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Come valutare la qualità della carne

Come si giudica la carne? La procedura di valutazione della qualità della carne prevede l’uso di sensi come la vista, l’olfatto e il gusto.

Come ci si fa un’idea sulla qualità della carne, quando ce la ritroviamo davanti? La valutazione del colore è di sicuro il primo approccio che si ha con la carne. Non a caso è il parametro qualitativo che maggiormente influenza il consumatore al momento dell’acquisto. Se si parla di carni rosse, generalmente hanno successo carni luminose di colore rosso brillante.

La valutazione visiva della carne cruda

Responsabile del colore della carne è la mioglobina, il pigmento respiratorio muscolare deputato allo scambio di ossigeno con l’emoglobina ematica. La presenza di questa proteina dipende dall’età dell’animale (è maggiore negli animali in età adulta) e dallo stato di ossigenazione che essa subisce: nelle carni rosse la sua colorazione tipica è rosso porpora, diventa rosso vivo dopo una breve esposizione all’aria, assume la tonalità del bruno-verdastro invece se c’è stata prolungata esposizione all’aria.

La valutazione visiva della carne cruda, anche se forse nemmeno ci accorgiamo di farlo, permette di osservare la disposizione dei fasci muscolari, la dimensione e la compattezza delle fibre che costituiscono gli stessi fasci, la presenza di tessuto connettivo e quella di grasso intramuscolare, la cosiddetta marezzatura della carne.

Il profumo della carne

Il secondo organo di senso implicato nel processo di valutazione della qualità della carne è l’olfatto. La prima “olfazione”, termine mutuato dalle degustazioni vinicole e che descrive l’atto che comporta la percezione odorosa, risulta essere sempre quella rivelatoria. Gli odori sgradevoli sono sempre i primi ad essere individuati, come quello, nei casi peggiori, di rancido o di solforato – agli antipodi dei ben noti profumi della carne fresca, per non parlare di quelli della carne cotta.

L’intensità aromatica si percepisce aspirando brevemente l’odore della carne, portata alla base del naso, evitando l’adattamento olfattivo. Talvolta, l’aroma di carne fresca arriva subito alle narici, non appena si scarta l’involucro che avvolge la carne.

L’esame olfattivo della carne cotta invece avviene in maniera inconscia, quando la si cucina. La cottura stimola l’appetito (e nel caso della carne alla griglia mette anche di buon umore), ma per rilevare l’intensità aromatica è importante non far raffreddare la carne, al fine di poterne individuare meglio gli odori.

Il sapore della carne

Il momento dell’assaggio costituisce la parte finale della valutazione della qualità della carne. Il primo morso è rivelatorio: valuta la tenerezza, ossia quanta resistenza oppone la carne alla masticazione. In questa fase si rileva anche la fibrosità della carne, quindi il suo contenuto di tessuto connettivo che, se si parla di tenerezza, può influire anche più della marezzatura (la distribuzione del grasso all’interno del tessuto muscolare) o dell’infiltrazione lipidica.

Durante la masticazione, anche la succosità della carne fa la sua parte nel farcene apprezzare al meglio il sapore. I preziosi succhi, la cui presenza dipende in particolare dalla tipologia di taglio, dal processo di maturazione della carne (da non dimenticare l’importanza della frollatura, che rende la carne più tenera e gustosa) e dalla tecnica di cottura applicata, invadono il nostro palato con le molecole aromatiche, dandoci quell’intenso piacere che noi tutti conosciamo.

C’è poi la sapidità, intesa come intensità del sapore tipico del glutammato di sodio. È una caratteristica influenzata dalla razza e dal tipo di alimentazione dell’animale, ma anche dal processo di frollatura e dalla tecnica di cottura utilizzata. La sapidità può essere definita come il patrimonio organolettico, quello che ci fa affezionare alla carne e la firma dal punto di vista gustativo.

E la famigerata grassezza?

Una brutta abitudine degli italiani, soprattutto del nord, è quella di scegliere quasi sempre carni magre. Eppure, la presenza del grasso d’infiltrazione nella carne si traduce al palato come il livello di “untuosità” che aderisce alle pareti della bocca e che, insieme alle molecole responsabili dell’aroma, persiste anche dopo la deglutizione.

Il grasso d’infiltrazione è prezioso ed è responsabile dell’aroma della carne. Durante la cottura si scioglie, dà ancora più sapore alla carne e, in certi casi – come la reazione di Maillard (quella splendida crosticina che si forma ad esempio sulle bistecche alla griglia), ha letteralmente la capacità di farci emozionare.

Elisa Guizzo

Il Progetto “Carni Sostenibili” vuole individuare gli argomenti chiave, lo stato delle conoscenze e le più recenti tendenze e orientamenti tecnico scientifici, con l’intento di mostrare che la produzione e il consumo di carne possono essere sostenibili, sia per la salute che per l’ambiente.