Come funzionano le “etichette intelligenti”?
Capire immediatamente, dalla confezione, se un prodotto che deve restare lungo tutta la filiera dal confezionamento al produttore a 4°C, è stato esposto a temperature più elevate, e per quanto tempo, e se può quindi rappresentare un pericolo per la sicurezza. Questo promette di fare l’etichetta cromo-termica messa a punto dai ricercatori del Dipartimento di scienza dei materiali dell’Università Milano-Bicocca insieme con i colleghi dell’Imperial College, che hanno raccontato su Advanced Optical Materials come sono giunti all’etichetta intelligente.
In sintesi, l’etichetta è una pellicola di silice porosa sulla quale viene posto un pigmento appositamente studiato e programmato in modo da essere incolore a 4°C. Il pigmento resta tale se la temperatura (per esempio di uno yogurt, di un formaggio, di una confezione di latte, di un succo di frutta) resta stabile; se invece la temperatura sale fino a 9°C per 30 minuti, il pigmento assume una colorazione azzurrina; se, infine, sale ulteriormente, per esempio a temperatura ambiente, per 3 o più ore, la colorazione diventa blu scura.
Tutti i cambiamenti sono irreversibili, e questo permette, a produttori, venditori e consumatori, di avere sempre una traccia di eventuali incidenti, e di verificare sempre la storia di ogni singola confezione. «Le etichette che abbiamo sviluppato – spiega Luca Beverina, ordinario di chimica organica della Bicocca e coordinatore del progetto – sono dispositivi semplici, economici e affidabili, in grado di registrare tutta la storia termica di un pacchetto in modo facile e leggibile a occhio nudo. È una soluzione che aiuta produttori e distributori a evitare che alimenti freschi e deteriorati finiscano nello stesso frigorifero».
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