zootecnico italiano e i motivi per cui è un esempio positivo da seguire a livello globale, consigliamo di scaricare e leggere lo studio “La sostenibilità delle carni in Italia”, in cui viene appunto spiegato come in termini di sicurezza, controlli e appunto ridotti impatti sul clima e sull’ambiente, il nostro settore zootecnico sia uno dei più avanzati del mondo.
Alla COP21 di Parigi sta emergendo quali siano i settori o i fattori a impattare maggiormente sul clima, ma anche quali sono le vie per mitigarne gli impatti. Allo stesso modo, facciamo attenzione a come ci comportiamo nella nostra quotidianità, che genera impatti sul clima e sull’ambiente che non sono legati esclusivamente all’alimentazione. Anzi. Non dimentichiamo mai come uno stile di vita sostenibile dovrebbe misurarsi con molte altre scelte, quali la mobilità, i consumi di energia, l’abbigliamento, gli acquisti, le abitudini per il tempo libero e, ancora peggio, gli sprechi.