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Clima e allevamenti intensivi: risposta a Milena Gabanelli

Dopo essere stati contattati dai collaboratori di Milena Gabanelli per un servizio sugli impatti sul clima della zootecnia ed avere fornito dati e completa disponibilità, il servizio di Dataroom su “Clima e allevamenti intensivi” riporta dati inesatti ed informazioni scorrette.

Non si capisce perché, ma quanto da noi fornito ai giornalisti del Corriere della Sera è stato palesemente messo da parte o comunque ignorato (resta da capire il perché, se si sta parlando di giornalismo di inchiesta). Il Presidente di Carni Sostenibili, Professor Giuseppe Pulina, in questo breve instant-video spiega dunque come stanno le cose a livello di emissioni di gas serra degli allevamenti, consumo di acqua per produrre un chilo di carne, relazione tra carni e salute. Chiediamo a chiunque abbia a cuore una corretta informazione sui temi legati alla produzione ed al consumo di carne e salumi di condividerlo e diffonderlo. Sotto il video, invece, la lettera spedita ai direttori del Corriere e de La 7, su cui il servizio di Dataroom è stato trasmesso.

 

 

Roma, 18 febbraio 2020

Gentile Direttore,

le scrivo a nome di Carni Sostenibili, l’associazione no profit che promuove la produzione sostenibile e il consumo consapevole di carni e salumi, in merito al servizio apparso nella rubrica DataRoom pubblicato ieri mattina sul Corriere della Sera e successivamente ripreso dal Tg de La7 nell’edizione delle 20:00.

La missione di Carni Sostenibili è quella di contribuire al dibattito sul mondo della carne apportando informazioni scientificamente verificate, crediamo infatti che un dibattito informato sia il primo antidoto al dilagare di fake news e di campagne pericolose per tutti, soprattutto per i consumatori.

Innanzitutto vogliamo sottolineare che, una volta appreso che le associazioni aderenti a Carni Sostenibili sono state contattate dalla Sua redazione con richieste frammentarie di dati e informazioni, abbiamo immaginato potesse esserci l’intenzione di approfondire e ci siamo messi a completa disposizione. Abbiamo, infatti, inviato prontamente la sintesi del nostro rapporto, ad oggi uno dei documenti più completi per approfondire gli aspetti del settore. Spiace però constatare che il lavoro che abbiamo condiviso non solo non sia servito, ma stando alle informazioni divulgate non sia stato minimamente preso in considerazione.

Ma andiamo per ordine. Di seguito troverà alcune importanti precisazioni che potrebbero aiutare il lettore a prendere una posizione più consapevole sui temi trattati.

In primo luogo, il contributo del settore zootecnico alle emissioni. Non è corretto dire che l’allevamento intensivo pesa per 15% sul totale dei gas serra prodotti. Secondo le stime FAO, infatti, tutta la zootecnia mondiale ha un impatto climalterante dovuto alle emissioni di gas a effetto serra (GHG emissions) pari al 10,3% (senza considerare il LUC-Land Use Change, le cui stime sono controverse), o del 14,5% considerando il LUC. Da notare che nel 1990 l’incidenza era rispettivamente del 17% e del 25%.  Prendendo poi in esame il solo settore zootecnico in Italia, il contributo totale ai gas serra scende al 4,4% (report Ispra del 2017).

Passiamo al consumo di acqua. È vero che per produrre 1Kg di carne di manzo servono 15.000 litri d’acqua? Non proprio, soprattutto in Italia. Quando si parla di consumo di acqua in relazione alla produzione di carne, infatti, si include anche quella usata per coltivazione dei foraggi necessari all’alimentazione del bestiame e nella fase di macellazione. Questo metodo di valutazione dei consumi d’acqua nel settore zootecnico calcola l’impronta idrica di un prodotto sommando appunto l’acqua «blu», quella prelevata dalla falda o dai corpi idrici superficiali, l’acqua «verde», quella piovana evo-traspirata dal terreno durante la crescita delle colture, e l’acqua «grigia», il volume d’acqua necessario a diluire e depurare gli scarichi idrici di produzione. A livello complessivo, l’intero settore delle carni (bovino, avicolo e suino) impiega per l’80-90% risorse idriche che fanno parte del naturale ciclo dell’acqua (acqua «verde») e che vengono restituite all’ambiente, come l’acqua piovana; solo il 10-20% dell’acqua necessaria per produrre 1 kg di carne viene effettivamente consumata. In Italia, inoltre, rispetto alla media mondiale si impiega almeno il 25% d’acqua in meno per produrre un chilo carne bovina.

Sulla questione della salute, neppure i dati sul consumo di carne citati da DataRoom sono esatti, o comunque non correttamente contestualizzati. C’è qualcosa che non viene preso in considerazione quando si accetta come vera la stima di 79,1 kg di carne all’anno consumata pro-capite in Italia, che comunque posizionerebbe il nostro Paese al terzultimo posto per consumo in Europa: tale stima si basa sui «consumi apparenti» che, a differenza dei «consumi reali», prendono in considerazione anche tutte le parti non edibili dell’animale: tendini, ossa, grasso, cartilagini… Riconsiderato in questa chiave, il consumo di carne in Italia non solo è in linea con i valori fissati dall’OMS, ma ben al di sotto: circa 38,5 kg pro-capite all’anno.

Riallacciandoci al tema della salute, gli autori dell’articolo parlano di centinaia di studi che legano il consumo di carne a problemi di salute. Potremmo rispondere che ne esistono altrettanti che smentiscono tale legame. Caso eclatante proprio il rapporto dell’OMS, la cui lettura mediatica è stata fuorviante e molto distante dai contenuti dello studio stesso. In questo senso vogliamo citare solo il Global Burden of Disease Study pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet, per cui l’approccio alla salute pubblica deve mutare, concentrandosi più sugli alimenti da integrare che su quelli da evitare. La salute si persegue diffondendo i precetti per un corretto stile di vita, non con divieti.

In sintesi, è pericoloso e scorretto additare un settore di essere l’unico responsabile di un fenomeno multifattoriale, il climate change, che come tale andrebbe affrontato. Evitando la caccia al capro espiatorio sarebbe davvero più semplice spiegare che tutti, a partire dai piccoli gesti quotidiani, possono partecipare alla cura del pianeta. Senza dimenticare che la carne gioca un ruolo fondamentale per i Paesi in via di sviluppo. Lo stesso studio dell’IPCC, non certo un report di parte, ha infatti riconosciuto l’importanza delle proteine animali per assicurare la sussistenza di ampi strati di popolazione.

Speriamo che questi materiali siano di aiuto per creare i presupposti per un dibattito sempre più informato. Restando a vostra disposizione per eventuali approfondimenti, saremmo felici di incontrare Lei e la Sua redazione.

Cordiali saluti,

Professor Giuseppe Pulina

Presidente Carni Sostenibili 

Il Progetto “Carni Sostenibili” vuole individuare gli argomenti chiave, lo stato delle conoscenze e le più recenti tendenze e orientamenti tecnico scientifici, con l’intento di mostrare che la produzione e il consumo di carne possono essere sostenibili, sia per la salute che per l’ambiente.