Come deve essere la giusta cottura della carne
Al sangue, media o ben cotta? Come deve essere la giusta cottura della carne per non disperderne le proprietà nutrizionali e poter trarne tutti i benefici? Al di là del proprio gusto personale, ci sono delle regole ben precise per ottenere una carne perfetta, sia dal punto di vista nutrizionale che per la salute.
È recente lo studio che si è proposto di esplorare alcuni aspetti non ancora chiari dell’associazione tra un alto consumo di carni e un aumento del rischio di tumore del colon-retto, come il ruolo dei metodi cottura: è ormai assodato che cuocere troppo fino a bruciare la carne, così come qualsiasi altro alimento, è dannoso per la salute a causa dello sviluppo di sostanze cancerogene, e questo può avere certamente influito sui risultati. Lo studio infatti conferma che una cottura sbagliata della carne ne compromette la salubrità, rivelando che la carne rossa poco cotta e quindi “al sangue” si associa effettivamente a un rischio minore di tumore del colon-retto, mentre la cottura alla piastra/grill o al barbecue, metodi più soggetti a bruciacchiature, è associata a un aumento del rischio.
Anche sotto il profilo nutrizionale cuocere poco la carne, laddove è possibile e sicuro dal punto di vista igienico-sanitario, permette di conservare meglio le sue proprietà: in particolare è essenziale non far disperdere troppi liquidi, perché è lì che si concentrano vitamine e minerali. Questo si ottiene ponendo la bistecca sulla piastra ben calda, facendola cuocere 3 minuti circa per lato, che possono variare a seconda dello spessore e della presenza del grasso all’esterno della fetta, che velocizza la cottura e trattiene i succhi e i nutrienti al suo interno.
L’ideale per una bistecca cotta a puntino sarebbe potersi avvalere dell’aiuto di un termometro da cucina , in modo da monitorare esattamente la temperatura a cuore della carne, che per essere al sangue e conservare i suoi succhi non deve superare i 50-55°C. Proseguendo con la cottura, la carne comincerà a imbrunirsi sempre di più e a perdere liquidi: arrivando a 60°C avremo una cottura media, ma oltre i 70°C comincia ad essere troppo prolungata: le proteine si denaturano e si aggregano, diventando meno digeribili, l’acqua esce completamente e le fibre restano secche e asciutte, risultando in una carne dura e praticamente rovinata.
Al contrario del manzo, pollo e maiale devono essere ben cotti per distruggere batteri potenzialmente patogeni: a questo proposito si parla di “temperatura di cottura di sicurezza”, che è la temperatura minima a cuore per garantire la completa eliminazione dei batteri dannosi. Nel pollo è di 74°C, mentre per la carne di maiale recentemente l’USDA ha abbassato questa temperatura a 63°C, lasciandola riposare per 3 minuti e permettendo così di gustarla a media cottura, quindi più succosa e saporita, ma sempre microbiologicamente sicura.
Sulle proteine la cottura non oltre i 70°C non provoca riduzioni del loro valore nutritivo, anzi aumenta la loro digeribilità e l’assorbimento di tutti gli amminoacidi. Inoltre, al contrario di ciò che avviene con i legumi, le proteine della carne con la cottura aumentano, perché perdendo acqua diventano più concentrate, passando dai 20-25g per 100g di carne cruda ai circa 28-36g di proteine per 100g di carne cotta. Cotture troppo prolungate, come l’arrostimento, possono invece diminuire la disponibilità di alcuni amminoacidi essenziali e ridurre la digeribilità proteica.
Interessante è il nuovo metodo di cottura sottovuoto a temperatura bassa e costante, che seppur ancora poco diffuso si è rivelato il migliore sia per la conservazione dei benefici nutrizionali, aumentando la biodisponibilità dei minerali, che per l’esaltazione del sapore. Consiste nel porre la carne in buste sottovuoto e immergerla in acqua a temperatura controllata e stabile: tutti i nutrienti della carne non si disperdono, ma restano nel sacchetto di cottura e non occorre nemmeno utilizzare olii e condimenti, perché i succhi naturali manterranno la carne particolarmente saporita.
In diversi studi dove sono stati messi a confronto vari metodi di cottura, tra cui quella in forno, frittura, bollitura, cottura al microonde e sottovuoto, è emerso che le perdite di nutrienti sono comunque minime in tutti i tipi. Ma è importante sottolineare che fra le cotture sconsigliate emerge la frittura con impanatura eseguita a temperature non controllate e con olii che non reggono il punto di fumo, forse l’unica causa, per il fresco di alta qualità, di insalubrità della carne suina.
Sembra però essere la bollitura quello che provoca perdite maggiori, in quanto i nutrienti si riversano nell’acqua: soprattutto se si immerge il pezzo di carne in acqua fredda, facendo riscaldare il tutto gradualmente, le proteine solubili e i minerali escono dalla carne e passano nel liquido di cottura. In questo caso per non perdere il valore nutritivo dell’alimento è essenziale non gettare via ma bere il brodo di cottura che sarà ricco di proteine e minerali. Al contrario, introducendo la carne nell’acqua già bollente, lo shock termico provoca la coagulazione delle proteine superficiali, proteggendo quelle solubili e tutti i nutrienti, che restano all’interno della carne, ottenendo un buon lesso.
Ciò che comunque è chiaro, scegliendo tra tutti i metodi di cottura possibili, è che bisogna assolutamente evitare di bruciarla: conoscendo e mettendo in pratica queste semplici regole si riesce a raggiugere facilmente il giusto compromesso tra sicurezza, gusto e valore nutrizionale.
Susanna Bramante
Agronomo e divulgatrice scientifica. Autrice e coautrice di 11 pubblicazioni scientifiche e di numerosi articoli riguardanti l’alimentazione umana e gli impatti della stessa sulla salute e sull’ambiente, nel 2010 ha conseguito il titolo di DoctorEuropaeus e Ph. Doctor in Produzioni Animali, Sanità e Igiene degli Alimenti nei Paesi a Clima Mediterraneo. Cura GenBioAgroNutrition, “un blog a sostegno dell’Agroalimentare Italiano, della Dieta Mediterranea e della Ricerca Biomedica, contro la disinformazione pseudoscientifica”, che aggiorna quotidianamente.